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    “IO SEX SYMBOL? FU GRAZIE A MOGOL CON ‘NELL’ARIA’. GLI DISSI: ‘NON LA CANTO, È PORNOGRAFICA’. POI MI LASCIAI CONVINCERE" – MARCELLA BELLA MEMORIES:  "A MILANO RIMASI INCINTA, LUI ERA SPOSATO. RICEVETTI UNA TELEFONATA DA MINA CHE SI ERA TROVATA IN UNA SITUAZIONE SIMILE MOLTI ANNI PRIMA CON L’ATTORE CORRADO PANI. VOLEVA MANIFESTARMI IL SUO APPOGGIO. MI DISSE: ‘A TE ANDRÀ MEGLIO’. DOPO 43 ANNI, STIAMO ANCORA INSIEME” – E POI SANREMO, IL FRATELLO GIANNI BELLA "CHE NON PARLA PIU’ DOPO L’ICTUS" - LA CANDIDATURA CON AN E I GUAI COL FISCO: “L’ERARIO SI È SCUSATO UFFICIALMENTE” – VIDEO


     
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    Mario Luzzatto Fegiz per il “Corriere della Sera”

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    Marcella Bella arriva da una Famiglia canterina?

    «Da una famiglia di artisti. Mio papà lavorava al mercato della frutta ma amava cantare opere liriche. Aveva un talento naturale e una bellissima voce da tenore. Cantava nel coro del teatro Massimo di Catania ed era intonatissimo.

     

    Quando ero bambina, mio fratello Gianni, che faceva musica a tempo pieno, a 14 anni si comprò una chitarra con i primi guadagni di qualche lavoretto. Quindicimila lire. E la suonava perfettamente, d'istinto. Io avevo cinque anni meno di lui e gli chiedevo: «Ma come fai?» E lui: «Qui c'è un librettino che mi dice cosa devo fare».

     

    Dopo qualche mese cominciò a suonare anche il basso, poi la batteria e alla fine approdò a un pianetto, insomma alle tastiere. Tutto da autodidatta. Era nato come musicista completo.

     

    Prendeva in mano qualsiasi strumento e lo suonava, componeva delle canzoni che accompagnava con la chitarra. Il maggiore per età è Antonio, professore di lettere e filosofia nei licei che gettò la cattedra alle ortiche e divenne autore di canzoni, fra cui la celebre "Canto straniero". C'è poi Gianni, indiscusso leader della famiglia canterina, dopo ci sono io e infine Rosario, diplomato in pianoforte. Insomma, siamo cresciuti a pane e musica. Abbiamo un rapporto istintivo, quasi automatico con la musica: bello gioioso e felice».

     

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    Ma il rapporto più intenso è stato con Gianni Bella.

    «Lui era il genietto. Quando bussò alla casa discografica CGD rimasero impressionati. Portai una sua canzone alla Gondola d'oro, una rassegna che si svolgeva a Venezia. Io ci andai con "Hai ragione tu". C'erano 100 cantanti. Vinse Romolo Ferri a pari merito con me.

     

    Dopo quel successo decisero di mandarmi a Sanremo. Il mio produttore Ivo Callegari mi fece da papà. La CGD mandò Gianni da Giancarlo Bigazzi, che all'inizio era diffidente. Poi capì le potenzialità di Gianni (e mie). Bigazzi era una vecchia volpe, un vero scopritore di talenti. Cominciarono a lavorare assieme e ne uscì quel capolavoro che è "Montagne verdi", canzone struggente, ricca di messaggi. Quest' anno compie 50 anni. La cantano ancora adesso, soprattutto i bambini».

     

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    Diciamo che esiste una Marcella prima di «Montagne verdi» e una Marcella dopo «Montagne verdi».

    «Esattamente. Vita cambiata da così a così. Callegari ci faceva cantare nelle balere. Una grande scuola che per me, è stata un'esperienza molto formativa durata 4-5 anni. Ai giovani artisti di adesso questa manca. Dalla Sicilia ci siamo trasferiti in Emilia, la regione in cui si lavorava di più».

     

    Grandi incontri?

    «Ho avuto la fortuna di lavorare con dei giganti come Bigazzi prima e Mogol dopo. Bigazzi geniale, con un carattere tosto, il classico toscanaccio che dice pane al pane e vino al vino. Ho avuto un ottimo rapporto con lui. Prima di scrivere voleva sapere tante cose di me: se ero fidanzata o innamorata, se stavo bene, se soffrivo. Quando scrisse "Io domani" mi tenne sotto interrogatorio per ore. Prendeva le misure come un sarto che ti cuce addosso un abito. Lui ha dato corpo alla Marcella giovane, ingenua, inesperta».

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    Cosa racconta «Montagne verdi»?

    «Nella sua semplicità dice delle cose profonde. Narra di questa ragazzina che un giorno fa la valigia e lascia gli amici, l'erba, le cose felici per salire su un treno e andare a scoprire la nebbia di Milano. Insomma, una piccola emigrante. Le montagne verdi sono una metafora, sono le speranze. Insomma, una foto di quel che provavo io bambina alla ricerca del successo e dell'amore. E in effetti a Milano trovai entrambi.

     

    L'imprevisto però era dietro l'angolo... rimasi incinta. Era sbocciato un grande amore con Mario, un imprenditore milanese conosciuto fra le nevi di Madonna di Campiglio. Io ero giovanissima, e accolsi la notizia con felicità. Nonostante lui fosse sposato e già padre. Ricevetti una telefonata da Mina che si era trovata in una situazione simile molti anni prima con l'attore Corrado Pani. Voleva manifestarmi il suo appoggio. Mi disse: «A te andrà meglio».

     

    Ai miei tempi non c'era ancora il divorzio e l'Italia era più bacchettona. Con Mario (Merello, ndr ), che poi sposai nel 1989, fu un vero colpo di fulmine: dopo 43 anni siamo ancora qui. Giacomo nacque nel 1980, molto più tardi arrivarono Carolina (1991) e Tommaso (1992)».

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    Era simpatico Mario?

    «Non direi. Era ed è totalmente estraneo al nostro mondo e ha sempre lavorato 12 ore al giorno. È una persona discreta, un po' ombrosa, affascinante perché non si espone troppo. Con lui ho capito che si diventa ricchi solo lavorando sodo. Lui riusciva però a trovare del tempo anche per me che ero e sono il suo grande amore».

     

    Da adolescente lei era un sex symbol .

    «Io non ci avevo pensato. Però ci pensò Mogol con il brano "Nell'aria"».

     

    Come andò?

    «A un certo punto il rapporto fra mio fratello Gianni e Bigazzi si interruppe e iniziò la frequentazione di Mogol che rimase incantato dalla personalità di Gianni. Decisero di farmi fare un album. E la prima canzone che venne composta è appunto "Nell'aria". Venne annunciata come una grande canzone. Dissi: «Fatemi leggere questo testo». E loro risposero: «Ma no, dai, che poi tu trovi il pelo nell'uovo». Insomma alla fine presi questo testo.

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    Lo lessi tutto d'un fiato. Poi mi arrabbiai: «Ma questo testo è pornografico», gli dissi. Gianni e Mogol negarono spudoratamente l'evidenza. «Mi vergogno e non lo canto», mi impuntai io. E loro: «Avevamo pensato a un look sexy gonna con spacco, guêpière di pizzo nero a vista, sigaretta fra le labbra». Io: «Voi siete impazziti tutti». Ma alla fine mi lasciai convincere. Tanto per cambiare, Mogol, l'istrione, aveva fatto centro e la canzone ebbe un successo enorme».

     

    Che le disse Mogol per convincerla?

    «Disse che solo io potevo riuscire a cantare quel brano: «Per un'altra cantante non l'avrei potuto scrivere perché non ha la tua leggerezza e la tua freschezza. Non bisogna essere volgari ma eleganti come puoi esserlo tu...». E da quel momento nacque una nuova Marcella: fu la fine della me bambina, spopolò la donna che era sbocciata».

     

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    Molte sigle per Arbore e Boncompagni, per «Domenica in» di Baudo e per «Gran Varietà». E poi una canzone che uno non si aspetta intitolata «L'anima dei matti».

    «Sì, la cantai alla Bussola di Viareggio con orchestra. Volevo fare come Mina un disco dal vivo. "L'anima dei matti" è una canzone sul disagio psichico che Bigazzi dedicò a se stesso. Lui infatti si considerava proprio matto».

     

    Il periodo «francese»?

    «Una collaborazione bellissima interrotta dalla morte prematura dell'artista Joe Dassin. Mi presentò anche i suoi: suo padre, il famoso regista Jule Dassin, e sua moglie, la cantante greca Nana Mouskouri».

     

    Sanremo?

    «Ci sono andata più volte. Ogni patron ha i suoi gusti e un suo modo di costruire il cast».

     

    Come sta Gianni Bella?

    «Lui dopo l'ictus del 2010 non parla, ma fa tutto come se nulla fosse. È solo "rimasto senza parole", diciamo noi scherzando sul destino beffardo che ha tolto la voce a un cantautore. Lui ha ancora la gioia di vivere e questo lo ha salvato. Mi ha insegnato che si può convivere felicemente anche con un grande handicap. Ride, scherza, anche se non parla. Però canticchia e piazza delle note. Ultimamente ho scritto con lui due canzoni».

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    Si presentò alla elezioni per Alleanza nazionale.

    «È successo molti anni fa. L'ho fatto per amicizia. Dovevo capire subito che non era la mia strada. Mai fatto politica, ho solo cantato l'amore. Mi sono pentita, anche perché ho avuto ripercussioni negative sul lavoro che francamente avevo sottovalutato».

     

    E i guai col fisco?

    «Sentirmi accusare in tv di aver evaso un sacco di soldi mi ha danneggiato. Il Fisco si è scusato ufficialmente. Io non c'entravo: ho fatto pace con l'Agenzia delle Entrate e anche mio marito ha sistemato le sue pendenze. Mario, saggiamente, aveva tenuto patrimoni e altri affari rigorosamente separati. La cantante implicata... non era vero niente».

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    Come ha trascorso il periodo della pandemia?

    «Ho vissuto malissimo la pandemia. Mesi chiusa in casa a piangere. Provavo a uscire, a fare due passi in Montenapoleone che era una specie di deserto dei Tartari. Non mi sono ammalata e non ho più paura del virus. Come vedo il mondo? Triste, molto triste. Io sono felice di aver vissuto il meglio. Vent' anni di divertimento puro. Ho condiviso la scena e la popolarità con i Beatles, gli Stones, Elton John, David Bowie. Abbiamo avuto musicalmente il meglio. Si guadagnava tantissimo. Ormai lavoro per beneficenza e canto per hobby. La musica è l'unica cosa divertente che ci rimane».

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