Alberto Custodero per repubblica.it
moavero conte tria
Il maxiemendamento sulla legge di Bilancio sarà presentato in Senato domani alle 14. Con conseguente dichiarazioni di voto a partire dalle 20. Insorgono le opposizioni. Andrea Marcucci, capogruppo dei senatori pd: "Siamo all'epilogo, hanno coraggio da vendere. Il premier Giuseppe Contedice che confida che domani la manovra sia approvata, ma ancora oggi governo e maggioranza non hanno presentato al Senato l'emendamento che cambierà la manovra. Pensano che il Senato sia lo zerbino del governo. Hanno abbattuto la democrazia parlamentare. Vergogna: sono contro la Costituzione". Il gruppo Pd ha intonato in Aula l'inno partigiano "Bella ciao".
Solo dopo il voto del Senato ci sarà il secondo passaggio alla Camera per varare la manovra in modo definitivo. Il presidente di Montecitorio Roberto Fico ha già convocato i deputati per il 27 e 28 dicembre.
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Ma la situazione è stata a lungo ingarbugliata, la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama riunita per ore per cercare di uscire dall'impasse. La legge di Bilancio è rimasta in forse con i senatori bloccati in attesa di poter votare un testo.
Nell'evidente braccio di ferro fra Lega e M5s sui provvedimenti da inserire nel testo, ha pesato probabilmente anche qualche maldipancia in casa grillina. La senatrice Paola Nugnes, una delle dissidenti del gruppo grillino, per esempio, ha detto che "questa manovra finanziaria è molto attesa e molto voluta dagli italiani. Ed è per questo che credo sia giusto appoggiarla nelle sedi istituzionali. Purtroppo però c'è anche molto che non va".
I senatori avevano concluso all'ora di pranzo la discussione generale ed erano andati a pranzo con la speranza che alle 16, al ritorno in aula, avrebbero trovato il famoso e definitivo maxiemendamento Però avevano lasciato l'Aula con il dubbio che ci potesse essere un nuovo slittamento.
Prima di uscire si erano infatti alzati Lucio Malan di Forza Italia e Vasco Errani di Leu per chiedere certezze al presidente di turno Roberto Calderoli. "Alle 16 arriva il maxi-emendamento oppure no?", aveva chiesto Errani.
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Calderoli non è stato in grado di smentire le voci di un rinvio che circolavano. Era intervenuto anche il capogruppo del Pd Andrea Marcucci che aveva ricordato: "ll governo ha preso ieri in capigruppo un impegno chiaro, credo non ci possano essere dubbi sul fatto che il maxiemendamento venga presentato all'Aula alle 16".
Calderoli aveva messo le mani avanti e annunciato che se alla ripresa della seduta non ci fosse stato il testo, ci sarebbe stata una conferenza dei capigruppo per stabilire come procedere. E, altro segnale poco rassicurante, poco dopo la presidenza del Senato aveva comunicato che alle 15,45, appena quindici minuti prima della ripresa della seduta, si sarebbe riunita la conferenza dei capigruppo.
casellati
Subito erano circolate voci di un rinvio della presentazione del testo alle 20. Un orario che avrebbe messo seriamente a rischio l'approvazione della legge di Bilancio entro oggi, con un necessario slittamento a domani. Poi dalle 20 l'orario della presentazione era slittata alle 21.
Dunque tutta la vicenda è stata un gigantesco, quasi surreale, dibattito a Palazzo Madama.
Nell'Aula è andata in scena la stanca riproposizione delle accuse delle opposizioni e le strenue difesa della manovra dei senatori della maggioranza. Il tutto avvenuto in un clima che pareva rassegnato, salvo quando la senatrice grillina Laura Bottici, più volte interrotta, ha chiamata "macchiette" i senatori del Pd.
La discussione si è accalorata quando è intervenuto il capogruppo dem Marcucci: "Cara senatrice Bottici, lei che è stata la principale attrice della confusione e della violenza in questa Aula, non ci venga a dare lezioni. Le macchiette non siamo noi, siete voi una macchia per il Paese intero. Si vergogni di offendere i colleghi", ha detto. Fra urla e insulti reciproci.
Fuori il vicepremier Luigi Di Maio provava a spiegare, precisare, rettificare. In primo luogo diceva che il suo reddito di cittadinanza partirà a marzo e non il primo aprile come aveva riferito il ministro dell'Economia Giovanni Tria.
Quel giorno non va bene proprio, diceva convinto: "Il primo aprile non partirò mai perché è il pesce d'aprile", spiegava. E aggiungeva: "Non daremo 780 euro a tutti, alcuni hanno un reddito di 200-300 euro, noi li portiamo a 780 per formarsi per un lavoro che serve allo Stato".
Il leader grillino si affannava a recuperare anche sugli F-35. "Questo è un governo che ha recuperato mezzo miliardo dalla spesa militare inutile. Continuiamo a fare così, tagliamo ciò che non serve. Per me gli F-35 non sono la priorità di questo Paese, in questo momento", annunciava.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE
I senatori grillini della commissione Difesa del Senato esultavano: "Le parole di Di Maio sugli F-35 sono chiarissime e non lasciano alcun dubbio: nessuna marcia indietro su questo programma, su cui siamo sempre stati e continuiamo ad essere molto critici". Smentito quindi il sottosegretario grillino alla Difesa Angelo Tofalo che aveva fatto intravedere la volontà di proseguire nell'acquisto degli aerei.
Infine Di Maio cercava di spiegare il passaggio dal 2,4 per cento di rapporto deficit-Pil al 2,04 per cento. "Quando abbiamo fatto le stime rispetto al 2,4 - spiegava - noi abbiamo detto: calcoliamo che tutti quelli che possono andare in pensione con quota 100 ci vadano, calcoliamo che tutti quanti utilizzino le misure che mettiamo. Abbiamo messo più soldi, giustamente, di quello che abbiamo previsto".
L'altro vicepremier, invece, dopo avere partecipato ad una cerimonia in Toscana annunciava ai cronisti: "Vado a Roma a presidiare quelle misure della manovra che mi stanno più a cuore: la riforma della Fornero, che va smontata pezzo a pezzo, e la riduzione fiscale per le partite Iva. Resteremo a lavorare fino a quando sarà necessario per approvare il provvedimento".
conte salvini di maio
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