Estratto dell’articolo di Katia Ippaso per il Messaggero
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«Tutta la mia vita è stata una pazzia totale e non sono un grande fan di me stesso».
Manuel Agnelli, 57 anni, storico frontman degli Afterhours con una nuova, parallela vita da cantante solista, si dispone a parlare di sé senza sovrastrutture, accettando di andare anche in territori impervi e poco illuminati: la costante ricerca di un luogo di appartenenza, il conflitto tra la vocazione solitaria e il bisogno di tenere insieme il sistema-famiglia, l'inclinazione malinconica.
Nel suo modo di parlare, sopravvive a tratti il transfert con David Bowie, interpretato nello spettacolo Lazarus, regia di Valter Malosti, che lo ha fatto avvicinare ad una materia dolorosa e sublime. Ma è con intatto entusiasmo che l'artista oggi si avvicina all'appuntamento con il pubblico romano, «forse il migliore che io abbia mai avuto»: il 17 luglio all'Ippodromo delle Capannelle per Rock in Roma.
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Sono passati sette anni dall'ultimo album degli Afterhours ("Folfiri o Folfox"). È una lunga pausa di meditazione che potrebbe annunciare uno scioglimento?
«Non ci stiamo sciogliendo. Però non abbiamo neanche progetti imminenti. È un duro lavoro tenere insieme i bisogni di tutti. Considero tuttora gli Afterhours il progetto più importante della mia vita. Facendo un disco da solo, ho voluto però in qualche modo ricominciare da zero. Cercavo un po' di leggerezza, di semplicità».
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Essere David Bowie. Non è un'impresa che fa tremare i polsi?
«Lo è. Cantare David Bowie è difficilissimo perché lui era molto asciutto e al tempo stesso emozionante. Però adesso, dopo 66 repliche e la gratitudine del pubblico, mi calmo e cerco di riflettere su quello che mi sono portato a casa. Ho imparato tantissime cose, anche musicali».
Per esempio?
manuel agnelli foto di bacco
«Che posso finalmente avere il coraggio di lavorare sulla mia zona di comfort, che invece mi ero sempre negato. La tessitura e l'estensione vocale di Bowie sono molto simili alla mia, quindi diciamo che, cantando Bowie, sono finalmente riuscito ad essere me stesso senza dover forzare verso l'alto o verso il basso».
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Si è mai pentito di quella che molti hanno letto come una pericolosa "deviazione", cioè la partecipazione a "X Factor"?
«Se non avessi fatto il giudice a X Factor, probabilmente non sarei neanche stato scelto per fare Lazarus. Quell'esperienza mi ha dato più popolarità e alla fine più libertà di scelta. Ho accettato perché ero stanco del mio mondo, soffrivo di claustrofobia. E poi, essendo un introverso di natura, ho imparato a stare con gli altri. Non è certo la prima cosa irrazionale che ho fatto nella mia vita».
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