Estratto dell'articolo di Mar. Vent. per "il Messaggero"
israeliani presi in ostaggio da hamas
I video dell'orrore sono come colpi sparati dai bazooka, forse più potenti. «Anche se postati dai singoli miliziani di Hamas», per Marco Lombardi, ordinario di sociologia alla Cattolica di Milano e direttore del Centro di ricerca Itstime, massimo esperto di terrorismo e di comunicazione dell'Isis, «nulla è casuale, la comunicazione risponde a una strategia, come hanno insegnato Al Qaeda e Daesh, e russi e ucraini. È un asse importante della guerra non più solo ibrida, ma cognitiva». […]
LA STRATEGIA
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Il target, secondo Lombardi, è vario. […] Qualcuno potrebbe chiedersi perché mai un miliziano di Hamas dovrebbe mostrare al mondo i crimini orrendi che è in grado di commettere, non rischia di provocare una reazione? «Per alcuni la strategia sembra tafazziana: ma come, proprio voi fate vedere quel che combinate? Per altri osserva Lombardi il senso è un altro: guardate, stiamo facendo le stesse cose che altri hanno fatto a voi. Questa strategia comunicativa, alla fine, non conquista nuovi "mercati" ma li consolida. Ed è su questo che gioca Hamas e si rafforza».
Quello che ha fatto è «puro terrorismo, ma in una guerra cognitiva in cui il terrorismo è un attore, legittimato nel senso che le sue pratiche sono riconosciute come frequenti nel conflitto e se ne deve tenere conto». L'analisi di Lombardi è spietata. […]
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Il problema di comunicazione per Israele è un altro: «I morti fanno parte della guerra, gli ostaggi no, qui sta la tragedia. Gli ostaggi sono stati cercati, c'è una strategia. […]». L'unico paragone è forse con gli ostaggi occidentali di Saddam che carezzava la testa dei bambini davanti alle telecamere. Ma in quel caso gli occidentali erano rimasti intrappolati a Baghdad.
«Qui si sono tirati su i ragazzi dal rave e le famiglie dai kibbutz. Questi ostaggi portano dentro la guerra la dimensione del terrorismo e non più degli eserciti». E questa è la ragione per cui giustificare la violenza di Hamas con quanto i palestinesi hanno subito è inaccettabile. «Se non vogliamo incorporare il terrorismo come strategia di guerra spiega il professore della Cattolica non possiamo legittimarlo in nessun modo, significherebbe azzerare il diritto internazionale e le convenzioni di Ginevra, e le entità mediatrici come la Croce Rossa».
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Sostenere che dobbiamo capire chi commette quelle atrocità «per ciò che hanno subito, vivere in un posto infernale come Gaza, è una argomentazione di parte, ideologica, incompetente, fatta da chi ha scelto di essere dalla parte dei terroristi in maniera affettiva, ingenua, oppure, peggio, consapevole».[…]
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