1. «No ai nudi nelle opere liriche. Le provocazioni? Pericolose»
Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"
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È lei, Asmik Grigorian, 39 anni, lituana, la protagonista a Salisburgo nell'anno del centenario del Festival e del Coronavirus: canta nell'Elektra di Strauss che si replica il 24, e nella Nona di Beethoven appena diretta da Riccardo Muti. Il pubblico (da 2200 a 1100 nella sala grande) doveva mostrare che il documento d'identità corrispondesse a quello nominativo sul biglietto, poi gli annunci continui sulle norme, via il florido merchandising, e il coro cantava dietro il plexiglass.
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Alla fine standing ovation per Muti che lavora con i Wiener da 50 anni ma è la prima volta che li dirigeva nella Nona di Beethoven, mentre per Asmik era il debutto assoluto: «Canto poche frasi e non avevo idea di come fare, ma avere Muti accanto a Ferragosto a Salisburgo è come essere a Pasqua a Roma con il Papa».
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Nel 2019 ha vinto il premio della critica come miglior soprano, in Italia, Austria e Germania. Il salto per lei è avvenuto qui, due anni fa, nella Salome «di» Romeo Castellucci
«Sentivo la responsabilità, non volevo farla sanguinaria ma piangente, sulla testa che ha voluto far mozzare, quella dell'uomo di cui era infatuata. Io cresco accanto ai miei ruoli, da loro apprendo gli errori dell'essere umano. E posso vivere tante vite in scena. Mi chiedo sempre: cosa farei io, al posto di quelle donne, se mi trovassi in situazioni così drammatiche?».
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Da giovane Asmik ha avuto una crisi vocale
«Succede a centinaia di colleghi, ma pochi lo dicono. Cantavo troppo, e in ruoli troppo impegnativi. Mi sono detta: sei diventata mamma prima di cominciare a cantare. Ora sei inciampata. Ricominciai da capo. Non ho ascoltato i consigli dei miei genitori, Gehamas Grigorianas e Irene Milkeviciute, che sono stati cantanti famosi, si erano conosciuti all'Accademia della Scala. A 20 anni chi ascolta i consigli dei genitori?».
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Ma lei suo padre lo ama, ne parla sempre
«Ero all'Opera di Roma, cantavo nel Trittico . Dissi al teatro che mio padre stava morendo e andavo al capezzale, di trovarmi una sostituta. Morì tra le mie braccia il giorno che arrivai a Vilnius. Dissi al direttore artistico Alessio Vlad: dammi una settimana e sarò a Roma alla prima di Puccini. Così andò».
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Dicono che fosse incinta
«Ero al sesto mese, cantavo Suor Angelica , messa in convento per punizione, parla della figlia illegittima che muore, e mi immedesimavo. A Roma cantai anche Madama Butterfly, che sarà il mio prossimo impegno all'Opera di Vienna, è il personaggio che preferisco perché mia madre era incinta di me mentre lo interpretava. In Italia torno nel 2022 alla Scala per La Dama di Picche diretta da Gergiev. Anche questo è un titolo che amo, fu mio padre il primo a trovare un taglio più lirico».
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Ha detto che lei più costumi mette e più diventa piccola in scena
«Non è questione di nudo, sono madre di due adolescenti, viviamo nell'era di Internet e non mi sembra il caso. Molte colleghe sanno come indossarli, i costumi aiutano a costruire il personaggio. A me, accade il contrario. L'opera è un genere che cambia e deve rispecchiare la propria epoca, anche se i registi con certe richieste provocatorie possono distruggere i cantanti più giovani».
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Com' è la sua Elektra?
«Io sono Crisotemide, è difficile, ogni volta cerco colori diversi mentre lei è sempre isterica, è più fortunata Elektra, Ausrine Stundyte: protagoniste due lituane, non è buffo? Ausrine ha studiato con mia madre».
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Lei ha il senso delle radici
«Ne sono orgogliosa».
I suoi genitori le hanno parlato del comunismo?
«Papà era armeno, cercò di scappare senza riuscirvi. Per dieci anni a causa del regime sono stati senza poter uscire dalla Lituania. Mamma mi ha insegnato la disciplina; papà che prima viene la vita, poi il canto».
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2.La parità di genere nel mondo della musica lirica? Lontana anni luce
Da "www.lastampa.it"
La parità di genere nel mondo della musica lirica? Lontana anni luce. Lo sottolinea Marianna Pizzolato, mezzosoprano di fama internazionale, 43 anni, palermitana. Nel curriculum esibizioni in mezzo mondo, l'ultima ieri nella Giovanna d'Arco al Rossini Opera festival di Pesaro, la prossima a ottobre al San Carlo di Napoli, dove calcherà le scene dello Stabat mater rossiniano.
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Ma nel suo bagaglio professionale Pizzolato ha anche numerose esperienze di discriminazione legate al genere e all'aspetto esteriore. «Sono in sovrappeso e più di un regista mi ha escluso dal ruolo che avrei dovuto interpretare proprio per questo motivo, dicendolo espressamente», racconta. Una situazione che l'ha spinta, lo scorso giugno, a candidarsi nel direttivo dell'Assolirica, associazione che rappresenta artisti italiani e non solo, che si prefigge, tra gli altri, l'obiettivo di tutelare la figura femminile da molestie e disparità.
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E a Giangiorgio Satragni - in questi giorni criticato, in primis dalla scrittrice Michela Murgia, per il suo intervento sulle pagine del nostro giornale sulla direttrice d'orchestra Joana Mallwitz («fa esattamente quello che farebbe un uomo, l'orecchio non percepisce differenza» la frase presa di mira) - risponde così: «Giusto criticare, laddove serve, ma è solo di musica che si deve parlare. Saremo comunque pronti ad accogliere Satragni in Assolirica per aprire un dibattito». Il confronto: è proprio di questo che, per Pizzolato, si ha bisogno per superare certi pregiudizi e dare il colpo di grazia al sessismo.
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Ma quanta strada ancora da fare «A volte, per le caratteristiche tecniche della mia voce, mi capita di fare ruoli da uomo», racconta la mezzosoprano. «Nel 2003 a Parigi dovevo interpretare il Serse di Händel, ma, quando mi vide, il regista disse: "Farò in modo che tu mi vada bene, ma il tuo collo non è adatto perché non abbastanza longilineo, avrei preferito una figura slanciata". E io all'epoca ero già affermata nel mio lavoro. Più di recente, nel 2015, mi sono trovata in un festival importante italiano: avevo già il contratto di ingaggio, ma il regista me lo fece togliere perché io non corrispondevo ai suoi canoni di bellezza.
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Episodi come questi fanno capire quanto valore eccessivo si dia al fattore estetico, cosa che sembra valere solo per le donne, molto meno per l'uomo. Un maschio in carne va bene, nessuno gli fa osservazione. A una donna no, non si perdona. In più di un teatro europeo mi è capitato di sentire il direttore artistico dire di non volere sul palco taglie oltre la 44. Il body shaming (derisione del corpo, ndr) e purtroppo anche le molestie sono fenomeni diffusi nel mondo della lirica». Per non parlare di cantanti e direttrici di orchestra scoraggiate dal mettere su famiglia.
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«Due anni fa ho adottato due bambine siberiane, un'esperienza stupenda», racconta Pizzolato. «La mia agente mi ha sempre spronato a coltivare la vita privata e il mio desiderio di maternità. Ma alcune colleghe si sono confidate con me, rivelandomi di essere state ostacolate nelle proprie scelte personali proprio da agenti. A una di loro è stato detto: "Se vuoi fare un figlio, non puoi venire nella mia agenzia". Lo trovo atroce. Vogliamo essere considerate non solo come artiste, ma anche come persone. Il messaggio musicale dovrebbe venire prima di ogni altra cosa. Tuttavia, molto spesso non è così, più in Italia che all'estero».
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E non è un caso che le direttrici d'orchestra donne siano numericamente inferiori e molto meno note degli uomini.
«Ciò dipende dal fatto che hanno meno opportunità di emergere», riflette la cantante, «solo perché nell'immaginario collettivo la bacchetta deve essere in mano a un uomo. E questo è un modo di pensare molto italiano: in Francia, Germania, Austria e anche negli Stati Uniti è molto più facile trovare direttrici donne. Io ho lavorato con Keri-Lynn Wilson e Speranza Scappucci con cui mi sono trovata benissimo perché siamo andate al di là del genere, abbiamo pensato solo alla musica. Cosa che dovrebbe fare anche Satragni, che è scivolato su un tema importante, che non può e non deve essere trattato con leggerezza».
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Ma c'è qualcosa che le donne possono fare per contrastare le discriminazioni? Risponde la mezzosoprano
«Devono semplicemente essere donne, punto. Non devono fare molto di più di quello che già facciamo: essere noi stesse. Studiare, impegnarsi al massimo, fare bene, dare il meglio. Niente di speciale, solo lavorare con passione e convinzione. Cosa che dovrebbero fare tutti, al di là di tutto. E auspico che da qui a 50 anni qualcuno riconosca una donna come migliore al mondo», ironizza la cantante, «anzi facciamo tra dieci, voglio essere ottimista!».