Alberto Mattioli per la Stampa
il flauto magico
Oltre che del governo giallo-verde e della Diciotti e di Salvini superstar, l' estate del 2018 della Lega è stata anche quella della lotta dura alla cultura e della tentazione di censurarla. Che fra i leghisti e il mondo della cultura, di sinistra per definizione (loro), non ci sia mai stata troppa corrispondenza d' amorosi sensi, lo si sapeva. Ma che, una volta preso il potere, minacciassero di mettergli il bavaglio è una notizia.
Come diceva Agatha Christie, un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi sono una prova. Ma qui di indizi a carico dei leghisti ce ne sono addirittura quattro. L' estate del loro scontento è iniziata a Macerata, allo Sferisterio. Oggetto: Il flauto magico del regista Graham Vick (e anche un po' di Mozart, volendo) con dei migranti (veri) in scena e il serpente che minaccia Tamino trasformato in una ruspa, il mezzo pesante più amato da Matteo Salvini. Il deputato Tullio Patassini e il senatore Paolo Arrigoni non hanno gradito: «Predica laica di quart' ordine, imbastita da un radical chic con soldi pubblici a gloria di una giunta Pd».
vick flauto magico
Ma insomma ormai l' opera era andata in scena, e amen. Secondo episodio, a Trieste. Per la Barcolana, la Illy commissiona a Marina Abramovic un poster bellissimo (anche a detta di Sgarbi) con lo slogan «We' re all in the same boat», siamo tutti sulla stessa barca: un' allusione all' emergenza ambientale. Ma viene presentato in piena crisi immigratoria, il vicesindaco leghista Paolo Polidori capisce che sia un' allusione ai barconi dei migranti e non la tocca piano: «Inaccettabile, di pessimo gusto, immorale».
E minaccia: o la Barcolana censura il manifesto o il Comune censura la Barcolana. La vicenda è poi sfociata in un incontro fra Polidori e Mitja Gialuz, presidente della società che organizza il raduno velico (e, ancor più grave, compagno dell' ex governatrice piddina Debora Serracchiani). Alla fine, con contorno di molte belle parole, ognuno è rimasto della sua idea, però con l' intesa che il poster sarà ostenso più fuori Trieste che in città.
sferisterio macerata
Caso numero tre. Il «madrino» della Mostra del cinema di Venezia, l' attore Michele Riondino, fa sapere che Salvini non lo rappresenta e che non lo incontrerebbe volentieri, cosa peraltro non facile dato che Salvini è praticamente ubiquo e infatti si è materializzato pure al Lido. Apriti cielo. Subito due consiglieri regionali veneti presentano un' interrogazione per sapere a quanto ammonta il cachet di Riondino. La sottosegretaria ai Beni culturali, Lucia Borgonzoni (che debuttò al Mibac facendo sapere che lei non legge un libro da tre anni), dichiara che «se a Riondino fa tanto schifo questo governo dovrebbe evitare di aprire il Festival».
barcolana abramovic
Ultima parola, anzi tweet, dello stesso Salvini a «tal» Riondino: «Lo incontrerei volentieri, nella speranza di riportarlo sulla retta via...». Quarto e per ora ultimo incidente, freschissimo, a Sarzana, provincia della Spezia, appena conquistata dal centrodestra dopo settant' anni di sinistra e sede di un apprezzato «Festival della Mente». A inaugurarlo arriva l' ex ministro Andrea Riccardi, ma la sua lectio magistralis fa infuriare un trio di leghisti, la senatrice Stefania Pucciarelli, il deputato Lorenzo Viviani e il segretario provinciale Fabrizio Zanicotti.
Mentre Riccardi parla si alzano e se ne vanno, «nel momento in cui l' inaugurazione - parole loro - si è trasformata in un' omelia "radical chic" sui poveri migranti». Segue minaccia di sbaraccare tutto: «Così è una Leopolda 2.0. Il Festival o cambia radicalmente oppure va chiuso». La direttrice, Benedetta Marietti (per inciso, moglie del navigatore Giovanni Soldini) replica che politica e cultura non vanno mischiate. La neosindaca Cristina Ponzanelli, lista Toti, loda la manifestazione auspicando «maggior apertura», e il seguito alla prossima puntata.
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