MARADONA MAVYS ALVAREZ
(ANSA) "E' duro essere nel suo paese, vedere che sta dappertutto, e che è un idolo, e allo stesso tempo avvertire dentro se stessi che di lui si ha un bruttissimo ricordo come persona". Nel corso di un'affollata conferenza stampa a Buenos Aires, la 37enne cubana Mavys Alvarez Rego, scortata dai suoi avvocati Gaston Marano e Marcela Carmen Scotti, ha ribadito le accuse contro Diego Armando Maradona, del quale giovedì ricorre il primo anniversario della morte. Giovedì scorso la donna, arrivata da Cuba, era stata ascoltata nell'ambito dell'indagine penale sulle cause della fine dell'ex 'Pibe de oro', di cui lei è stata l'amante a Cuba dal 2000 (quando aveva sedici anni) fino al 2005.
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"In quel periodo ho finito di essere una ragazzina, e ho dovuto bruciare le tappe della vita - ha detto la Alvarez -. Di colpo sono diventata donna e mi hanno rubato l'innocenza che avevo. Avevo 16 anni è già bevevo e mi drogavo". La donna ha quindi ribadito che ad iniziarla a queste pratiche è stato Maradona, che trascorreva a Cuba dei periodi durante i quali, teoricamente, avrebbe dovuto curare le proprie dipendenze.
"Lui mi conquistò con delle frasi e con i fiori - ha detto ancora -, poi dopo qualche mese cominciò a cambiare tutto e io lo amavo e allo stesso tempo lo odiavo. Arrivai a pensare al suicidio". Dopo aver sottolineato che "mi offriva costantemente cocaina", la donna ha accusato l'ex fuoriclasse di averla costretta a fare sesso contro la sua volontà.
MARADONA MAVYS ALVAREZ FIDEL CASTRO
"Una volta mia madre bussò alla porta - ha raccontato visibilmente turbata -, ma Diego non la fece entrare, mi mise una mano sulla bocca e mi violentò". Dopo altri presunti episodi di violenza, la donna ha raccontato di quando Maradona la portò da L'Avana a Buenos Aires, grazie a un permesso speciale del governo cubano, per farla sottomettere ad operazione chirurgica per ingrandire i seni "perché a lui piacevano grandi", e del doloroso decorso post-operatorio "senza assistenza adeguata".
QUANDO MARADONA DRIBBLAVA IL FISCO GRAZIE AL LIECHTENSTEIN
Angelo Mincuzzi e Roberto Galullo per “il Sole 24 Ore”
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Maradona fu uno dei primi a essere pagato dal Napoli anche per i suoi diritti di immagine. In pratica, solo una parte del compenso che gli era riconosciuto - la fetta più importante - gli era versata con lo stipendio previsto dal contratto. Un'altra porzione, invece, era destinata a retribuire Maradona per tutto ciò che riguardava il suo nome, la sua immagine, il suo marchio utilizzato dal Napoli durante il Campionato.
Questa fetta di compenso veniva pagata ad alcune società che Maradona aveva aperto nel Liechtenstein, un paradiso fiscale nel cuore dell'Europa, e naturalmente non erano tassate in Italia. Su questo punto si concentrarono le accuse del Fisco italiano. Per capire meglio la questione dobbiamo fare un altro salto indietro nel tempo, fino a otto anni prima che il messo dell'Agenzia delle Entrate andasse a cercare Maradona sulla collina di Posillipo.
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Era sabato 5 marzo 1983, anticipo della 27esima giornata del campionato di calcio della Liga Espanola. A Salamanca lo stadio era gremito e rumoroso. Il Barcellona giocava contro la squadra di casa e la partita terminò 1 a 1 con un gol del tedesco Bernd Schuster per i blaugrana e di Luis Garcia per il Salamanca. Maradona, arrivato al Barça un anno prima, quel giorno non era in campo. La stagione 1982-1983 fu un'annata difficile per lui, costellata da numerosi infortuni e da un'epatite virale che lo portarono a lungo lontano dal campo di calcio. Con 27 punti in classifica, il Barcellona chiuse la giornata al terzo posto dopo il Real Madrid e l'Athletic Bilbao.
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Finirà il campionato in quarta posizione mentre l'Athletic Bilbao vincerà la competizione. Tre giorni dopo quella partita, martedì 8 marzo 1983, a Vaduz, capitale del Liechtenstein, a 1.171 chilometri da Barcellona, in una delle tante fiduciarie del Principato famoso per essere ancora oggi uno dei più oscuri paradisi fiscali del mondo, vennero fondate due società. La prima si chiamava "Diego Armando Maradona Productions", la seconda aveva per nome "The World Winner Productions", a cui si aggiungerà qualche tempo dopo anche la "Diarma Establishment". In realtà non si trattava di società come quelle italiane. No, le tre nuove entità erano delle Anstalt, qualcosa che non esisteva né in Italia né in Spagna e nemmeno in Argentina.
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Le Anstalt sono un istituto particolare previsto dalle leggi del Liechtenstein, che attribuiscono una personalità giuridica a un patrimonio. La loro caratteristica sta nel fatto che l'Anstalt può svolgere qualsiasi tipo di attività, anche con scopo di lucro, cosa che è invece preclusa alle fondazioni. Il trattamento fiscale favorevole ma soprattutto la possibilità di assicurare l'anonimato totale ai fondatori e ai beneficiari hanno fatto dell'Anstalt un istituto molto utilizzato da cittadini e società di altri Paesi, compresa l'Italia, non solo per limitare la loro responsabilità patrimoniale ma anche per occultare i beni o evadere il Fisco.
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Maradona al Napoli arrivò soltanto un anno dopo quell'8 marzo 1983 e a Barcellona giocava come centrocampista. Non era ancora el pibe de oro o la mano de díos, ma era già un campione. E in Liechtenstein qualcuno fondò due Anstalt dove confluivano i soldi guadagnati per lo sfruttamento dei suoi diritti di immagine: sponsorizzazioni, pubblicità, nome, volto, foto, film e tutto il resto. Dunque, siamo nel 1983. In Spagna al governo c'era il socialista Felipe Gonzalez e negli Stati Uniti - proprio quel martedì 8 marzo - il presidente Ronald Reagan definì l'Unione Sovietica l'"impero del male". In Italia, presidente del Consiglio era il democristiano Amintore Fanfani e nella hit parade i Pooh dominavano la classifica dei 45 giri con "Non siamo in pericolo" mentre nei 33 giri era Claudio Baglioni con "Alé-Oó" a risuonare nelle case e nelle radio degli italiani. Erano gli anni Ottanta. Un altro mondo.
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Ma non per Maradona che, decenni prima di Lionel Messi, di Cristiano Ronaldo, di Paul Pogba, di Luka Modric e di altri ricchissimi campioni del calcio attuale, indicava la strada per pagare meno tasse. Una strada che per Maradona passava per le montagne del Liechtenstein. E che verrà ripresa dagli altri campioni del calcio di oggi attraverso altri lidi, come le Isole Vergini Britanniche, il Belize, Panama, la Svizzera o la Gran Bretagna, almeno secondo quanto hanno dimostrato i documenti segreti dei Football leaks.
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