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    TOR BELLA, BRUTTI CEFFI - MAXI OPERAZIONE ANTI SPACCIO A TOR BELLA MONACA A ROMA: ARRESTATE 51 PERSONE CON L’AGGRAVANATE DELL’ASSOCIAZIONE MAFIOSA - PRESI I TRE FRATELLI BOSS DELLA ZONA DI SPACCIO DEL "FERRO DI CAVALLO": GESTIVANO UN GIRO D’AFFARI DA 600 MILA EURO AL MESE - DECISIVE LE RIVELAZIONI DI DUE PENTITI - FERRARI, YACHT, ROLEX E PERFINO FOTO INCORNICIATE DI TONY MONTANA: I CAPI DELLA BANDA OSTENTAVANO LA LORO RICCHEZZA APERTAMENTE SUI SOCIAL…


     
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    Elena Panarella per "il Messaggero"

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    Viaggi in elicottero, in yacht, rolex, auto di grossa cilindrata (Ferrari, Maserati), vacanze all' estero, e diverse attività commerciali. Tutto filmato e postato sui social dai tre fratelli David Longo (il leader, padre di cinque figli), Daniel Longo e Alessandro Antonuccio a capo di una delle più grandi piazze di spaccio di Tor Bella Monaca.

    video tiktok boss tor bella monaca video tiktok boss tor bella monaca

     

    Per mostrare la loro vita da nababbi, ostentare forza e ricchezza prediligevano Tik Tok. Così venivano reimpiegati gli altissimi ricavi dell'organizzazione smantellata ieri all' alba dai carabinieri del Comando provinciale e del nucleo investigativo di Frascati.

    Carabinieri al Ferro di Cavallo a Tor Bella Monaca Carabinieri al Ferro di Cavallo a Tor Bella Monaca

     

    A coordinare l'inchiesta la Dda di Roma, con il procuratore aggiunto Ilaria Calò e il pm Simona Marazza. Cinquantuno le misure cautelari, 44 in carcere e 7 ai domiciliari, con l'aggravante dell'associazione mafiosa. Un giro d' affari da 600 mila euro al mese, ma anche sequestri di persona e pestaggi a chi non rispettava gli accordi con i vertici del gruppo criminale. Le indagini hanno permesso di ricostruire l'attività illecita che avveniva, di fatto 24 ore su 24, nella zona meglio conosciuta come Ferro di Cavallo.

     

    LA VIOLENZA

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    A dare un'accelerata all' inchiesta le rivelazioni di due pentiti che di quell' organizzazione criminale facevano attivamente parte. «Non usciamo più di casa, abbiamo paura per i nostri figli: siamo pronti a raccontare tutto».

     

    E così è stato: hanno messo tutto nero su bianco. «Mi sono avvicinato a David un anno prima che si sposasse - racconta uno dei due - ho prima iniziato a controllare vedette e pusher che facessero bene il loro lavoro. Poi mi sono stati affidati ruoli più importati come la gestione dei soldi e delle casseforti...».

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    Ed è proprio per un ammanco di denaro che è iniziato l'incubo per lui. «David ha accusato prima me e poi mio padre di averli presi, lo ha minacciato e schiaffeggiato, e mio padre ha ammesso... poi ha detto che entro 30 giorni voleva l'intera somma altrimenti ci avrebbe uccisi tutti».

     

    Il modus operandi era del tutto simile a quello conosciuto in altre grandi piazze di spaccio, come quella di Scampia, a Napoli: vedette, spacciatori e una organizzazione capillare in cui tutti avevano un ruolo preciso e chi sgarrava veniva punito.

     

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    E proprio i due pentiti erano stati presi di mira dai vertici della organizzazione per errori nella gestione della droga (e dei soldi) al punto da essere oggetto di sequestri a titolo di estorsione. L'inchiesta ha permesso di ricostruire i ruoli dei vari sodali all' interno dell'organizzazione.

     

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    David e Daniel (due dei tre fratelli a capo del gruppo), quando 5 anni fa le forze dell'ordine azzerarono il clan Cordaro comparivano tra gli arrestati. E sempre uno di loro (David) è stato arrestato a febbraio per tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, poiché ha gambizzato, nel 2016, un altro ragazzo per controversie legate al controllo del territorio.

     

    Durante il blitz in uno degli appartamenti perquisiti c' era la foto incorniciata di Al Pacino che interpreta il narcotrafficante Tony Montana in «Scarface». Una cosa che ricorre spesso in queste realtà criminali: il sogno di una vita da film coltivato a forza di poltrone a forma di trono, poster gangster style in bella mostra e nickname sui social in onore del super narcotrafficante colombiano Pablo Escobar.

     

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    La banda riusciva a guadagnare circa 20mila euro al giorno. Soldi che hanno permesso agli associati sia di impiegare i proventi illeciti in varie attività commerciali e sia di condurre una vita fatta di lussi. La droga, fiumi di cocaina ma anche eroina e hashish, veniva nascosta nei serbatoi dei veicoli in sosta, cantine occupate abusivamente munite di inferriate, nelle aiuole. Lo spaccio sulla strada rappresentava per il sodalizio una vera e propria strategia di marketing, adottata per garantire introiti più remunerativi agevolati dalla viabilità del luogo (e dalle vie di fuga).

     

    GLI SPADA E I NIGERIANI

     

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    Le indagini, inoltre, hanno accertato che il gruppo aveva contatti per l'approvvigionamento della droga anche con un esponente della famiglia Spada e alcuni membri della comunità nigeriana. Nell' ordinanza il gip Zsuzsa Mendola sottolinea che non è «da trascurare la rilevantissima circostanza che le pretese estorsive così come i sequestri di persona sono stati avanzati secondo uno schema di azione ampiamente collaudato...Gli indagati non hanno esitato ad utilizzare la forza intimidatrice tipica del metodo mafioso...».

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