DAGONEWS
conte renzi
Le consuete telefonate per gli auguri di Natale si sono trasformato per Mattarella in consultazioni informali con i leader dei partiti. La chiacchierata con il premier è stata particolarmente ''severa'': Conte deve trovare una pacificazione con le forze politiche che compongono la sua maggioranza. Se non è in grado, non può continuare a occupare la sua poltrona.
Il messaggio è chiaro: i suoi danti causa non sono Di Maio e Zingaretti, ma Merkel e Macron. Il compito dell'avvocato di Padre Pio (tutto) non è placare gli animi intorno ai tavoli della fantomatica verifica, ma dimostrare in Europa di essere in grado di gestire i soldi del Recovery Fund. Renzi, in quanto ex premier, ha i suoi canali con le cancellerie straniere, e ha fatto arrivare chiaro e forte il momento di debolezza e incapacità del caro Giuseppi.
ANGELA MERKEL EMMANUEL MACRON
Il quale da Vespa ha provato a nascondersi dietro Bruxelles per la sua smania di creare una task force alle proprie dipendenze: ''È l'Europa che ci chiede di fare una struttura, lo dice pagina 33 delle linee guida della Commissione''. Ovviamente è falso: nel testo si dice che ''un ministero o un'autorità dovrebbe avere la responsabilità generale dei piani di ripresa e resilienza''. Quindi non serve una struttura ad hoc, basta affidare la responsabilità a un ministro o un gruppo di ministri.
pag 33
To ensure an effective implementation, clear responsibilities need to be established
A lead ministry/authority should be nominated that has the overall responsibility for the recovery and resilience plans and is the single point of contact for the Commission (coordinator)
— Costantino De Blasi (@DeShindig) December 24, 2020
Costretto ad ammettere che la task force è ''superata'', sono spariti anche i sei manager. La gestione sarà politica.
giuseppe conte sergio mattarella
L'ultimo passaggio è la delega ai servizi segreti. Conte avrebbe accettato un compromesso: la lascerà a gennaio – con l'occasione delle sospirate nomine dei vice-direttori dell'intelligence – affidandola però a un tecnico di sua fiducia.
Sul MES sanitario, invocato dai renziani e da una parte del Pd, non cede: deve essere il Parlamento a votarlo. La novità è che oltre a Forza Italia, ci sarebbe pure qualche leghista pronto a votarlo, smarcandosi dalla linea Borghi/Bagnai. Sono gli stessi che spingono per un governo Draghi con dentro la Lega giorgettizzata. E che rischiano di spaccare il partito già in fibrillazione su molti fronti.
salvini giorgetti