Ugo Magri per la Stampa
MATTARELLA
Matteo Renzi ha urgenza di tornare alle urne, anzi fosse dipeso da lui avremmo votato già la scorsa primavera. Silvio Berlusconi, invece, non ha per niente fretta: vorrebbe prima tornare candidabile e spera che la sentenza di Strasburgo arrivi in tempo per le prossime elezioni. Ogni leader ha segnato sul calendario la propria data ideale, in base ai rispettivi calcoli di convenienza.
Ma la decisione non spetta ai partiti. Il potere di sciogliere le Camere e mandare tutti a casa appartiene al Capo dello Stato. L' orientamento di Sergio Mattarella, secondo quanto filtra dal Colle, è di ridare la parola al popolo non appena il «Rosatellum» sarà operativo.
gentiloni mattarella
Al governo resta meno di un mese per ridisegnare i collegi, poi le commissioni parlamentari daranno un parere, ma non vincolante. Entro Natale l' intera trafila sarà conclusa.
Nel frattempo, il Parlamento avrà licenziato la legge di bilancio e, forse, pure lo Ius soli.
A quel punto, per il decreto di scioglimento, ogni giorno sarà quello buono. Non ci sarà nemmeno bisogno che Paolo Gentiloni salga a dare le dimissioni: il Presidente della Repubblica può staccare comunque la spina, come è accaduto altre volte in passato.
Gli basterà constatare che la legislatura è esaurita, «sentiti» i presidenti di Senato e Camera (entrambi peraltro già lanciatissimi nella campagna elettorale). Dopodiché la legge prescrive: le elezioni vanno tenute tra i 45 e i 70 giorni dalla firma presidenziale. Dunque le date su cui è orientato il Quirinale sono il 4 oppure l' 11 marzo, più la prima delle due domeniche. Non risultano volontà di rinvio, solo conferme che il gong sta per suonare.
MATTARELLA CORTE COSTITUZIONALE
Il caso spagnolo La scelta del 4 marzo (o dell' 11) potrà avere un grande impatto su quanto accadrà dopo le elezioni. Soprattutto nel caso in cui dalle urne non dovesse emergere un chiaro vincitore.
Perché, votando in quella data, Mattarella avrà qualche settimana di tempo per consultare i partiti, dare un incarico e poi, casomai l' incaricato fallisse, ritentare con qualcun altro; insomma, potrà verificare se nel nuovo Parlamento ci sarà una maggioranza possibile.
E qualora nessuna soluzione di governo si rivelasse praticabile, procedendo in fretta resterebbe comunque aperta una finestrella per eventuali nuove elezioni prima dell' estate. Detta così, può sembrare una pazzia: mai è accaduto in Italia di votare due volte a stretto giro.
mattarella
Ma talvolta la realtà batte l' immaginazione, e del resto gli spagnoli hanno appena concesso il bis, prima di convergere faticosamente sul governo Rajoy. Per volontà del popolo sovrano, l' Italia potrebbe ritrovarsi nella stessa precaria condizione della Spagna. Ai frequentatori del Colle l' eventualità, sia pure teorica, è ben presente. Lassù nessuno si augura uno scenario di caos. Il primo a non desiderarlo è, con tutta evidenza, Mattarella. Nei suoi panni di arbitro della crisi, l' ideale sarebbe che emergessero una maggioranza e un premier la sera stessa delle elezioni. O che nei giorni successivi, perlomeno, i partiti si accordassero tra loro, in modo da non lasciare il Paese senza governo.
Nell' ambito della sua «moral suasion», senza dubbio Mattarella calerà in quel caso la carta della persuasione. Ma chi ritiene (o si illude) che l' attuale inquilino del Quirinale ci metterà comunque una pezza, e pur di guadagnare tempo darà vita a governi «del Presidente», «tecnici», «balneari», «purchessia» o «allo sbando» (tutti privi di una maggioranza certa e stabile), esponendosi all' accusa di voler negare la voce al popolo, quel qualcuno è fuori strada.
MATTARELLA
Fine della supplenza Non solo al Quirinale ma in tutti i palazzi che contano, compresi quelli lontano dall' Italia, l' epoca delle «supplenze» istituzionali viene considerata agli sgoccioli. Sei anni di governi indicati dal Capo dello Stato hanno messo a nudo potenzialità e limiti delle formule emergenziali, calate dall' alto.
Il poco che circola sugli scenari futuri va in tutt' altra direzione: Mattarella non ha la minima intenzione di surrogare i partiti. Saranno loro, ed essi soltanto, protagonisti dei rispettivi destini. Toccherà ai leader assumersi la responsabilità di fare accordi, accettando i compromessi necessari, oppure di riportare l' Italia alle urne. Votando ai primi di marzo, sarebbe ancora possibile riprovarci entro fine giugno, per esempio domenica 24. E non è detto che i risultati si ripeterebbero in fotocopia.
Qualcuno potrebbe pagare caro un «no» irragionevole a intese di buon senso. Ma soprattutto (così ritiene chi meglio conosce il Presidente), nessuno potrà permettersi di mantenere preclusioni, pregiudiziali e veti sulla premessa che, tanto, sarà il Capo dello Stato a metterci la faccia davanti al Paese. È ora che i partiti crescano, nella forza e nelle responsabilità. Non può esserci sempre un papà che provvede.
franceschini mattarella