STRETTA DI MANO TRA MONTI E BERLUSCONI
Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera” - Estratti
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Perché ha intitolato il libro «Demagonia»?
«Volevo una parola che non esistesse, ho controllato pure su Google e ChatGpt. Demagonia indica che la demagogia e il populismo possono portare all’agonia e alla morte della democrazia. E anche i “demoi”, i popoli, possono morire».
In copertina c’è il pifferaio di Hamelin, che si trascina dietro i topolini portandoli ad annegare.
«Non si salvano le nostre democrazie con i governi molli. La politica non può cercare i voti svendendo lo Stato».
MARIO DRAGHI MARIO MONTI
A cosa si riferisce?
«Si compra il consenso con misure che costano moltissimo, o che riservano un privilegio a danno degli altri cittadini».
Mi faccia un esempio di privilegio.
«La corporazione dei balneari paga allo Stato cifre irrisorie, e in assenza di liberalizzazioni può alzare le tariffe ai clienti. Vale anche per i tassisti, e per cose più importanti. Per usare il linguaggio di Berlusconi, lo Stato permette a certe categorie, in cambio dei loro voti, di mettere le mani nelle tasche di altri cittadini, non protetti da corporazioni. Se non altro, la prima e la seconda scarpa Achille Lauro le pagava di tasca propria. Oggi i partiti comprano voti con i soldi dello Stato».
Altri esempi?
MARIO DRAGHI E MARIO MONTI
«Il Superbonus. Una patrimoniale al contrario: si tassano i contribuenti a favore dei proprietari di immobili. Oppure si aumenta il debito pubblico, quindi sulle spalle dei nostri figli e nipoti. E non è stato un errore soltanto del governo Conte».
Lei di patrimoniali è considerato un grande esperto.
«Un’imposta sui patrimoni c’è in quasi tutti i Paesi. A dispetto dei proclami, l’Imu che fu necessario introdurre nel 2011 è grosso modo ancora in vigore. Ma quando Enrico Letta ha proposto una modesta tassa di successione per aiutare gli studi dei giovani dei ceti popolari, il premier disse che era il momento di dare, non di prendere».
Il premier era Draghi. Ce l’ha con lui?
DRAGHI MONTI 2
«Ho sempre riconosciuto a Draghi grandi meriti. È vero che a volte l’ho criticato, sulla politica monetaria della Bce o su alcune scelte del suo governo, con la stessa libertà che, da quando scrivo sul Corriere , ho usato con i banchieri centrali da Carli in poi e con tutti i governi. Se quando io dissento da Draghi si nota di più, forse è perché in Italia quasi nessuno si permette di farlo. Ma quando si esprimono valutazioni sulle politiche pubbliche, si può certo sbagliare ma si ha il dovere di essere imparziali. Certo, un dissenso espresso nei confronti di una personalità autorevole e potente “costa” di più a chi lo pronuncia».
EDOARDO BARALDI MONTI E BERLUSCONI CANE GATTO TIGRE
Lei nel libro scrive di aver dovuto «somministrare agli italiani un pasto sgradevole che porta il mio nome, anche se è stato cucinato in collaborazione da Draghi e da Berlusconi». A cosa si riferisce?
«La lettera del 5 agosto 2011, firmata dal presidente della Bce Trichet e dal suo erede designato Draghi, imponeva al governo di raggiungere il pareggio di bilancio già nel 2013, non più nel 2014 come per gli altri Paesi. Berlusconi approvò quella richiesta così dura, pur senza essere in grado di rispettarla. Infatti la sua maggioranza si sfasciò sulla riforma delle pensioni, che peraltro era un’esigenza sacrosanta. Quindi il compito toccò a me».
E faceste il pasticcio degli esodati.
«Quello fu un errore. Ma la riforma fu varata in pochi giorni, in un clima drammatico, con lo spread a livelli mai raggiunti né prima né dopo. E una soluzione poi fu trovata. Non a caso, a dispetto dei proclami di Salvini e di altri, la riforma Fornero è ancora lì».
Intervistai Berlusconi il giorno in cui lasciò Palazzo Chigi, e mi parve sollevato.
DRAGHI MONTI
«Sollevato, ma anche addolorato. Avevo avviato le consultazioni, sentito Alfano, Bersani, Casini, ma mi pareva giusto parlare anche con lui. Lo cercai e mi invitò a pranzo a Palazzo Chigi. Ci davamo ancora del lei, solo dopo siamo passati al tu. Mi disse: le do un solo consiglio: non prenda l’attuale ministro dell’Economia».
Tremonti.
«Risposi che la questione non si poneva, Napolitano preferiva che io assumessi anche la responsabilità del ministero dell’Economia, con Vittorio Grilli viceministro. Però Berlusconi aggiunse: “Per il resto, la mia squadra è la migliore possibile, e gliela metto tutta a disposizione”».
mario monti e mario draghi considerazioni finali ignazio visco 2023
E lei?
«Mi pareva di parlare con il presidente di una società di calcio, che impone al commissario tecnico (termine appropriato, in questo caso) di non cambiare la rosa. Per fortuna a Berlusconi squillò il cellulare, e si allontanò. Rimasero Alfano e Letta, a capo chino per l’imbarazzo, a guardare la tovaglia. Quando Berlusconi tornò, dissi che il presidente della Repubblica si attendeva una forte discontinuità. Anche se poi i partiti mi negarono alcuni ministri che avrei voluto».
mario draghi mario monti 3
Quali?
«Amato era disponibile per gli Esteri. Gianni Letta sarebbe stato un prezioso ministro (salvo che alla Giustizia, per ovvie ragioni). Proposi gli Interni a Maroni; mi rispose che la Lega sarebbe andata all’opposizione. Avrei visto bene Brunetta continuare alla Pubblica amministrazione; ma non potei neppure chiederglielo. I partiti non volevano loro uomini in un governo destinato all’impopolarità».
Berlusconi però la sostenne.
MARIO MONTI A PORTA A PORTA E DIETRO LIMMAGINE DI SILVIO BERLUSCONI
«Sì. E certo non credeva alla teoria che poi ha fatto diffondere, quella del golpe contro di lui. Anzi, nel febbraio 2012 sul Giornale rivendicò il merito di aver indicato lui a Napolitano il mio nome. E nell’ottobre 2012 mi propose di guidare il centrodestra alle elezioni».
Lei cosa rispose?
«Che apprezzavo la proposta, e probabilmente avremmo vinto. Ma che, fino a quando Berlusconi fosse stato in vita, nessuno avrebbe potuto guidare il centrodestra al di fuori di lui. E poi avevamo idee troppo diverse».
Perché?
«Nel 1994 Berlusconi l’ho pure votato. E scrissi un articolo sul Corriere in cui auspicavo un liberismo disciplinato e rigoroso. Non abbiamo avuto né il liberismo, né il rigore».
mario draghi mario monti 3
Non sapevo che avesse votato per Berlusconi.
«E non ho mai sbraitato contro di lui. Però ho risolto una crisi che aveva contribuito a provocare; ho rifiutato la sua offerta di guidare il centrodestra; il mio governo ha varato la legge che, nonostante non fosse certo pensata per lui, lo costrinse a lasciare il Senato; gli ho impedito di diventare presidente della Repubblica. E malgrado questo abbiamo sempre avuto buoni rapporti».
Rifarebbe la scelta di fondare un partito e candidarsi alle elezioni del 2013?
MONTI DA DARIA BIGNARDI
«Ero convinto che fosse la cosa da fare nell’interesse generale, non certo nel mio. E così è stato. Capisco che mettere l’interesse generale davanti a quello personale sia considerato dai media un segno di imperdonabile ingenuità. Conosco l’argomento: se non mi fossi candidato, sarei diventato presidente della Repubblica. Rivendico di aver preso consapevolmente una decisione contro il mio interesse, e anche contro il parere di alcune tra le persone più care, per il bene del Paese».
Quali persone?
«Mia moglie era nettamente contraria. Mia figlia aveva tre bambini piccoli (di cui uno soprannominato Spread dalla maestra d’asilo) e proprio per questo, pensando al loro futuro, era favorevole al mio impegno. Mio figlio si fidava e rimetteva a me la decisione».
MONTI DA DARIA BIGNARDI
Anche Napolitano era contrario. «Penso di sì, ma nella sua grande discrezione non me l’ha mai detto».
Lei sarebbe diventato davvero presidente della Repubblica?
«Credo che, senza Scelta civica che sottrasse a Berlusconi una parte dei voti di centro, presidente della Repubblica sarebbe diventato lui. E non avremmo avuto né la rielezione di Napolitano, né Mattarella. Né, naturalmente, Letta, Renzi, Gentiloni».
Dopo il suo governo ci fu il boom di Grillo.
Draghi, Merkel e Monti
«Però nel 2013 i populisti non vinsero. Vinsero cinque anni dopo. Alcuni ci accusano di aver aperto la porta al populismo; è vero il contrario. Altri dicono che i tecnici hanno salvato l’Italia. Neppure questo è vero».
Cioè?
«L’Italia è stata salvata dagli italiani. Dirò di più, dalla politica italiana. Con la regia di Napolitano e con l’impegno dei miei ministri e mio, per un anno i partiti hanno saputo essere responsabili. Hollande ruppe l’asse franco-tedesco. Obama ci guardò con occhi diversi e esercitò anch’egli influenza sulla Merkel. Il “whatever it takes” di Draghi ci aiutò; ma non sarebbe bastata una frase a salvare l’euro e il nostro Paese, se non avessimo cambiato noi gli equilibri politici in Europa, togliendo l’assedio tedesco alla Bce».
Lei ebbe un rapporto molto stretto con Ratzinger.
giorgio napolitano e mario monti
«E il Papa mi aiutò. Ero angosciato dalla frattura che si era aperta tra la Germania, in particolare i bavaresi, e i popoli del Sud Europa, in particolare i greci e noi italiani. Gliene parlai, e Benedetto scrisse all’arcivescovo di Monaco, Reinhard Marx. Quell’intervento ebbe un certo effetto sulla Cdu tedesca e sulla Csu bavarese».
Ci fu anche un vostro siparietto sul Tg1.
«Stavo aspettando Benedetto a Castelgandolfo, ammirando il tramonto sul lago. Lui arrivò e disse: sembra un paradiso, vero? Risposi: ma lei Santità merita il Paradiso. Le telecamere colsero il dialogo. Avevo conferito il Paradiso al Papa».
giorgio napolitano mario monti 1
Il futuro come lo vede?
«Dovremmo recuperare una parola desueta: sacrifici. Davvero possiamo avanzare nell’integrazione europea, reggendo due guerre sulle nostre frontiere, senza sacrifici? L’Italia non si è fatta senza spargimenti di sangue: non sarebbe bastata la finezza di Cavour, è servito l’esercito piemontese, con i volontari, i garibaldini...».
Anche il Risorgimento è desueto.
«A me invece ha sempre emozionato molto. Un’emozione che ho condiviso con italiani come Spadolini e Ciampi. Ricordo le figurine che collezionavo da ragazzo, con i colori intensi delle giubbe, delle bandiere...».
Parlava di spargimenti di sangue.
«Oggi il quesito drammatico è: si potrà fare una vera Unione europea senza spargimenti di sangue? Quanto meno, servirà che i politici facciano sacrifici, compreso il più grande: non essere rieletti. Kohl perse le elezioni per difendere l’euro. Oggi lei vede un politico così?».
MARIO DRAGHI MARIO MONTI
Cosa pensa del premierato caro alla Meloni?
«Sono contrario, soprattutto perché ci priverebbe della possibilità di far nascere, in casi di emergenza, governi di unità nazionale. I governi nati con la fiducia più ampia del Parlamento, oltre l’80%, furono quello di Andreotti al tempo del terrorismo, il mio nell’emergenza finanziaria, e quello di Draghi al tempo del Covid».
Cosa dovrebbe fare la Meloni allora?
«Trovare un punto di intesa con Elly Schlein e Giuseppe Conte».
GIORGIA MELONI MARIO MONTI
Un governo insieme?
«No. Un accordo per un’Italia più moderna, competitiva e giusta, che metta tutti i giovani nella stessa posizione di partenza. Questo implica una tassazione progressiva: chi ha di più dia una proporzione maggiore; il contrario della flat tax».
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Se avesse scritto questo libro prima, non avrebbe dovuto prendere in braccio quel cagnolino in tv per dimostrare la sua umanità...
monti meloni
«Fu la conduttrice a buttarmelo in braccio. Ma lei non sa quanto i media mi hanno perseguitato con la storia del cane, per non dire del loden. Per anni ogni volta che entravo in un ristorante controllavo il guardaroba, e notavo con sollievo che c’erano altri loden. Allora perché proprio io? Non l’ho ancora capito».
Ma perché non ha scritto il libro prima?
«Perché sarei stato sulla difensiva. Occorreva che passassero dodici anni dal mio governo, per liberarmi da timidezze e risentimenti. E perché la gente si formasse un’idea su quel che altri hanno fatto dopo. E poi avverto il dovere di denunciare i rischi che corre il mio Paese».
giorgio napolitano mario monti GIORGIA MELONI MARIO MONTI