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    MAY DIRE BREXIT, IL REGNO UNITO DICE SÌ AL RINVIO DI 3 MESI, ORA LA PAROLA PASSA ALL’UE - TRUMP MASSACRA LA PREMIER BRITANNICA: “DOVEVA ASCOLTARMI, LA QUESTIONE POTEVA ESSERE NEGOZIATA IN MANIERA DIVERSA. ODIO VEDERE COME TUTTO STIA FINENDO A BRANDELLI” - REFERENDUM-BIS BOCCIATO


     
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    Cristina Marconi per “il Messaggero”

     

    Westminster vota a stragrande maggioranza per chiedere un rinvio della Brexit almeno fino alla fine di giugno e, con 412 voti contro 202, chiude su una nota di inconsueto realismo una settimana difficilissima e confusa, ma solo dopo aver respinto, in linea con le indicazioni del Labour, l' ipotesi di un secondo referendum con 334 voti contro 85.

    theresa may theresa may

     

    Sebbene la mozione sulla proroga non fosse stata inizialmente presentata dal governo, rappresenta comunque un' opportunità per la premier Theresa May, che dopo la cocente sconfitta di martedì scorso, quando il suo accordo con Bruxelles è stato bocciato per la seconda volta, è tornata a poter sperare di far approvare la piattaforma concordata con la Ue la settimana prossima.

     

    La mozione votata ieri, infatti, specificava che la proroga da chiedere a Bruxelles sarà di tre mesi, fino al 30 giugno, in caso di approvazione dell' accordo, e più lunga, con l' obbligo di partecipare alle elezioni europee, se non ci sarà un percorso definito. Anche perché convincere i Ventisette del fatto che Londra possa far buon uso dei tempi supplementari è tutt' altro che scontato.

     

    donald trump donald trump

    LA SPERANZA Con l' appuntamento europeo del 21 e 22 marzo che incombe, il governo punta a un voto entro il 20, probabilmente martedì, nella speranza che i Brexiteers, davanti alla prospettiva di un rinvio dall' esito incerto e di un possibile rafforzamento della soluzione centrista di una Brexit soft sostenuta, seppur in forme molto diverse, da una sostanziosa schiera di deputati, seguano quanto già fatto da alcuni falchi come l' ex ministro della Brexit David Davis e si convincano a voltare pagina allineandosi alla May.

     

    Nella nebbia che circonda il processo di uscita del Regno Unito dall' Unione europea, è come se l' accordo della premier fosse «resuscitato dal regno dei morti», come fatto notare da alcuni commentatori, anche se la May ha dovuto incassare le critiche e le interferenze del presidente statunitense Donald Trump, secondo cui la premier «non ha ascoltato» i suoi suggerimenti sulla Brexit. E parlando accanto al premier irlandese Leo Varadkar, a Washington per le celebrazioni del giorno di San Patrizio, Trump ha detto che un secondo referendum «sarebbe molto ingiusto nei confronti delle persone che hanno vinto», aggiungendo: «Penso che avrebbe potuto essere negoziato in una maniera diversa. Odio vedere come tutto stia finendo a brandelli».

    THERESA MAY ALLA CAMERA DEI COMUNI THERESA MAY ALLA CAMERA DEI COMUNI

     

    Fino alla stoccata finale, grande assist agli estimatori del no deal: «Stiamo parlando di commercio e possiamo fare un grande accordo commerciale con il Regno Unito». Ma al di là delle influenze esterne, un Parlamento ormai impantanato nel suo stesso eccesso di strategia ha dimostrato ieri di essere non solo spaccato, ma anche ancora riluttante a calare le carte e stabilire con cosa sia d' accordo, al di là dell' indicazione di non volere un no deal né il 29 marzo né mai, come se la cosa si potesse stabilire per decreto e non attraverso negoziati e prese d' atto della realtà delle cose.

     

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    LA MOZIONE Una mozione che suggeriva di prendere le redini della Brexit attraverso una serie di voti indicativi da tenere già la settimana prossima e non, come previsto, più in là, è stata respinta con soli due voti di scarto, ma ancora più indicativo della difficoltà a schierarsi è il fatto che la mozione sul secondo referendum non è stata votata neppure dai sostenitori del secondo referendum, ritenendola potenzialmente dannosa per la causa e prematura, a meno di due settimane dalla scadenza del 29 marzo.

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    Che Jeremy Corbyn abbia detto ai suoi di non votare a favore del voto del popolo, sebbene nei giorni passati avesse dichiarato un timido sostegno per l' ipotesi, è la riprova, secondo molti, di quanto il leader laburista sia radicalmente euroscettico e incapace di mettere il suo peso politico a favore di una soluzione che possa portare, seppur in via molto ipotetica, a una revoca della Brexit.

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