Giovanni Audiffredi per GQ - www.gqitalia.it
«Sono stati anni divertenti, che hanno generato invidie». Matteo Marzotto, uno degli ultimi eredi della lunga tradizione di playboy made in Italy, compie 50 anni. Bello, ricco, figlio di Donna Marta, regina dei salotti; tra le tante, ha sedotto anche Naomi («Quella storia mi è stata rinfacciata, ma portò valore alle aziende di famiglia»). A GQ racconta delle sue passioni. Di stile e di amici (per esempio quello che, con i suoi balletti, è stato protagonista dell’estate). E di delusioni: più di quante uno sarebbe portato a immaginare.
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Matteo parla tra tappetti persiani, sofà ricoperti di broccati, lampadari marocchini, tavolini da tè nel deserto, drappeggi che partono dal soffitto per un effetto tenda berbera. L’appartamento è in via Appiani, luogo ben noto ai mondani. Per tutti gli anni Novanta è stato il rifugio meneghino di Marta Marzotto.
Poi, nel 2002, è subentrato lui, allora chairman del brand Valentino. «Lasciarmela è stato uno dei gesti di smodata generosità tipici di mia madre. Ora lei non c’è più (è morta lo scorso 29 luglio, ndr) e come ripeteva ossessivamente: bisogna guardare avanti. Ma qui resterà tutto com’è. È la casa che ho usato di più per lavoro».
Per esempio, quando?
matteo marzotto by gastel
Quella volta in cui Anna Wintour, direttore editoriale di Vogue America, mi chiese di organizzare un dinner in onore di Charles H. Townsend, allora president and chief executive officer of consumer magazine di Condé Nast. Cinquanta, ultraselezionati, invitati. A metà serata esce dalle cucine una gigantesca torta a tre piani con quaranta candeline. Tutti restarono di stucco. Io pure. Mia madre esclamò: «Ragazzi è il compleanno di mio figlio, fategli gli auguri». Io avevo glissato sulla cosa, lei no. E ridendo infilò nella bocca della Wintour una pralina di cioccolato, equivalente alla dose di zucchero che la signora è abituata a degustare in una settimana.
Cinquant’anni con un retrogusto amaro?
Una parte della mia famiglia si è comportata male con me. Preferisco non entrare nello specifico, ma mi ha enormemente deluso. Questo mi pesa molto. Per venti anni ho lavorato nelle aziende della Marzotto. Ho creduto che il mio ruolo fosse chiaro, che gli accordi si potessero prendere verbalmente anche per motivi di affetto. Invece mi sono completamente sbagliato.
Perché ci ripensa adesso?
Mi sento psicologicamente più indipendente. Aver subito delle sconfitte brucianti lo considero un arricchimento. Quindi, ne tengo conto.
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Nel 1992 entra nel Gruppo. Che cosa ricorda?
L’umiltà. Per diversi mesi ho fatto turni in fabbrica nei vari reparti e poi esperienza amministrativa. Ho avuto il lusso di avere tempo per imparare. A 30 anni la prima responsabilità operativa: facevo coperte. Poi ho lavorato con Gianfranco Ferré, Missoni e Valentino.
Si sentiva considerato?
Non sono un genio, ma ho una certa determinazione e molta resistenza. Dallo sport ho imparato che se non ti sforzi e non sai rinunciare, non vai da nessuna parte.
Si era preparato per la carriera nella moda?
Ho studiato poco e male. A scuola sono stato proprio scarso. Mi sarebbe piaciuto essere più spronato e in qualche caso anche obbligato. Pur avendo avuto dei genitori che mi hanno amato infinitamente, poiché ero il quinto figlio non è che sia stato tanto seguito.
In che senso?
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Erano anche molto concentrati a vivere la loro vita. Lo dico senza rimostranze.
L’immagine più bella della sua infanzia dorata?
Avevo quattro anni e mio padre mi regalò una minimoto rossa della Italjet, con motore a scoppio. Su quella sella, con l’acceleratore in mano e l’odore della miscela − che, a ripensarci, ho ancora nel naso − era tutto bellissimo.
Compagno di scuola di Gianluca Vacchi, bilionario gym che con i suoi balletti spopola sui social.
Gian ha sempre avuto una mente genialoide. L’unica cosa che mi interessa è che sia felice, perché gli voglio bene. È uno che ha sempre tirato fuori del valore da quello che ha fatto: oggi il suo progetto è se stesso.
Anche lei ne avrà combinate di bravate?
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Nella mia vita molto libera mi è andata bene. Non ho mai perso la via, non ho mai fatto imbarazzare la mia famiglia. Anzi, ho sempre cercato di essere un buon portabandiera.
Il Tribunale di Milano l’ha condannata in primo grado per omessa dichiarazione dei redditi in relazione alla vendita della Valentino Fashion Group al fondo Permira.
È un fatto doloroso che mi tormenta. Se ci sono state delle irregolarità, non ho inteso farle: ci sono di mezzo dei tecnicismi che ignoro. Non ho patteggiato, mi prendo le mie responsabilità e non scappo dal mio Paese. Con tutta la charity che ho fatto, mi offende che si possa pensare che sia un evasore seriale. Hanno cercato di farmi passare per un farabutto, questa è la tragedia.
È notizia di pochi giorni fa: ha investito nella moda, acquisendo una quota di minoranza di Dondup.
È il mio mondo, una delle mie passioni. Dopo il rilancio di Vionnet, mi sono preso una pausa. Ma sono rimasto connesso al fashion attraverso la presidenza di Fiera Vicenza. Credo che Dondup abbia un grosso potenziale di crescita.
Manterrà, però, la presidenza di Fiera Vicenza?
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Certo. È una realtà che, grazie al lavoro del mio team, si integrerà con Fiera Rimini generando la società italiana più importante del settore».
Decine di fidanzate. Attrici, modelle, jetsetter: una su tutte, Naomi Campbell. Tutti fieri di lei?
Erano tempi divertenti che, come dicevo all’inizio, hanno generato invidie. La vita glamour è stata strumentalizzata per screditarmi. Il mio mestiere era anche espormi e comunicare. Come arrivare a Cernobbio, al seminario dello Studio Ambrosetti, in elicottero con Naomi al fianco. Peccato che lei avesse un sacchetto di Dolce&Gabbana e io rappresentassi Valentino. Scoppiò un macello.
guido barilla premiato da matteo marzotto
Si è detto che tessitrice di questa “strategia del playboy” fosse Donna Marta.
Mia madre ha scalato in lungo e in largo tutte le montagne della socialità disegnate dagli uomini. Ha sempre accettato le mie donne, ma non ne ha mai subita nessuna. Le adorava soprattutto quando non stavano con me.
Come sta superando la sua morte?
È stata un gigante che mi aspettavo vivesse più a lungo. Mi sento ancora più solo.
Altro gossip: Matteo Marzotto è gay.
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La maldicenza è una malattia. Amo solo le donne e ne ho avute molte più di quelle che si conoscono. La verità è che sono stato spesso piantato: con un biglietto o un messaggino.
E non ha costruito una sua famiglia?
Mi spiace non avere un figlio, ma il “pacchetto famiglia” non fa per me. Non me la sono sentita. Ho tanti amici che sono alle prese con il terzo matrimonio fallito. Prego per loro.
È davvero diventato un fervente cattolico?
È la cosa migliore che mi sia capitata negli ultimi cinque anni. Ho un padre spirituale, faccio i miei pellegrinaggi, professioni di fede davanti a tremila persone, cerco di seguire il Vangelo. Sono entrato nel consiglio di amministrazione di Nuovi Orizzonti, l’associazione di Chiara Amirante, che si occupa di lenire il disagio sociale. Mi impegno al massimo.
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Single e peccatore. Difficile immaginarla devoto.
La mondanità è divertente, ma non serve a un cazzo. La fede è vita vera. Il cristiano osservante non è uno sfigato, anzi è più competitivo perché pronto ad ascoltare.
Quando ascolta se stesso cosa sente?
Mia madre si nutriva di caos. Io invece sto volentieri a Valdagno, nel silenzio. E vorrei fare al massimo tre cose fatte bene al giorno, senza per questo essere in difetto con le persone a cui voglio bene. Però sento che sono in cammino.
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