MATTIA FELTRI
Mattia Feltri per “la Stampa”
Non se n'è accorto nessuno, ma ieri c'è stato sciopero delle scuole. Le motivazioni erano nobilissime: il ritorno all'equità e alla solidarietà contro le regole del maledetto mercato. Mancava solo la fame nel mondo ma forse era sottintesa. Non se n'è accorto nessuno perché i professori, dopo due anni di didattica a distanza, si sono dimostrati meno farfalloni dei loro rappresentanti sindacali e sono andati al lavoro: l'adesione allo sciopero è stata del cinque per cento (questo dettaglio è per Landini, il capo della Cgil secondo il quale non cogliamo il disagio del Paese).
Intanto arriva notizia da un liceo di Roma di un guasto all'impianto di riscaldamento. I termosifoni sono spenti dal 29 di novembre, dodici giorni. Per aggiustare l'impianto di riscaldamento in una scuola statale tocca avviare una trafila non meno complessa di quella necessaria per sganciare una bomba atomica: denuncia del guasto da parte del dirigente; richiesta di riparazione al dipartimento preposto; intervento della ditta; presentazione ai vigili del fuoco della Segnalazione certificata di inizio attività.
SCIOPERO DELLA SCUOLA
Da dodici giorni i ragazzi fanno lezione con piumini, sciarpe, berretti e la finestra aperta (temperatura media nelle aule: quattro gradi). Finestra aperta, così non si ammalano di Covid. Però hanno tutti il raffreddore. Nella necessità, come sempre, erutta l'ingegno: alcuni studenti hanno portato a scuola delle stufette elettriche, ma non per equità e solidarietà: le affittano a quindici euro l'ora. Si chiama iniziativa privata, o benedetto mercato. Anzi, siccome la bolletta dell'elettricità la paga lo Stato, è proprio imprenditoria all'italiana.