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Milioni di dollari dirottati in un piccolo Paese nell’oceano indiano, la Repubblica di Mauritius, che dalla fine degli anni ’80 vive un “miracolo economico” grazie all’evasione fiscale internazionale. Soldi nascosti da fondi e multinazionali occidentali per pagare meno tasse con un costo fino a $100 miliardi per l’India e alcuni fra i Paesi più poveri del continente africano.
È questo il quadro che emerge da una nuova inchiesta giornalistica chiamata Mauritius Leaks, grazie alla condivisione di oltre 200mila documenti confidenziali, appartenenti all’ex sede dello studio legale Conyers Dill & Pearman, con il Consorzio internazionale di giornalisti investigativi.
Si tratta del più grande scoop di questo genere dai Panama Papers del 2016 quando vennero diffusi documenti riservati di oltre 200mila società offshore che sfruttavano i servizi dello studio legale della Mossack Fonseca a Panama per evadere il fisco. In quel caso erano finiti nel mirino dei giornalisti i leader di cinque paesi – Arabia Saudita, Argentina, Emirati Arabi Uniti, Islanda e Ucraina – oltre a parenti e alti funzionari di una ventina di governi.
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Poi fu il turno dei Paradise Papers, un leak di diversi milioni di file pertinenti a multinazionali come Nike, a celebrità e capi di Stato come il pilota di Formula Uno Lewis Hamilton e la Regina Elisabetta ma anche di università come Oxford e Cambridge. Questa volta al centro delle rivelazioni ci sono multinazionali e fondi occidentali con investimenti in alcuni tra i Paesi più poveri al mondo.
Aircastle Limited
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Compagnia americana, di un valore complessivo di $1,6 miliardi, che affitta velivoli a linee aeree come American Airlines, British Airways e Easyjet. Tra i suoi clienti c’è anche la compagnia sudafricana South African Airways. Tra il 2011 e il 2014 ha realizzato guadagni di ben $53 milioni sui quali ha pagato meno del 3% di tasse. Ma di questi $1,5 milioni di tasse neanche un centesimo è andato al Sud Africa: sono tutti finiti nella Repubblica di Mauritius. La truffa sarebbe di circa $14,8 milioni.
Sequoia Capital
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Si tratta di uno dei fondi di venture capital più noti negli Stati Uniti, che vanta investimenti in compagnie del calibro di Google. Prima del 2013 Sequoia aveva investito un totale di $1,2 miliardi di dollari in più di 75 compagnie indiane, ma sempre tramite le Mauritius, per eludere sia il fisco indiano, sia quello americano.
Bob Geldof
Bob Geldof, musicista di fama mondiale, noto soprattutto come l’ideatore dei concerti di beneficenza – Live Aid – fondati a partire dalla metà degli anni ‘80 per contrastare la carestia nel mondo, è rimasto coinvolto nell’inchiesta.
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I documenti mostrano come anche un fondo di proprietà di Geldof – che investe in 8 compagnie in Africa tra cui un allevamento di polli in Uganda e un vigneto in Etiopia – non paghi le tasse nel Regno Unito, dove è registrato, ma, con rate molto inferiori, sempre nella Repubblica di Mauritius.
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