Mariarosa Mancuso per “Il Foglio”
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Patto scellerato. "Caro Ken Loach, ripensaci. Ritira le dimissioni annunciate - tra l' altro proprio qui a Cannes - gira un altro film, e vinci la seconda Palma d' oro". Nel pacchetto non era compreso il premio ritirato dalle mani di Mel Gibson - troppo presto per sapere quale celebrità si aggirasse in cerca di promozione sulla Croisette - ma l' offerta era più che allettante. Detto e fatto.
Curioso però che ad applaudire Ken il Rosso con "I, Daniel Blake" - storia di un infartuato e di una madre single che vive di sussidi, disperata perché da Londra l' hanno trasferita nella meno cara Newcastle - siano i giovani critici che il welfare non lo conosceranno mai. E le giurate come Valeria Golino, che parla di film "onesto e puro" (mentre si vede a occhio nudo che è fatto unendo i puntini della commozione).
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Cadono invece gli altri campioni del cinema sociale: "La fille inconnue" dei fratelli Dardenne ha avuto pochi fan. "Vi farò piangere e vi farò arrabbiare" aveva promesso il regista. Perfetto pronostico per la cerimonia di chiusura, dove si è fatto un pianto anche il giovane canadese Xavier Dolan, premio per la regia. "Spero di non avervi deluso", ha detto. Si era preparato un discorso da Palma d' oro, premio che molti si auguravano per "Juste la fin du monde": un film tutto sbagliato, a partire dagli attori sempre sopra le righe (e spiace dirlo perché "Mommy" era grandioso).
Lungo e retorico, con un name dropping che veniva a noia, anche il discorso di Jean-Pierre Léaud, premiato per la carriera. La cerimonia di fine Cannes aveva un pregio, finora: era rapida e senza intervalli. Quest' anno c' era pure l' intermezzo musicale, per aumentare gli sbadigli dopo che il presentatore Laurent Lafitte importunava con la sua presenza celebri luoghi del cinema, dai titoli firmati Saul Bass alla villa Malaparte che piacque a Godard (sono francesi, ma poi scopiazzano una vecchia gag vista agli Oscar).
due agenti molto speciali omar sy e laurent lafitte in una scena della commedia
Comincia con le lungaggini, e le rivendicazioni, la vincitrice della Caméra d' or, premio per la migliore opera prima. Il film era "Di vine", il discorso era un inno all' orgoglio femminile. La regista Houda Benyamina non la smetteva più, e ha rilanciato il grido di battaglia delle ragazze nel film: "T' as du clito" (vi sembra ridicolo dire di una donna che "ha le palle"? voilà l' alternativa femminista).
paterson
In quel momento, il popolo di Twitter che fino a un attimo prima aveva lamentato l' assenza di femmine a Cannes come un sol uomo scriveva "fatela tacere" (e mai che uno si fosse segnato il nome, era "La femme qui a reçu la Caméra d' or"). Mai come quest' anno era difficile fare pronostici. molti insistevano sulla tedesca Maren Ade e il suo "Toni Erdman" (niente di niente).
Altri su "Paterson" di Jim Jarmusch (Palme Dog alla bulldog Nellie, morta da poco). Cristian Mungiu (con il bellissimo e tesissimo "Bacalaureat") e Olivier Assayas (con lo sciocco e patinato "Personal Shopper") si sono spartiti il premio per la regia. Con "The Salesman" l' iraniano Asghar Farhadi ha vinto il premio per la sceneggiatura e per l' attore Shahab Hosseini (succede quando si litiga, e al soccombente toccano due premi minori).
bacalaureat mungiu
Altrettanto sconosciuta la migliore attrice Jaclyn Jose - ciabatte, bermuda stazzonati e maglietta - nel film "Ma' Rose" del filippino Brillante Mendoza. E' successo quel che temevamo: l' americano George Miller, regista di "Mad Max: Fury Road" e presidente della giuria, si è fatto intimidire dagli intellò parigini.
personal shopper brillante mendoza