Gaia Piccardi per il Corriere della Sera
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massimiliano pani mina
Massimiliano Pani, 60 anni, figlio dell’amore — e del peccato — tra un grande attore sposato (Corrado Pani) e una grandissima cantante (Mina), nato nel ’63 quando il divorzio non c’era, compositore, arrangiatore, produttore.
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Come è fatta una bella canzone?
«Non va spiegata: devono capirla tutti, dal filosofo all’operaio, uomini e donne, grandi e piccoli. Deve far leva su sentimenti universali, trasversali, globali. Deve avere forte la musica, poi arriva il testo. I brani che hanno migliore il testo della melodia sono più poesie che canzoni. Poi c’è chi ha saputo coniugare tutto magistralmente. Battisti, Fossati…».
Una canzone che avrebbe voluto scrivere?
massimiliano pani mina
«Penso a Jobim, che è riuscito a scrivere musica raffinatissima arrivata anche alle massaie, connubio tra un altissimo livello musicale e la capacità di toccare la gente comune. Perché una canzone pop, o popolare, può essere alta. Fossati è stato un eccellente scrittore di musica e parole, ad esempio. E poi Giorgio Calabrese, paroliere genovese, un gigante. Ho scritto una ventina di canzoni con lui: quando incontri un fuoriclasse, lo riconosci».
Essendo stato generato da due fuoriclasse, Corrado Pani e Mina, parla con cognizione di causa.
«Mia madre e mio padre sono stati Roger Federer. Cioè hanno fatto sembrare semplici le cose difficilissime. Ma alla base c’è un lavoro enorme, uno studio ininterrotto. Gianni Ferrio, il musicista dietro Studio Uno e Teatro 10, è un altro Federer: il più grande arrangiatore italiano, con competenze e cultura musicale di livello mondiale, bravissimo a mantenere la linea drammaturgica di un brano. Scrivere un pezzo strano è facile; farlo alto e bello, è tutta un’altra storia».
In una vita di incontri straordinari, qual è stato il più straordinario fin qui?
«Mamma».
Troppo facile.
Mina con Massimiliano Pani
«In assoluto la personalità più affascinante in cui mi sia mai imbattuto. Papà diceva: ho lavorato con tutti i grandissimi ma di fuoriclasse ne ho conosciuti solo due, Carmelo Bene e Mina».
Scusi ma non ha mai avvertito un senso di inadeguatezza al cospetto di questi giganti?
«Detesto i figli d’arte: sono spesso dei piagnoni lamentosi. Per questo motivo ho scelto subito di non fare né l’attore né il cantante: era talmente lampante che non avrei mai avuto la personalità di papà e il genio di mamma, che ho rinunciato subito al confronto. Una battaglia persa. Ho capito immediatamente che non ero di quella pasta lì, impossibile superarli nel loro lavoro, quindi non ci ho mai sofferto. Però lo stimolo a migliorarmi l’ho sempre avuto».
Il talento di Mina, al di là della voce, qual è?
«Saper vedere le cose in anticipo. Mentre parliamo, Mina è prima con Blanco nelle radio e l’album è in vetta negli store digitali. Eppure non ha social e sono 45 anni che non fa concerti e non dà interviste. È agli antipodi delle leggi della comunicazione mainstream. Abbiamo fatto un’indagine di mercato: il suo pubblico va dai 20 ai 35 anni, persone che non l’hanno mai vista dal vivo. Pagano le scelte fatte con coraggio, libertà e coerenza: la gente la segue per questo».
mina corrado pani e il figlio massimiliano
Scelte necessarie per la sua visione, certo, ma anche per il suo benessere psicofisico?
«Sì. Siamo venuti a Lugano perché voleva mandare noi figli alla scuola pubblica: a Roma o Milano non sarebbe stato possibile. La polemica sulle tasse è assurda. Negli Anni 70 le tasse in Italia non le pagava nessuno. Mina è andata in Svizzera per poterle pagare, perché aveva bisogno di sentirsi una persona normale. Chi dice il contrario non ha capito nulla di mia madre».
Quando ha intuito che era ora di ritirarsi?
«Quando ha capito che la tv di qualità eccelsa che faceva stava cambiando. Impossibile mantenere quel livello qualitativo. La Emi le rescinde il contratto? E allora Mina fonda con il padre Giacomo (Mino) una sua etichetta di famiglia, la Pdu, e si concentra solo ed esclusivamente sul produrre dischi come e quando vuole lei. E comincia il lavoro di distruzione della sua immagine.
Vent’anni prima di Madonna e trenta prima di Lady Gaga, si traveste: diventa scimmia, culturista, donna barbuta, papera. Ribalta le leggi dell’industria e va avanti imperterrita per la sua strada, con tutti i rischi che una scelta così controcorrente comporta. Prima che per la voce, Mina ha vinto per la sua intelligenza».
MASSIMILIANO PANI
(...) Il 23 agosto 1978, all’ultimo concerto di Mina alla Bussoladomani, lei c’era?
«Avevo 15 anni, è stato l’unico concerto di mia madre che ho visto dal vivo».
Cosa ricorda con più vividezza?
«L’impatto della sua personalità sul pubblico: finiva una canzone e la platea esplodeva, faceva un gesto e la gente ammutoliva, stregata dalla sua dimensione emotiva. Si erano tutti, dal primo all’ultimo, consegnati a lei, officiante di un rito collettivo. Impressionante».
Una forma di potere e una possibile fonte di assuefazione. Serviva un’anima evoluta per rinunciare a tutto ciò.
Mina anni sessanta
«Sicuramente serviva un’anima libera. Lady Gaga, che trasuda talento da ogni poro, ha visto le cover di mamma ed è impazzita. Liza Minnelli sostiene che Mina sia la più grande cantante del mondo. Mamma ha fatto le sue scelte in coscienza e follia, senza cedere alle lusinghe dell’ego, dell’ambiente e del pensare comune. Non ama i vestiti né i gioielli, non è un’accumulatrice di oggetti: a Lugano vive nello stesso appartamento dal ’77. La verità è che Mina non è una cantante, è un’intellettuale. Ha rinunciato a tutto, anche a una montagna di soldi, con una serenità che tutt’oggi le invidio».
blanco mina