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    MANGIA, BELL' ‘E MAMMÀ! – LA CAMPANIA E’ LA REGIONE CHE HA IL RECORD DI OBESITÀ INFANTILE – TRA UNA PIZZA E UN RAGÙ, IL 6,2 PER CENTO DEI BAMBINI RISULTA IN CONDIZIONI DI OBESITÀ GRAVE, IL 12,6 OBESO, IL 25,4 SOVRAPPESO, IL 54,9 NORMOPESO E LO 0,9 PER CENTO SOTTOPESO - PER IL NUTRIZIONISTA FRANCO CONTALDO, IL RECORD DEGLI OBESI IN CAMPANIA È ANCHE UN PROBLEMA DI DENSITÀ ABITATIVA: “SU SEI MILIONI DI ABITANTI OLTRE QUATTRO SONO CONCENTRATI A NAPOLI E NEL CASERTANO, CON UN INEVITABILE DEGRADO URBANO E CONSEGUENTI STILI DI VITA SBAGLIATI CHE NON SI RISCONTRANO COSÌ VISTOSAMENTE NELLE ALTRE PROVINCIE DELLA REGIONE”


     
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    Paola Zanuttini per “il Venerdì – la Repubblica”

     

    E che sarà mai una pizza? Un tempo era l'alimento dei poveri, una sfoglia di pasta lievitata, una cucchiaiata di pomodoro e, volendo largheggiare, un po' di mozzarella. Un tempo: ma ora che è la parola italiana più conosciuta al mondo, qui si abbonda con gli ingredienti come con i punti nella lettera di Totò, Peppino e la malafemmina:«Ma sì, fai vedere che abbondiamo. Abbondandis in abbondandum».

    OBESITA INFANTILE IN CAMPANIA OBESITA INFANTILE IN CAMPANIA

     

    Nella trattoria proprio davanti alla reggia di Capodimonte, la lista delle pizze gronda calorie d'origine protetta e barocchissimo gusto dell'eccesso. C'è l'Atteo' s, che, dopo il genitivo sassone, sciorina panna, prosciutto cotto, fior di latte, parmigiano, crocchè fritto, basilico, olio evo. Sennò, la Parmigiana: ragù napoletano, parmigiana di melanzane, polpettine, provola, fonduta di parmigiano. E, per chi non si accontenta, c'è l'Esagerata, di nome e di fatto perché è fritta, non infornata, e poi condita con il soffritto napoletano - ovvero frattaglie di maiale - provola, parmigiano.

     

    Si dimostra così che fame nera dei poveri d'antan e indigestione odierna sono gli opposti destinati a coincidere come nell'uroboro, serpente che si mangia la coda (e si torna al mangiare) simbolo dell'eternità, del tempo ciclico, dell'avvicendarsi di vita e morte. È chiaro che nutrirsi ragionevolmente, né troppo né poco, aiuta ad allungare i tempi del fatale avvicendamento, ma in Campania, regione che ha il record dell'obesità infantile, gli equilibri stanno saltando e la bilancia è andata in tilt.

     

    OBESITA INFANTILE IN ITALIA - MEDIA PER REGIONE OBESITA INFANTILE IN ITALIA - MEDIA PER REGIONE

    Dall'ultima rilevazione dell'Istituto superiore di sanità, effettuata nel 2019 e quindi prima degli effetti nefasti anche sulla forma fisica del Covid, il 6,2 per cento dei bambini campani risulta in condizioni di obesità grave, il 12,6 obeso, il 25,4 sovrappeso, il 54,9 normopeso e lo 0,9 per cento sottopeso.

     

    Complessivamente, il 44,2 per cento ha un problema da minimo a molto serio di chili in eccesso. Per capire le ragioni di questo primato, basta dare un'occhiata alle abitudini alimentari: qui, solo poco più della metà per cento dei bambini fa una colazione qualitativamente adeguata, mentre quasi sei su dieci si buttano sulle merendine e altre bombe caloriche a metà mattinata.

     

    E la frutta? Uno sparuto 13 per cento la mangia due, tre volte al giorno, mentre per un quarto dei bambini che vivono nella Campania felix delle annurche, delle percoche e delle albicocche vesuviane una volta è più che sufficiente. C'è poi il paradosso dello sguardo materno: il 63,3 per cento delle mamme di un figlio sovrappeso lo considera normopeso o sottopeso.

    OBESITA INFANTILE IN CAMPANIA OBESITA INFANTILE IN CAMPANIA

     

    HAI MANGIATO?

    Per un politico, mettere a dieta gli elettori non crea consenso: «Ma dobbiamo insistere sull'educazione perché nel nostro territorio è evidente che maggiore è la deprivazione economica e culturale e peggiori sono gli stili di vita» dice l'assessore regionale all'Istruzione e alle Politiche sociali e giovanili Lucia Fortini. «Intanto, abbiamo stanziato per un anno 4,5 milioni di voucher per l'attività fisica, che con il Covid è scesa ai minimi storici. Ma il cambiamento è lungo e difficile. Qui, la prima cosa che una mamma chiede al figlio piccolo o grande, che non vede da mesi o da mezza giornata è: hai mangiato? Nutrire è la fondamentale forma di amore. E, quando i soldi sono pochi, questo amore si sostanzia nella pastasciutta. Si mangia molto più il primo del secondo».

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    Parlando di regimi alimentari, attività fisica e sacrifici vari si possono scatenare altri tilt, di ordine mediatico: Fortini ne è stata protagonista in primavera, per via di un post sfuggito al suo controllo in cui figurava promuovere la chirurgia estetica davanti alle scuole. Come dire: grasso superfluo? Diamoci un taglio. Non era proprio così: «A un convegno sulla chirurgia plastica avevo presentato un progetto itinerante davanti alle scuole della Regione sul benessere psicofisico e, avendo subìto tre interventi per fibroadenoma al seno, avevo semplicemente detto che se in sala operatoria ci fosse stato anche un chirurgo plastico le mie cicatrici sarebbero meno visibili».

     

    A TONGA LA CICCIA È UN VALORE

    All'antropologo Marino Niola, che da anni indaga totem e tabù dell'alimentazione, non va proprio giù la criminalizzazione dei civilissimi e affettuosi piaceri conviviali e dei fianchi opimi che caratterizzano la cultura e l'estetica mediterranea. «Ho appena letto una frase di René Girard, che si chiede cosa direbbero i nostri antenati vedendo i cadaveri gesticolanti che appaiono sulle nostre riviste. Quegli scheletri viventi li indurrebbero a pensare che siamo posseduti da un dio crudele».

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    D'accordo, i penitenziali standard nordcentrici di magrezza, perfezione, bellezza, eleganza sono asfissianti oltre che discutibili, ma grasso è bello fino a un certo punto. O no? «Stabilire un parametro non è tanto semplice: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, gli abitanti di Tonga, conosciuta anche come l'isola delle grandi cosce, sarebbero tutti obesi.

     

    È evidente che in quello come in altri popoli la grassezza è considerata un valore, il peso dei sovrani veniva valutato in oro: era il rito ponderale, Karim, l'ultimo Aga Khan, lo ha abolito perché deve aver trovato più conveniente investire sulla Costa Smeralda che sui propri chili. Ma è anche vero che, dal secondo dopoguerra in poi, alla dieta tropicale di pesce e frutta dei tongani si sono a aggiunte le costolette e il fast food made in Usa».

     

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    Per allertare sulle direttive imposte dall'alto, Niola riporta un caso che gli ha raccontato la nutrizionista greca Antonia Trichopoulou: notando un consumo eccessivo di grassi nella dieta dei suoi connazionali, l'Oms aveva suggerito di tagliare le razioni di olio d'oliva. Col risultato che il consumo di verdure era calato vistosamente, perché a partire dal 43° parallelo in giù nessuno mangia le melanzane o i friarelli senz' olio. Ma già considerare semplicemente un grasso l'olio d'oliva, con tutto il suo portato sacrale e simbolico, è un'aberrazione iperborea.

     

    Per il nutrizionista Franco Contaldo, professore emerito di Medicina Interna alla Federico II, in Campania il record degli obesi è anche un problema di densità abitativa: «Su sei milioni di abitanti oltre quattro sono concentrati a Napoli e nel Casertano, con un inevitabile degrado urbano e conseguenti stili di vita sbagliati che non si riscontrano così vistosamente nelle altre provincie della regione.

     

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    L'obesità è un fenomeno sociale e di salute pubblica che ha origine negli anni Settanta e procede di pari passo con l'indiscriminato sviluppo urbano e la sempre maggiore disponibilità di alimenti e bibite ultratrattati, che ingannano il senso di sazietà e spingono a consumi sempre maggiori. Su una popolazione con una predisposizione genetica all'obesità per via di una minore efficienza metabolica, l'interazione tra cultura alimentare della tradizione e della modernità produce questi effetti».

     

    MEGLIO PIOPPI DI MINNEAPOLIS

    Eppure a Sud della Campania, a Pioppi, nel Cilento, c'è la patria della dieta mediterranea, così battezzata dal fisiologo americano Ancel Keys, già artefice delle razioni K dell'esercito americano che, stupito dalla longevità dei cilentani, capì che il loro regime a base di pasta, poca carne, pesce, verdure, frutta e olio d'oliva era una mano santa per le coronarie. Con Keys ha lavorato molti anni Mario Mancini che oggi, a 92 anni, dopo una lunghissima carriera ospedaliera e universitaria, sottoscrive per esperienza diretta l'efficacia della dieta mediterranea, soprattutto se accompagnata da una costante attività fisica (lui va in piscina tutti i giorni) non tenuta invece tanto in conto dal suo mentore.

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    Mancini non sa dire se la propensione al sovrappeso sia un dato ancestrale fra gli abitanti della Campania o una reazione a secoli di fame e miseria. «Ma indubbiamente al Sud il piacere della tavola è molto più sentito che al Nord e prevale sulle questioni estetiche. Prevale anche sulla disponibilità all'esercizio fisico, molto più praticato dai giovani settentrionali.

     

    E questo potrebbe essere un retaggio del passato, un rifiuto della fatica nei campi sotto il sole che ha segnato gli antenati di questi ragazzi. Molta parte dei problemi di obesità è proprio legata al basso dispendio energetico, una volta si era più magri anche perché non c'erano tante macchine e si andava a piedi». A proposito di andare: Keys, innamorato del Cilento oltre che della sua dieta, voleva che Mancini diventasse il suo erede all'Università di Minneapolis, ma il giovane assistente declinò la generosissima offerta: «Non capivo perché lui cercava casa a Pioppi e io dovevo cercarla a Minneapolis».

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