ELON MUSK TWITTER
Mattia Feltri per “la Stampa”
L'apprensione planetaria per l'acquisto di Twitter da parte di Elon Musk dimostra che il problema non è Elon Musk. Il quale è uno screanzato, un incontinente verbale e con lui, dicono, il social rischia di diventare una caienna più di quanto già lo sia, e siccome pare voglia riammettere il cancellato account di un monello peggio di lui, Donald Trump, l'apprensione lievita e ci si chiede che ne sarà della libertà di parola.
LA COPERTINA DI TIME SULL ACQUISTO DI TWITTER DA PARTE DI ELON MUSK
Non ho idea dei progetti di Musk su Twitter, ma ho un'idea sul mondo online, ancora incompreso e ingovernato. Lasciare che un social da qualche centinaio di milioni di iscritti sia gestito al capriccio del proprietario, è un approccio preistorico. Come ha spesso spiegato Luciano Floridi, le categorie novecentesche del privato e del pubblico non funzionano più: Twitter sarà pure di Musk, e di certo non può essere statalizzato, ma Musk non lo può gestire al modo in cui un barista gestisce il bar.
Bisogna mettersi lì, avere un pensiero nuovo per leggi nuove in un mondo nuovo, mentre in un mondo nuovo continuiamo a pensare leggi vecchie. L'Ue ne ha per esempio progettata una che attribuisce la responsabilità di tutto quello che si scrive sui social all'azionista, come se fosse il direttore di un quotidiano.
L OFFERTA DI ELON MUSK PER TWITTER
Così uno come Musk, visto il livello di teppismo, rischia di ritrovarsi migliaia di cause al giorno, per non dire della meraviglia che se io sostenessi su Twitter che Musk è un pedofilo, Musk dovrebbe querelare sé stesso. Il problema non è Musk, il problema è lasciare tutto com' è, finché un giorno Twitter, o Facebook o Instagram, dovesse comprarseli il primo Putin che passa.