Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
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Mario Draghi e il suo governo hanno fatto e continueranno a fare «tutto il possibile» per portare avanti le riforme e per far arrivare al più presto sostegni e ristori nelle tasche dei cittadini e nelle casse delle aziende in difficoltà.
Ma adesso, con il secondo decreto Aiuti bloccato al Senato e il terzo che rischia di impantanarsi ancor prima del via libera del governo, fonti della presidenza del Consiglio allontanano anche la più piccola, possibile ombra da Palazzo Chigi: «Ora è tutto nelle mani del Parlamento».
Dietro la gelida formula c'è l'ira di Draghi verso le pretese elettorali dei partiti. In Consiglio dei ministri il monito del premier è stato a dir poco severo. «Gli emendamenti ai decreti in fase di conversione non possono e non devono essere al servizio di interessi di parte», è stato in sostanza il richiamo dell'ex presidente della Bce.
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Se ha raccomandato ai ministri di «fare attenzione» è perché è preoccupato (e molto) per le forme di ostruzionismo «che rischiano di rallentare l'arrivo delle risorse alle famiglie e alle imprese», gravate dagli aumenti insostenibili delle bollette energetiche. Draghi non cerca la polemica, anzi la rifugge, ma i ministri che hanno partecipato alla riunione delle 15 a Palazzo Chigi non hanno dubbi: il richiamo era rivolto al M5S, accusato dagli avversari politici di aver bloccato a Palazzo Madama il decreto Aiuti bis in nome del Superbonus edilizio 110%.
GIUSEPPE CONTE E LA DEPOSIZIONE DI DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI
In particolare, la seccata ramanzina di Draghi aveva al centro un emendamento dei 5 Stelle che, se approvato, farebbe cadere la retroattività del divieto di modificare per via unilaterale i contratti per le forniture energetiche, divieto stabilito dal governo nel dl Aiuti bis: quindi i «soggetti di parte» che potrebbero essere favoriti sono le grandi imprese dell'energia elettrica.
Ai sospetti e alle accuse di quanti gli rimproverano di bloccare i soldi che gli italiani aspettano, Conte ha risposto con rabbia che «è una falsità vergognosa» perché il decreto è già in Gazzetta ufficiale. Vero, ma il timore di Draghi e di diversi ministri è che non si riesca a convertirli in Parlamento entro il 25 settembre, con l'infausto esito di far decadere i decreti Aiuti.
tweet sulla crisi del governo draghi 4
Il disappunto del presidente del Consiglio riguarda anche la notizia, arrivata a metà pomeriggio, che la prima fase parlamentare del nuovo decreto Aiuti - il terzo, che vale 13 miliardi - sarà anch' essa rallentata. La relazione elaborata ieri in Consiglio dei ministri sarà approvata martedì al Senato e giovedì alla Camera, un ritardo che autorizza il premier a stupirsi per la quotidiana urgenza sbandierata dai leader, che invocano finanziamenti per alleggerire le bollette delle imprese gasivore ed energivore e delle famiglie più povere.
Un altro elemento di sorpresa che rimbalza nelle stanze di Palazzo Chigi è la reazione di Fratelli d'Italia. Il partito di Giorgia Meloni ha fatto sapere che, se il Parlamento non approverà al più presto il secondo decreto Aiuti, loro non voteranno la relazione del terzo provvedimento: una mossa che gioca a favore del governo.
GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI
A spiegare l'allarme che Draghi ha lanciato in Cdm è anche la ferma volontà di concludere al meglio il suo mandato con un «ordinato passaggio di consegne». Il premier vuole «fornire al nuovo governo un quadro organico delle attività in corso, degli adempimenti e delle scadenze ravvicinate».
Vuol chiudere il mandato in assoluta trasparenza, trasmettendo a chi prenderà il suo posto e ai ministri dell'esecutivo che verrà «tutte le informazioni utili al pronto esercizio delle proprie funzioni». Parole, ma non solo. Perché il passaggio della campanella con il prossimo o la prossima premier non sia un mero atto formale, Draghi ha chiesto a Roberto Garofoli di coordinare la chiusura dei dossier per garantire «la massima continuità». Ogni ministro dovrà individuare una figura incaricata di indicare al sottosegretario priorità e urgenze del dicastero in questione. «È il metodo Draghi - spiega un ministro -. Siamo in una fase di emergenza e perdere tempo non si può».
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