Marco Giusti per Dagospia
the new pope john malkovich photo by gianni fiorito
Arriva il Nuovo Papa di Paolo Sorrentino. Un po’ sequel di The Young Pope, Jude Law sta in coma in mezzo alle suore scalmanate ma, ovviamente, si risveglierà, e un po’ nuova serie originale, con John Malkovich come nuovo papa ultradandy, dal 10 gennaio su Sky Atlantic sbarcherà The New Pope, la nuova serie ideata e diretta da Paolo Sorrentino, prodotta da The Apartment e Wildside, parte di Fremantle. Proprio mentre il Papa, quello vero, è diventato campione di meme come fosse Mario Brega grazie alla scena degli schiaffoni alla fedele troppo appiccicosa, e Tolo Tolo di Checco Zalone trionfa nelle sale italiane assieme a Pinocchio di Matteo Garrone e a Il primo Natale di Ficarra e Picone.
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Giusti: Mentre il cinema italiano, anche quello più eccessivo, pensiamo ai film natalizi degli anni scorsi e confrontiamoli con quelli di oggi, si sta normalizzando, mi sembra che in generale le serie vadano da un’altra parte sperimentando molto di più sia come temi sia come struttura narrativa. La prima cosa che pensiamo riguardo a The New Pope, la tua nuova serie, è che sia completamente pazza. Molto più libera rispetto anche a The Young Pope, che già ci sembrava molto originale, rispetto anche al tuo cinema.
Sorrentino: Sono assolutamente d’accordo. È anche il motivo per cui mi sono tuffato quando mi hanno dato la possibilità di fare una serie come The Young Pope. Mi sembrava che ci fosse l’opportunità di fare quel cinema d’autore che si faceva anni fa e che ora non ti consentono più di fare, cioè con grandi lunghezze, grandi silenzi, grande libertà di azione, di disponibilità alle trame, di muoversi sui personaggi con profondità inedita perché hai a disposizione più tempo. Quindi io penso che sia assolutamente così. Col fatto inoltre che le serie sono in qualche maniera sicure dal punto di vista economico ti consentono di sperimentare di più. Nel cinema invece oggi c’è molta più paura perché un film è sempre un rischio…
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Giusti: Inoltre essendo un sequel però anche una nuova serie... The New Pope già dal titolo non è che ti rivela subito che è la seconda stagione, sembra quasi una nuova serie… è un po’ sequel un po’ no…
Sorrentino: Sì, è un po’ sequel un po’ no… alcune cose sono in continuità temporale con come finiva la prima stagione, poi se ne va tutto da un’altra parte, perché ci sono tutta una serie di personaggi nuovi, di storie per esempio legate ai personaggi femminili che non venivano minimamente prese in considerazione nella prima stagione, mentre adesso si aprono a tutta una serie di capitoli. Penso per esempio al personaggio di Cecile De France. Io non avevo minimamente accennato al suo privato in The Young Pope, mentre adesso entriamo a gamba tesa nel suo privato. Quindi è come dici tu: è un po’ un sequel e un po’ se ne va per la strada sua… Certo, è un sequel nella misura in cui partiamo dal papa, Jude Law, che sta in coma.
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Giusti: Perché sei così ossessionato dai preti, dal potere, dal sesso…
Sorrentino: Mah… forse perché sono tutti temi a me misteriosi e quindi dato che per me la scrittura è un modo di indagare quello che non conosco allora sia i preti sia il potere, il Vaticano è un mondo chiuso, un mondo che da sempre ha destato la curiosità di tutti quelli che ne sono fuori, diventano la chiave di interesse… il mistero..
Giusti: Bernardo Bertolucci diceva che il cinema italiano vive questa eterna divisione tra neorealismo e commedia, solo quando spaccheremo questi due totem riusciremo a ragionare su qualcosa di nuovo. In qualche modo noto che a te da tempo stanno stretti sia il neorealismo che la commedia…
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Sorrentino: Sì, devo dire che pur avendo un grande rispetto per entrambi non è la mia tazza di té. Preferisco partire da un fondo di verosimiglianza per poi dar briglia sciolta alla fantasia. Mi piace più il comico che la commedia, cioè ho più velleità fallimentari sul comico che non sulla commedia, a me piacerebbe molto far ridere in maniera anche sguaiata, purtroppo non ci riesco…
Giusti: Ma il comico in queste due serie lo hai, è Silvio Orlando…
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Sorrentino: In questa caso qua è Silvio, il faro della comicità è Silvio Orlando
Giusti: In questa tua seconda serie sviluppi anche una grande componente musical, penso alla tammuriata che accompagna i cardinali già nella prima puntata, alle suore…
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Sorrentino: Ci sono delle sigle che hanno una struttura da musical… anche nella scena della tammuriata c’è un impianto musicale che accompagna l’avanzare dei cardinali al conclave. Mi piace il ballo, mi piace molto fare le scene di ballo, cerco di infilarle continuamente dappertutto. E quindi anche qui ho provato a metterle.
Giusti: Cosa hai preso dalla realtà? Esistono elementi reali..
Sorrentino: Beh, sì. La convivenza di due papi è una cosa presa dalla realtà, è singolare perché non eravamo abituati a avere due papi. Ed era interessante. Però non ho preso molto dalla realtà anche perché il Vaticano io non riesco a conoscerlo. Mi hanno fatto entrare mezza volta, ho letto sicuramente delle cose, però me lo sono dovuto reinventare. Ci tengo a dire che ogni riferimento è puramente casuale.
Giusti: Ho trovato le suore un po’ eccessive, sensuali, spalmano Jude Law, il papa in coma..
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Sorrentino: Non sono eccessive. Lo lavano. Jude Law è in coma e le persone in coma vanno lavate. Vanno pulite.
Giusti: Però si mettono il rossetto, fanno delle cose… sembra un tonaca movie, ti ricordi i film sulle suore degli anni ’70? C’è una sensualità che di solito manca al cinema italiano di oggi.
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Sorrentino: Sì. C’è un inizio abbastanza dirompente. È anche ironico. Anche io credo che manchi la sensualità nel cinema italiano di oggi, perché siamo un popolo di belli. Anche noi brutti siamo piuttosto belli. Perché allora non frequentare la sensualità? La scena dell’inizio si riferisce a delle suore di clausura che al chiuso, quando la badessa ordina di andare a dormire, decidono di fare qualcosa di trasgressivo e si mettono a ballare…trasformano il dormitorio in una sorta di balera…
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Giusti. Nella serie di sono due papi forti, uno è Jude Law e l’altro è John Malkovich, più un terzo papa, un papa “fetecchia” diciamo… che viene eliminata subito dalla scena. Jude Law, come nella serie precedente, è particolarmente figo, però anche John Malkovich non scherza, si presenta da subito come una rockstar…
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Sorrentino: A me piace avere un’anima pop quindi mi piaceva l’idea di scongelare quell’aura formale del Vaticano, sempre essendo molto rispettoso. Perché l’ultima cosa al mondo che volevo fare, visto che lo provano a fare tutti, era quella di essere dissacranti nei confronti del Vaticano. Non ce ne era neanche bisogno perché c’è un papa adesso che sa essere anche molto nuovo.
Giusti. The Young Pope lo avevi scritto prima dell’arrivo di Francesco?
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Sorrentino: Quando l’ho scritto io era stato appena eletto Bergoglio.
Giusti: Eppure sembra sempre non realistico, quasi una serie tipo Watchmen dove c’è una realtà distopica, un mondo diverso da quello che viviamo…
Sorrentino: Secondo me è verosimile, anche se non è riferito al Vaticano che c’è adesso. E’ un Vaticano parallelo.
Giusti: Ti manca il cinema-cinema? Ti manca di fare un film di due ore con tutte le sue regole…
Sorrentino: Un po’ sì. Mi manca e ci vorrei tornare. Anche perché la televisione è molto bella, molto libera, però è faticosa, è lunga, e io non sono più un ragazzino. Quindi l’idea di rientrare in quei tempi…
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Giusti: Lavorando sulle serie tv hai dei limiti o sei del tutto libero?
Sorrentino: No. Sono abbastanza libero. Perché c’è una formula produttiva abbastanza intelligente che ha messo in piedi Lorenzo Mieli [ora a capo di The Apartment, che coproduce con Wildside e HBO], è quella delle coproduzioni, cioè ognuno partecipa con un pezzettino, quindi non c’è un unico committente che ti chiede io vorrei così io vorrei colì, abbiamo Italia, Francia, Inghilterra, America.
Giusti: Essendo distribuita in tutto il mondo, dove ha funzionato meglio The Young Pope… a quale pubblico è interessato di più?
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Sorrentino: Che tipo di pubblico non lo so, ma i paesi dove è andata molto bene sono in America e in Russia. Sono andato a San Pietroburgo e non capivo perché la gente mi guardasse per strada…avevano visto la serie e ero diventato famoso.
Giusti: Magari perché hanno il mito del grande oligarca… Ma c’è anche una sontuosità di messa in scena che lo avvicina al cinema russo, anche rispetto a questi nuovi film russi che si vedono ai festival… invece in Italia è rara questa sontuosità di messa in scena. Tu sei eccessivo, insomma… hai più carattere.
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Sorrentino: Forse sono pure eccessivo. Poi, certo, c’è a chi piace e a chi non piace. Quello fa parte del gioco. L’importante è staccarsi dalla medietà, secondo me. A me va benissimo che ci siano grandi odi e grandi amori. E’ un segno di vitalità.
Giusti: Ci sono dei legami con la situazione politica italiana nella serie?
Sorrentino: C’è un vago accenno, ma è una storia molto marginale, che tocca solo una parte del rapporto fra Stato e Chiesa in Italia, una storia che andava messa. Anche se forse oggi i rapporti sono diversi rispetto ai tempi di quando c’erano la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Allora i rapporti erano più intensi, più tesi o più amichevoli.
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Giusti: Eppure questa situazione di coma, di confusione mi sembra molto simile allo stato comatoso della politica italiana di oggi. Magari è un puro caso…
Sorrentino: Io sono molto affascinato dagli uomini che si muovono nel Vaticano, alle loro vicende private. La politica l’ho lasciata un po’ fuori. Inoltre questa serie l’ho concepita nel momento in cui c’erano molti attentati terroristici in Francia. Mi interessava più il confronto fra le religioni, il Cattolicesimo e l’Islam, le possibili derive integraliste che conoscevamo già dell’Islam ma che avrebbero potuto riguardare pure il Cattolicesimo. Mi preoccupava più occuparmi di questo…
Giusti: Però Silvio Orlando fa un personaggio di uomo di potere politico totale.
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Sorrentino: Assolutamente. E’ il Segretario di Stato, il vero Presidente del Consiglio, eh… sì, è un po’ l’incarnazione della vecchia politica italiana durante la Guerra Fredda, la necessità di salvaguardare sempre e comunque la Chiesa e nel nome della Salvaguardia della Chiesa lui è pronto a spingersi molto oltre, anche dove non dovrebbe spingersi per il suo ruolo.
Giusti: Inoltre lo usi anche un po’ come momento di commedia dentro alla struttura generale del racconto, come rottura della tensione narrativa.
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Sorrentino: Sì, sì. Il mio elemento di alleggerimento è proprio Silvio, che è un comico formidabile, ma anche John Malkovich e Jude Law portano un certo humour ovviamente di stampo anglosassone al racconto.
Giusti: Ne avete discusso con Malkovich di come fare il suo nuovo papa?
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Sorrentino: Ne abbiamo parlato… ma a me Malkovich piace moltissimo come persona. Alla fine ho pensato che era più potente usare lui come persona piuttosto che la mia fantasia, quindi ho adeguato il nuovo papa all’idea che io ho di John Malkovich, un dandy, un uomo molto elegante, rassicurante, saggio, ma anche ironico. Malkovich ha una sua leggerezza, ma anche il carattere per dare importanza alle cose. E anche se poi le cose non possono farsi non ne fa un dramma. Sembravano tutte caratteristiche sue che si potevano travasare nel personaggio del papa. E l’ho fatto.
Giusti: C’è stato un tempo, ricordo, che al Festival di Cannes tra Il divo e Gomorra di Matteo Garrone si era parlato di grande ritorno del Cinema Italiano. Sono passati 11 anni. Insomma che tipo di evoluzione c’è stata da allora nel nostro cinema?
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Sorrentino: Intanto ci sono stati dei nuovi registi, anche perché io e Garrone ci stiamo facendo grandicelli. Ci sono registi come Gabriele Mainetti, Matteo Rovere, trovo che sia un regista molto bravo anche Valerio Mieli. Insomma c’è anche una nuova generazione che sta venendo su, come è giusto che sia. Poi c’è Marco Bellocchio che è un meraviglioso regista non più giovanissimo… Detto questo siamo una piccola cinematografia e abbiamo 4 o 5 buoni registi che hanno un po’ più di visibilità. Ma io non ho mai creduto che potessimo diventare di nuovo una cinematografia prorompente come lo era stata ai tempi dei grandi autori italiani.
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Giusti: Nelle serie tv, però, tra Gomorra di Stefano Sollima, il tuo The Young Pope, L’amica geniale di Saverio Costanzo, vi siete fatti conoscere…
Sorrentino: Aggiungerei anche Il miracolo di Niccolò Ammaniti… era molto interessante.
Giusti: E’ quella la strada?
Sorrentino: Sicuramente le serie sì. Ma io non sono in grado di elaborare un pensiero riguardo ai fenomeni. Forse dovremmo volerci più bene, dovremmo fare più sistema. Se uno pensa a come sono bravi i messicani, Inarritu, Cuaron, Del Toro, a sostenersi l’uno con l’altro nei festival, a Hollywoood…
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Giusti: Gli italiani non sono così
Sorrentino: Facciamo più fatica…
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