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    MARTINA ROSSI È MORTA TENTANDO DI FUGGIRE DA UNO STUPRO: LA CORTE DI CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA A TRE ANNI PER VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO PER ALESSANDRO ALBERTONI E LUCA VANNESCHI. PER ACCERTARE LA VERITÀ SULLA MORTE DELLA VENTENNE, PRECIPITATA DAL BALCONE DI UN HOTEL DI PALMA DI MAIORCA, CI SONO VOLUTI DIECI ANNI E CINQUE PROCESSI - IL SECONDO ADDEBITO (MORTE IN CONSEGUENZA DI ALTRO DELITTO) È STATO PRESCRITTO…


     
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    Marco Gasperetti per www.corriere.it

     

    MARTINA ROSSI MARTINA ROSSI

    Ci sono voluti dieci anni e cinque processi per capire come e perché è morta Martina Rossi, la ragazza genovese di 20 anni precipitata il 3 agosto del 2011 dal balcone del quinto piano di un hotel di Palma di Maiorca dove stava trascorrendo pochi giorni di vacanze insieme a delle sue amiche. Martina non si uccise, ma morì tentando di fuggire disperatamente da uno stupro.

     

    La sentenza

    alessandro albertoni e luca vanneschi alessandro albertoni e luca vanneschi

    I giudici della Corte di Cassazione, dopo due ore di camera di consiglio, hanno confermato la condanna a tre anni di carcere nei confronti di Alessandro Albertoni, campione di motocross, e dell’artigiano Luca Vanneschi, due trentenni di Castiglion Fibocchi (Arezzo) già condannati in primo grado a 6 anni dal tribunale di Arezzo, poi assolti in appello dai giudici fiorentini e infine, dopo una sentenza della Cassazione, tornati al giudizio di secondo grado e nuovamente condannati dalla Corte d’Appello di Firenze a 3 anni.

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    I giudici della Suprema Corte hanno accolto le richieste della procura generale confermando la pena di 3 anni per tentativo di violenza sessuale di gruppo. Che era soltanto uno dei due reati per i quali erano stati rinviati a giudizio, perché il secondo addebito (la morte di Martina in conseguenza di altro delitto, ovvero il tentato stupro) che era stato riconosciuto in primo grado è stato prescritto. Anche la tentata violenza sessuale sarebbe andata in prescrizione il 16 ottobre se non fosse arrivata la sentenza.

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    «Giustizia è stata fatta, finalmente — ha commentato Bruno Rossi, il padre di Martina —. Io e mia moglie non volevamo vendetta, ma solo verità. Nessuno mi potrà restituire mia figlia, nessuno potrà alleviare il nostro dolore eterno. Però adesso Martina ha racquistato la dignità che si merita dopo tutto il fango che le hanno tirato addosso e potremo ricordarla nel modo migliore».

     

    IL PADRE DI MARTINA ROSSI IL PADRE DI MARTINA ROSSI

    Durante la requisitoria, il procuratore generale, Elisabetta Cennicola, aveva chiesto la conferma della sentenza del secondo processo d’Appello e cioè la condanna a tre anni di carcere per tentativo di stupro ad Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.

     

    L’ipotesi del suicidio

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    La pg aveva poi ribadito che Martina Rossi non si uccise (questa una delle tesi della difesa) ma precipitò dal balcone al quinto piano di un hotel di Palma di Maiorca dove era in vacanza con alcune amiche, perché «tentava di fuggire da una violenza di gruppo».

     

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    Il magistrato inquirente aveva accettato completamente le ricostruzioni dei processi di primo e secondo grado che avevano stabilito che «la compresenza» dei due imputati nella stanza d’albergo di Palma di Maiorca, «influì negativamente» sulla reazione di Martina, che si sentì in uno stato di soggezione e impossibilitata a difendersi e scelse la via di fuga più difficile».

     

    Non quella della porta ma quella fatale del terrazzo scavalcando la balaustra. «Ma solo per fuggire e non con intento suicidario».

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    La difesa si è battuta per l’assoluzione cercando anche di rinviare l’udienza con alcuni cavilli giudiziari non riconosciuti dalla Corte.

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