MASSIMILIANO CESARI
Diana Romersi per il “Corriere della Sera”
«Passo le notti nel furgone per proteggere le mie pecore», racconta Massimiliano Cesari, 46 anni, pastore da sempre. Lungo i campi collinari del parco di Veio, in zona Giustiniana, a ridosso del Grande raccordo anulare le visite dei predatori si fanno sempre più frequenti.
MASSIMILIANO CESARI
«Negli ultimi due mesi abbiamo avvistato i lupi almeno dieci volte, anche branchi da cinque animali, l'ultima sortita c'è stata sabato scorso», dice Cesari mentre mostra il furgone allestito per la notte. La coperta a scacchi grigio-arancione è piegata sul cruscotto, vicino al cuscino prestatogli dal figlio: «Mi ha detto "Papà così stai più comodo", ma si può fare questa vita? Se non si troverà una soluzione dovrò chiudere».
MASSIMILIANO CESARI
Poco distante dal gregge, nel cono d'ombra del fondo valle, sembra che qualcuno si sia divertito a farlo a brandelli un cuscino. «Ecco cosa rimane», dice il pastore sollevando il campanaccio di ferro estratto da un batuffolo di lana. L'allevamento conta 2mila ovini allevati allo stato semi-brado, come vuole la filiera d'eccellenza italiana.
MASSIMILIANO CESARI
Qui si produce latte per il pecorino romano Dop (Denominazione di origine protetta) e agnello Igp (Indicazione geografica protetta). «Le reti anti-lupo funzionano per piccoli appezzamenti di terreno, non su 300 ettari di pascolo», spiega il pastore. Anche i cani non sono sempre la soluzione: «Il gregge è diviso in più gruppi e ne rimane sempre qualcuno scoperto, i cani non sono radiocomandati».
MASSIMILIANO CESARI
Cesari racconta che da novembre 2019 le pecore uccise dai lupi sono state almeno 50.
«Ma saranno di più - dice - Cinquanta sono gli esemplari ritrovati con segni evidenti dell'aggressione». Poi ci sono i «danni collaterali», che sono i più ingenti: «Le pecore che vivono lo stress dell'attacco producono meno latte, ci vogliono 15 giorni per ritornare alla normalità».
MASSIMILIANO CESARI
E se il lupo torna prima, si ricomincia daccapo. «In passato una pecora mi produceva in un anno fino a 3 quintali e mezzo di latte, adesso la media è scesa a 2 quintali e mezzo». Conti alla mano la perdita economica annuale «si aggirerebbe intorno ai 150mila euro». «Purtroppo sono numerosi gli allevatori dell'hinterland romano costretti a prendere provvedimenti estremi, come quello di dormire in auto, per proteggere il gregge», spiega Niccolò Sacchetti, presidente Coldiretti Roma.
MASSIMILIANO CESARI
Il Lazio è la seconda regione italiana per latte prodotto, dopo solo la Sardegna. Gli allevamenti ovinocaprini registrati nel territorio regionale risultano oltre 10mila. «Servono dei provvedimenti urgenti per ripristinare una situazione di normalità e tutelare prodotti di pregio. In un momento così delicato per il settore agricolo, ulteriormente gravato dopo la pandemia anche dalle ripercussioni del conflitto in Ucraina, abbiamo il dovere di tutelare il Made in Lazio». A farsi portavoce delle aspettative dei colleghi è lo stesso Cesari: «Non vogliamo che i lupi vengano abbattuti - chiarisce l'allevatore - ma solo che il problema venga gestito adeguatamente, cosa che al momento non accade, come succede per i cinghiali».