• Dagospia

    1. MATTARELLA ROTTAMA I SOGNI DI RENZI DI TORNARE SUBITO AL VOTO SUBITO: TROPPI RISCHI - NON C'E' UNA LEGGE ELETTORALE AGIBILE, POI C'E' L'INCUBO SPREAD 2. MA DOPO IL PREVEDIBILE PLEBISCITO ALLE PRIMARIE, MATTEUCCIO TORNERA' IN PRESSING SUL QUIRINALE PER TORNARE ALLE URNE TANTO PIU’ CHE NEL PD NESSUNO SI VUOLE CARICARE SULLE SPALLE LA FINANZIARIA. E NEL PD E’ GIA’ PARTITO IL FUOCO AMICO SU GENTILONI 3. ALLA CAMERA IL RENZIANO FIANO HA ROTTO GLI INDUGI SULLA LEGGE ELETTORALE CON UNA PROPOSTA CHE HA MANDATO TUTTI IN BESTIA. EVIDENTE IL TENTATIVO DI FAR SALTARE IL BANCO


     
    Guarda la fotogallery

    Ugo Magri per la Stampa

    GENTILONI RENZI MATTARELLA GENTILONI RENZI MATTARELLA

     

    Per quanto abbia ripetuto da Vespa che gli sta bene il governo in carica, Renzi stenta a farsi credere fino in fondo. È convinzione dei più stretti amici che non abbia rinunciato a votare subito. Il suo piano è di andare alle urne in autunno ma, se ce ne fosse l' occasione, già prima delle vacanze. La voce è rimbalzata nei partiti, ne è consapevole Alfano, lo sa Berlusconi, così risulta pure ai piani alti della politica dove d' altra parte nessuno, conoscendo la tenacia del personaggio, si illudeva che Renzi avesse rinunciato.

     

    Ma sicuramente la mossa della May, con le elezioni britanniche convocate dall' oggi al domani, ha riaperto una ferita. «Perché loro sì e noi no?», domandano i renziani: un Paese serio dovrebbe decidere in fretta il futuro anziché perdere un altro anno.

    RENZI PD RENZI PD

     

    Per cui adesso - tra Palazzo Chigi, Quirinale, Montecitorio e Palazzo Madama - c' è apprensione per due eventi che potrebbero scatenare Renzi.

     

    Anzitutto, le primarie Pd.

    Mettiamo che si trasformino in plebiscito: a quel punto l' ex premier nutrirebbe la convinzione che, nonostante tutto, l' Italia resta con lui. Tanto più se in Francia (ecco l' altro evento in grado di dare un' accelerata) dovesse affermarsi Macron, il più vicino alla visione Pd. Sarebbe la prova che il populismo non è un destino, e per sfidarlo basta il coraggio. Non è finita qui. Renzi avrebbe due ulteriori argomenti da far pesare davanti a Mattarella. Anzitutto la Finanziaria 2018, che non si capisce da chi verrà approvata. Non dalle opposizioni, evidentemente; ma nemmeno il Pd vuole caricarsela sulle spalle: meglio delegare i sacrifici a chi verrà dopo il voto. Il tema è ben presente a Gentiloni e allo stesso Padoan.

    mattarella e gentiloni mattarella e gentiloni

     

    L' ultima carta renziana si lega al contesto europeo. Dopo Parigi e Londra, in settembre pure Berlino avrà una nuova leadership. Solo l' Italia si troverà in mezzo al guado, con un Parlamento ancora da rinnovare. E nei negoziati sulla futura Ue farebbe la parte del vaso di coccio. Insomma: nel «quadrilatero istituzionale» si aspettano che a maggio, forse già prima della partenza di Mattarella per la visita di Stato in Argentina e Uruguay, Renzi possa tornare alla carica per votare, e non gli mancherebbero le cartucce. Sennonché pesano altri fattori di cui spetta al Capo dello Stato farsi carico, e con lui a quanti avvertono responsabilità collettive.

     

    Per cominciare, non c' è una legge elettorale davvero agibile. Si rischiano ricorsi al Tar dall' esito imprevedibile, oltretutto a elezioni già convocate.

    Rimediare d' urgenza con decreto sarebbe una forzatura secondo il grosso della dottrina costituzionale. Mattarella metterebbe la controfirma a un decreto siffatto? I giuristi dal Colle stanno approfondendo, però da quelle parti si ripete che meglio sarebbe provvedere con legge ordinaria, tanto più per armonizzare le soglie di sbarramento. Spread in agguato

    RENZI MATTARELLA 9 RENZI MATTARELLA 9

     

    Poi c' è il rischio mercati. Votando in autunno, solo un miracolo eviterebbe di precipitare nell' esercizio provvisorio e di diventare preda dello spread che, guarda caso, già rialza la testa (da qualche giorno supera quota 200). Non solo i «gufi» tipo Brunetta, ma pure renziani avveduti come Tonini segnalano i rischi. Le prossime aste Btp finirebbero nel mirino di chi volesse lucrare sulla nostra instabilità. Sono mille miliardi che ballano. E qui sta il nocciolo duro dei dubbi nel «quadrilatero istituzionale».

    Dove nessuno ha conti in sospeso con Renzi, anzi, solo amicizia e in qualche caso gratitudine. Tuttavia Mattarella, come il presidente del Senato Grasso e della Camera Boldrini, non vede in che modo dalle urne possa emergere un vincitore; né scorge oggi una trama di alleanze all' indomani delle elezioni.

     

     

    Così la smania di votare al buio non viene compresa né assecondata. Qualora Renzi tentasse lo strappo, già si delinea una sorta di «cordone istituzionale», fondato sul rigoroso rispetto delle regole. Prima di tornare al voto, Gentiloni dovrebbe formalmente dimettersi, e ce ne vorrebbe una ragione di qualche spessore, non un banale incidente di percorso. I bersaniani spargono in giro la voce (non si sa quanto fondata) secondo cui Mattarella sarebbe disposto perfino a mettere in campo Grasso con l' incarico di formare un governo istituzionale che porti a casa comunque la legge di stabilità.

     

    RENZI MATTARELLA RENZI MATTARELLA

    Di sicuro, per andare al voto, il Pd dovrebbe rendere pubblica la ferma volontà di non sostenere alcun governo, nemmeno se fosse indicato dal Presidente. Solo questa pesante assunzione di responsabilità troncherebbe davvero la legislatura. Ma per votare ci vorrebbero comunque i tempi tecnici che, da noi, non sono mai inferiori a due mesi, altro che Gran Bretagna. Prima dell' estate sarebbe fantascienza.

    Insomma: nessun «no» pregiudiziale ai sogni di rivincita renziana; ma in assenza di chiarezza dai vertici della Repubblica non verrà nemmeno un «prego, si accomodi pure».

     

    2. MANINE E MANONE ALL’OPERA

    Francesco Verderami per il Corriere della Sera

     

     

    Quelli del «voto subito» non hanno concesso a Gentiloni nemmeno la luna di miele, che pure è il benefit garantito a ogni presidente del Consiglio per i suoi primi cento giorni a Palazzo Chigi. Figurarsi se vogliono vederlo durare fino al termine naturale della legislatura.

     

    Per quanto sia un loro compagno di partito, c' è una causa superiore che impone il suo sacrificio. Ed è per questo che manine e manone sono instancabilmente all' opera per tenere in fibrillazione il sistema, in attesa che Renzi torni a essere segretario, con la speranza che si rimpossessi del primato. Più si avvicina il voto delle primarie del Pd, più si parla del voto in autunno, più gli incidenti nel Palazzo si susseguono: a volte frutto di operazioni intenzionali, a volte conseguenza di imperizie. Ma tutto è funzionale, perché tutto può far brodo.

     

    renzi grasso mattarella renzi grasso mattarella

    Il «caso Anac» è (per ora) l' ultimo in una già lunga lista.

    Gentiloni, che osserva ogni manovra senza reagire, questo passo falso se lo sarebbe risparmiato. D' altronde a gestire il decreto incriminato c' era la Boschi, sottosegretario di stretta osservanza renziana alla quale sono state assegnate quasi due pagine di deleghe di «coordinamento, valutazione, impulso, monitoraggio e verifica» di quasi tutte le funzioni della presidenza del Consiglio.

     

    Una manina però ha sbianchettato le competenze di Cantone, che era in freddo con l' ex premier, e che grazie al patatrac non solo potrà riavere ciò che gli era stato tolto ma potrà anche avere ciò che non gli era stato concesso. La picconata non farà cadere l' edificio traballante della legislatura, ma contribuirà a far dichiarare l' edificio inagibile quando sarà il momento.

    mattarella cagnolino mattarella cagnolino

     

    Una mano in tal senso l' aveva data due settimane fa l' elezione del centrista Torrisi alla presidenza della commissione Affari costituzionali del Senato. «È stata un' imboscata», denunciarono quel giorno gli uomini di Renzi, per quanto si sapesse come sarebbe andata a finire quella votazione. Ce n' è traccia nel dialogo tra il capogruppo del Pd Zanda e il suo collega forzista Romani, che sono poi i capi di una sorta di comitato per la salvaguardia della legislatura: i due si sentono quasi ogni mattina per scongiurare che in Aula qualcosa vada storto. «Oggi votiamo per la presidenza della commissione», annunciò Zanda. «Evitiamo», gli rispose Romani: «Il vostro candidato non ha i numeri». «Votiamo, me lo chiede il partito».

     

    Perciò non si capì lo stupore con cui «il partito» fu colto dall' evento. O meglio fu così chiaro che Alfano, accusato di essere l' autore del tradimento, lo denunciò pubblicamente: «Se il Pd vuole andare alle elezioni anticipate, lo dica».

    Troppo presto, prima ci sono le primarie. Intanto, giusto per restare in allenamento, si è passati ad usare i ministri tecnici come punching-ball. Per settimane Padoan è stato preso di mira sulla manovrina da Orfini che gli ha spiegato chi prende le decisioni in assenza di Renzi da Palazzo Chigi: «Certo, quando stava al governo il segretario del Pd era invece sufficiente che lui parlasse con se stesso»...

     

    matteorella renzi e mattarella matteorella renzi e mattarella

    «Il santuario» Il culto della personalità coincide con la causa. Infatti quando «il partito» seppe che Franceschini aveva esortato Calenda a fare il leader dell' area di centro, Calenda finì al centro della rappresaglia: «Potrebbe essere un buon leader del centrodestra, visto che ne cercano uno», disse Renzi per avvisarlo di togliersi dalla testa l' idea di poter fare il premier delle larghe intese nella prossima legislatura. Il titolare dello Sviluppo economico, già reo di aver sconsigliato il voto anticipato a giugno, consigliò a se stesso una replica senza spigoli: «Mica cado nelle provocazioni di quelli». Che nel frattempo gli hanno però bloccato al Senato il ddl Concorrenza.

     

    renzi all assemblea pd renzi all assemblea pd

    Perché quelli del «voto subito», incuranti del fuoco amico su Gentiloni, non hanno remore verso nessun esponente del governo. O quasi. Il ministro degli Interni gode in effetti di una procura speciale, di una forma d' attenzione particolare: su Minniti c' è una sorta di «non possumus» che lo rende invulnerabile, addirittura innominabile. Tanto che al partito non lo citano per nome ma lo chiamano «il santuario». E Renzi, che ieri si trovava nella zona dove da tempo si dà la caccia al killer Igor il serbo, ha voluto dire «grazie alle forze dell' ordine che fanno un lavoro di grande livello».

    ORFINI ORFINI

     

    Il segreto disvelato Sono altri i fronti in cui operano le manine. E da giovedì c' è anche una manona: quella del renziano Fiano, che alla Camera ha rotto gli indugi sulla legge elettorale avanzando una proposta capace di mandare in bestia in un colpo solo centristi, scissionisti e forzisti.

     

    È evidente il tentativo di farsi dire di no per far saltare il banco e certificare che non c' è possibilità di intesa in questo Parlamento. Ma gli altri hanno fatto finta di dire sì alla trattativa, così da prendere tempo.

    Perché il segreto di quelli del «voto subito» è il segreto più noto d' Italia.

    emanuele fiano emanuele fiano BOSCHI BOSCHI

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport