renato farina
Renato Farina per Liberoquotidiano.it
Che la Chiesa della Misericordia, nel suo braccio giudiziario, sia più giustizialista di quella italiana? E che sia propensa a maneggiare il diritto con la finezza di una monarchia assoluta? Così pare. Almeno considerando la sentenza della Corte di Cassazione che ha bocciato sonoramente le pretese del Vaticano di afferrare una signora per il collo, sbatterla in galera in Italia, e poi consegnarla alla gattabuia papalina.
CECILIA MAROGNA
Ieri i supremi giudici hanno infatti annullato senza rinvio, cioè senza possibilità di ricorso, l'ordine di carcerazione contro Cecilia Marogna, cittadina italiana, voluto da Oltretevere. Non è la prima sentenza che lo dice. Ma questa è definitiva e persino tagliente.
Cecilia Marogna e Becciu
La donna, 39 anni, era stata catturata ed era rimasta diciassette giorni a San Vittore, su mandato dei promotori di giustizia (i pm) Gian Piero Milano e Alessandro Diddi, i quali per ottenere questo provvedimento di custodia cautelare hanno trascurato il fatto che non esistono trattati di estradizione tra Italia e Città del Vaticano.
giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio
Non proprio un'inezia. È singolare che i magistrati milanesi abbiano bevuto l'ukase dei magistrati papali e messo le manette ai polsi senza che la legge lo consentisse e senza verificare la praticabilità giuridica di una misura che priva della libertà una concittadina, per conto di uno Stato straniero che non è stato in grado di citare alcuna clausola che lo consentisse.
coccia stringe la mano a papa francesco
Hanno fatto riferimento alla «Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione cui aderiscono Italia e Santa Sede». Cavoli a merenda. La Santa Sede non ha prigioni, non estrada nessuno. La Santa Sede non è la Città del Vaticano. All'esame per matricole di diritto canonico tornate più preparati, signori promotori di giustizia.
Questa faciloneria, con il discredito che ne sarebbe seguito, era apparsa subito evidente e pure indecente a chi frequenta le aule del Tribunale vaticano. Impossibile però sollevare la questione in pubblico, pena la scomunica. Per una volta clericali e anticlericali hanno fatto comunella. Il vento dell'opinione dominante è stato più forte di quello dello Spirito Santo.
La campagna diffamatoria dell'Espresso, culminata con l'omicidio morale del cardinale Angelo Becciu, trovava ovunque plauso. È allora che una certa tracotanza deve aver avuto la meglio, dentro le Mura Leonine, sulla santa prudenza. La pratica è stata così portata avanti con festosa baldanza dal dottor Diddi, arrivato sotto il Cupolone senza studi specifici di diritto canonico, carenza non banale, dato che quel codice è fonte primaria della legislazione del piccolo Stato.
CECILIA MAROGNA
Da mesi in Vaticano si ha la sensazione di trovarsi al Palazzo di Giustizia di Milano durante Mani pulite, con seguito di cronisti zelanti e adoranti. Che importa il diritto quando vince l'euforia delle manette? Prevale il farne udire il clangore metallico perché chi ancora ne è risparmiato lo intenda e parli. Non abbiamo elementi per discettare su colpevolezza o innocenza della Marogna.
Di certo vale, forse persino in Vaticano, la presunzione di innocenza e neppure i promotori di Sua Santità hanno l'autorizzazione divina per saltare come cervi le siepi del diritto internazionale.
Cecilia Marogna img
Un po' di cronaca. Il 13 ottobre finì a San Vittore un'avvenente sarda, battezzata già da giorni «dama di Becciu». Alla vigilia erano state fatte trapelare notizie di borse firmate e poltrone di lusso acquistate dalla Marogna con i soldi del Papa destinati ai poveri. Becciu! Borse di lusso! Soldi dei poveri! La strega vada al rogo, e al diavolo il diritto. In quel momento nessuno eccepì.
Luciano Carta
Ed appare singolare che nessuno - neppure al Copasir - abbia preso sul serio e interrogato sul punto «i due generali dell'Aise» cui la «studiosa di geopolitica» aveva fatto riferimento nei suoi colloqui con il Corriere della Sera, e il cui nome, con strano pudore, non era stato riferito dall'intervistatore Ferruccio Pinotti. In effetti la Marogna risulta essere collaboratrice dei servizi segreti italiani.
caravelli
Come tale la sua opera era stata messa a disposizione della segreteria di Stato della Santa Sede dall'allora capo dell'intelligence militare italiana (Aise), il generale Luciano Carta. Compito nobile: aiutare la liberazione di sacerdoti e suore ostaggi delle bande jihadiste in Africa. La stessa rassicurazione sulla credibilità di Cecilia in materia era stata fornita dal successore di Carta, il generale Giovanni Caravelli.
FERRUCCIO PINOTTI
Figure entrambe al di sopra di ogni sospetto. Perché la magistratura vaticana non li ha sentiti, e ha preferito operare l'arresto di una donna con apparato scenografico, peraltro senza sporcare il proprio bugliolo, ma quello della nostra Repubblica? Francesco, che non sopporta soprusi e violazioni dei diritti personali, si porrà certo qualche domanda, e troverà risposte conseguenti.
CECILIA MAROGNA
Ricordano in tanti come papa Bergoglio abbia spinto alle dimissioni il fedele comandante della gendarmeria, generale Domenico Giani, per le foto segnaletiche di funzionari e monsignori sospesi dal servizio, finite inopinatamente sui giornali, non certo per mano dell'onesto gendarme.
CECILIA MAROGNA CECILIA MAROGNA PAPA FRANCESCO BERGOGLIO DOMENICO GIANI CECILIA MAROGNA