"Sono una persona normale, un'abitante di Mosca, ho due figli che tiro su da sola. Possiamo dire che ho più paura per loro che per me stessa. Ho paura che troveranno un'aggressione verso di loro a scuola, o verranno bullizzati."#MarinaOvsyannikova, da Mosca, a #CTCF pic.twitter.com/u7Wzk6Rlu1
— Che Tempo Che Fa (@chetempochefa) March 27, 2022
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Irene Soave per il “Corriere della Sera”
«Ma certo che ho paura. Sono una persona normale, un'abitante di Mosca, ho due figli che tiro su da sola e ho paura più per loro che per me stessa. Potrebbero aggredirli a scuola, o per strada...»
Quando la sera del 14 marzo, in prima serata, ha fatto irruzione nello studio del tg del Canale Uno con un cartello di protesta con lo slogan «No War», la giornalista russa Marina Ovsyannikova sapeva che la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
Marina Ovsyannikova
Eppure, ha raccontato ieri sera a Fabio Fazio, alla cui trasmissione Che tempo che fa era ospite in collegamento dalla Russia, «volevo far sapere al mondo che molti russi sono contro la guerra». Le conseguenze penali del gesto sono da stabilire: Ovsyannikova rischia fino a 15 anni di carcere. Quelle sulla sua vita, racconta al pubblico di Rai3, sono iniziate subito.
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Dal lavoro (era giornalista per il Canale Uno, lo stesso dove ha inscenato la sua protesta) «più nessuno si è fatto sentire. Le persone su cui contavo sono scomparse. Ho incontrato altre persone, più affini a me. Ma certo mi sento sola».
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Quando è tornata nel parcheggio dello studio tv per riprendere la sua auto, «ho trovato le gomme bucate e il motore che non funzionava. Penso sia stata proprio la sicurezza del canale tv». Ma non può saperlo: nell'emittente è ora «vietato fare il mio nome, e parlare dell'episodio, e ora per sicurezza il tg va in onda con un minuto di differita». Del resto, racconta la giornalista, che è nata a Odessa, «quando è iniziata la guerra avevo deciso che mi sarei licenziata, perché i miei punti di vista non corrispondevano alla linea editoriale. Volevo protestare in piazza ma vedevo che la gente non riusciva a tirare fuori i cartelloni, così ho avuto un'idea diversa».
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Ora, prosegue, «la mia vita è un thriller, non so cosa succederà. Mi accusano di essere una spia britannica; l'Ucraina crede che io sia un agente dell'Fsb; la mia figura è circondata da teorie del complotto e abbastanza screditata.Vivo alla giornata e forse è meglio».
Che non lascerà la Russia lo ha sempre detto, «sono una patriota e mio figlio lo è ancora di più, si sta preparando a entrare all'Università, ed è adesso che il nostro Paese ha più bisogno di noi. Se tutte le persone ragionevoli, colte, preparate, lasciano la Russia, chi rimane?».
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Molti russi, riprende, confermando che il suo gesto serviva «a far capire che i russi non vogliono la guerra», soffrono «insieme agli ucraini, anche perché la russofobia nel mondo è arrivata a livelli altissimi. Delle sanzioni soffrono non solo le élite e gli oligarchi, ma anche la gente semplice. Invece bisogna cercare il dialogo con la Russia.
Quando i teatri d'Europa bandiscono Valery Gergiev (il direttore d'orchestra vicino a Putin e respinto alla Scala, ndr ) è un approccio sbagliato, perché è proprio con la cultura che lo ripristiniamo questo dialogo».
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