Lettera di Massimiliano Parente a Dagospia
MASSIMILIANO PARENTE
Caro Dago, ma quanto è bello Facebook, e quanto è ignorante, e fascista anche. Per dirne una, ho l’account bloccato (o meglio inibito, posso solo guardare, sono in punizione per tre giorni) per aver scritto un post sullo stupro, questo: «Le donne possono vestire come vogliono, ma devono sapere che un abbigliamento provocante può rappresentare uno stimolo allo stupro (senza che diventi un’attenuante in sede giudiziaria, ci mancherebbe). Tutti i programmi di rieducazione pro-femminista dei colpevoli hanno regolarmente fallito. L’unico provvedimento efficace e provato, in grado di far scendere la percentuale di recidività dal 46 al 3% è la castrazione chimica».
Non sono neppure mie idee, ma risultati di miei studi sulle ricerche scientifiche condotte da un ventennio negli Stati Uniti, con una bibliografia sterminata, da Steven Pinker (tra i più grandi scienziati mondiali) alle femministe dell’equità Camille Paglia e Wendy McElroy, dalla genetica del comportamento alla psicologia evolutiva.
massimiliano parente
Dalle stesse ricerche si evince anche che lo stupro è presente in gran parte dei mammiferi (altro scandalo), e è sopravvissuto come istinto da milioni di anni in migliaia di specie diverse per delle specifiche funzioni adattive. In altre parole, purtroppo, ce l’abbiamo nel DNA (e, su un altro post al riguardo, sono fioccati commenti trogloditi del tipo: «Cosa c’entra l’istinto con il DNA?»). Orribile, non c’è dubbio, ma la natura non è quella disegnata dalla Walt Disney.
Questo significa giustificarlo? Al contrario, casomai adottare pene più dure, perché combattere contro la natura è molto più difficile che lottare contro delle culture (le femministe italiane sono in questo ancora ferme all’età della pietra del dibattito, essendo per lo più femministe del genere, senza neppure saperlo temo).
rimini stupro in spiaggia
Ma il mito del buon selvaggio e quello della Tabula Rasa (ossia: la natura è buona e viene corrotta dalla civiltà; l’essere umano nasce con un cervello vergine e viene formato solo dalla cultura) rendono impronunciabili queste analisi, almeno da noi, non ho letto un solo articolo di giornale in Italia che sollevasse simili problematiche. In generale siamo prigionieri delle opinioni basate sull’ignoranza e sui tabù, dove ognuno dice la sua, la dittatura dei “secondo me non è così”. E quindi: secondo me l’evoluzione non è vera, secondo me l’Olocausto non c’è stato, secondo me la Terra è piatta.
Camille Paglia durante il suo intervento alla sala Petrassi
Ma torniamo a Facebook, amplificatore di ogni qualunquismo e opinionismo da quattro soldi. Ogni utente di Facebook contribuisce al fatturato di Mark Zuckerberg, ma in compenso l’utente non vale niente. Può essere messo a tacere senza verifiche, e neppure da uno staff ma da un algoritmo.
Qualsiasi hater può segnalare un post (anonimamente, come le delazioni del Ventennio) e far scattare il programma che inibisce al segnalato l’uso del social da qualche ora a qualche giorno, come è successo al sottoscritto (e recentemente anche a un altro scrittore, Fulvio Abbate), senza la possibilità di interloquire con nessuna controparte umana per spiegare che si tratta di un errore o di un deliberato atto per mettere a tacere un’opinione non offensiva (a meno che non siano offensive perfino i dati scientifici, perché siamo a questo).
Insomma, con i soldi che guadagna mister Zuckerberg, potrebbe investire in una sorta di call-center, o almeno rendere la segnalazione più responsabile (per esempio a chi segnala ripetutamente e senza motivo, sia bloccato l’account) perché altrimenti gli «standard della comunità» sono degli standard di merda e basta.
Baci,
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Massimiliano Parente
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