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La Corte d'Appello di Firenze, presieduta dal giudice Angela Annese, ribaltando il primo grado del Tribunale di Arezzo, ha assolto, "perchè il fatto non sussiste", Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due 29enni di Castiglion Fibocchi imputati per la morte di Martina Rossi, la 20enne genovese precipitata dal terrazzo di una camera di albergo a Palma di Maiorca, in Spagna, il 3 agosto 2011.
alessandro albertoni e luca vanneschi
Nel giudizio di primo grado, il 14 dicembre del 2018, i giudici del Tribunale di Arezzo avevano inflitto ai due imputati una condanna a 6 anni di carcere riconoscendoli colpevoli di morte come conseguenza di altro reato e tentata violenza di gruppo, e stabilendo quindi una pena di 3 anni per ogni reato. Nell'udienza di oggi i giudici hanno respinto la richiesta di riaprire il dibattimento processuale andando subito a sentenza e sposando la versione della difesa: Martina si sarebbe buttata dal balcone dopo aver fumato uno spinello.
Morte di Martina Rossi: che cosa era successo
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A Palma di Maiorca erano le prime ore del mattino del 3 agosto 2011 quando l'urlo di una ragazza si levò squarciando il silenzio. Martina Rossi precipitò dal balcone della stanza 609 dell'hotel Santa Ana: fu soccorsa, ma i traumi riportati nell'impatto erano gravissimi e non le lasciarono scampo. La polizia spagnola, accorsa sul posto, valutò la tragedia come un gesto volontario. Per gli inquirenti era un suicidio. Ma i genitori di Martina non si sono mai arresi a questa versione e sono riusciti a far riaprire il caso.
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La 19enne era in vacanza con due amiche. Secondo la ricostruzione della Procura, al ritorno dalla notte in discoteca, Martina Rossi sarebbe salita in camera dei due giovani di Castiglion Fibocchi perchè nella sua stanza le amiche erano in compagnia degli altri due ragazzi della comitiva di aretini e avevano formato due coppie.
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Secondo l'accusa, la giovane sarebbe stata oggetto di un tentativo di stupro, come proverebbe il fatto che i pantaloncini le erano stati sfilati e non furono mai ritrovati, e come proverebbero i graffi al collo di Albertoni. Poi, sempre secondo il pm e i legali della famiglia Rossi, Martina avrebbe tentato una fuga disperata: vide il muretto sul balcone che separava la stanza dei due giovani da un'altra e lo considerò la via di fuga ideale, ma in preda alla paura successiva all'aggressione e tradita dalla miopia (non aveva gli occhiali in quel momento), perse l'equilibrio e cadde nel vuoto, quasi sulla verticale del muretto stesso.
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Il muretto che separava le due camere, un divisorio di circa un metro di altezza e quaranta centimetri di larghezza, secondo i legali della difesa, Stefano Buricchi e Tiberio Baroni, avvocati rispettivamente di Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, sarebbe stata, invece, la prova del suicidio della giovane perchè - questa è la tesi sostenuta durante tutto il dibattimento - poteva essere scavalcato con facilità, e se Martina Rossi avesse voluto scappare, avrebbe potuto farlo senza grosse difficoltà.
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Secondo il sostituto procuratore generale Luciana Singlitico, che aveva chiesto la condanna a 3 anni ciascuno per i due giovani per tentata violenza sessuale di gruppo, Martina sarebbe caduta dal terrazzo nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale.
Morte di Martina Rossi: assolti in appello due giovani aretini
La prima presidente di sezione della Corte d'Appello, Angela Annese, per evitare che anche il secondo reato di cui erano accusati gli imputati cadesse in prescrizione, che dovrebbe scattare a fine anno, aveva anticipato al 10 febbraio scorso l'udienza, che era prevista inizialmente per il settembre prossimo.
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Nell'udienza del 17 febbraio gli avvocati difensori dei due ventenni avevano chiesto alla Corte di riaprire l'istruttoria e assolvere gli imputati. Albertoni e Vanneschi avevano rilasciato dichiarazioni spontanee per ribadire la loro innocenza. Albertoni sostenne in quell'occasione che la ventenne genovese si sarebbe buttata dal balcone perchè in stato confusionale dovuto all'assunzione di droga. "Avevamo fumato una canna" e "Martina non sapeva dove si trovasse né cosa stesse facendo", disse l'imputato.
Nell'udienza di oggi i giudici hanno respinto la richiesta di riaprire il dibattimento processuale andando subito a sentenza e sposando la versione della difesa.