DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm)
Lucia Annunziata, giornalista dalla ragguardevole spocchia, ex presidente della Rai e oggi europarlamentare del Pd, in un editoriale su Domani riferisce: «Una norma vieta di pubblicare testualmente le misure di custodia cautelare personali fino a che non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare.
Di fatto un invito a fare coperture senza citare fonti chiare o, se preferite, a non fare copertura del tutto». Posto che né Lo Zingarelli 2025 né il Nuovo Devoto-Oli riportano la locuzione fare copertura, ipotizziamo che essa potrebbe applicarsi ai seguenti ambiti. Militare: proteggere i commilitoni durante un’azione bellica per evitare che vengano colpiti.
Assicurativo: la garanzia offerta da una polizza. Aziendale: sostituire temporaneamente qualcuno o assumere un ruolo per assicurare la continuità di un’attività. Economico: adozione di strategie per coprirsi da rischi finanziari. Ma il «giornalistese» praticato da Annunziata ci dischiude ora più luminosi orizzonti.
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Sulla Verità, Maurizio Caverzan intervista il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, arcivescovo emerito di Conakry (Guinea). Nella prima domanda il giornalista rifila al porporato un colpo da kappaò: «Eminenza, anche quest’anno ci approssimiamo al Santo Natale».
Per Caverzan in America sarebbe un Pulitzer garantito. Ma anche il pio cardinale riesce a metterci del suo, tanto da finire virgolettato in un titolo surreale di prima pagina: «Il cardinale Sarah: “Non esiste il diritto a emigrare”». Ma come? Non fu proprio Gesù Cristo a ordinare: «Andate in tutto il mondo»? Non esisterebbe neppure la Chiesa, se gli apostoli non fossero emigrati e se Pietro non fosse arrivato a Roma.
Perché mai una persona nata in un certo luogo del globo non dovrebbe avere il diritto di trasferirsi da un’altra parte? La terra è di tutti, come insegna un romanzo di Ferdinando Camon, conterraneo di Caverzan.
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«Anni di massacri, torture, una guerra civile, un’alleanza con Mosca costata la vita a mezzo milione di persone morte nei raid chimici e non». È un passaggio dell’articolo in cui Marta Serafini ricostruisce sul Corriere della Sera la storia del clan Assad, rimasto al potere in Siria per 50 anni.
Ma l’avverbio negativo olofrastico – così chiamato perché, da solo, costituisce un’intera frase – è soltanto no, ed è questo il motivo per cui Elio Vittorini intitolò Uomini e no un suo romanzo. Quindi Serafini avrebbe dovuto scrivere «raid chimici e no».
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Attaccando, nell’editoriale di prima pagina, Matteo Renzi, che lo fece licenziare dalla direzione di Libero, Maurizio Belpietro, direttore della Verità, sostiene che l’ex presidente del Consiglio ha reputato «meglio seguire l’esempio di altri premier, tutti rigorosamente di sinistra».
Solo che fra i leader divenuti conferenzieri dopo essere decaduti dall’incarico cita Bill Clinton e Barack Obama, che, più che premier, sono stati presidenti degli Stati Uniti. Poi, con un guizzo di acume degno del signore de La Palice, Belpietro osserva che «dall’ex cancelliere tedesco all’ex presidente americano, sono tutti ex». E sorvoliamo sulla concessione finale («Se il fondatore di Italia viva vuole difendere il suoi affari»), perché siamo inclini a condonare i lapsus calami, a meno che non siano irresistibilmente comici.
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Iacopo Scaramuzzi, sul Venerdì di Repubblica, c’intrattiene sul prossimo conclave e si cimenta con le statistiche, esercizio notoriamente molto rischioso. Scrive infatti che «erano 48 i Paesi rappresentati nel conclave che elesse Bergoglio nel 2013, oggi sono 73».
La frase è maldestra, perché ovviamente nessun conclave potrebbe eleggere un’altra volta nel 2024 il gesuita argentino: bisognava scrivere «nel conclave del 2013 che elesse Bergoglio».
Ma soprattutto lo zelante vaticanista ha contato male, visto che i Paesi rappresentati in un conclave alla data odierna sarebbero 72, e non 73. Scaramuzzi dimostra inoltre notevole sprezzo del pericolo: l’attuale Pontefice potrebbe aversene molto a male leggendo che i Paesi rappresentati nel conclave oggi sono 73, quando invece non c’è nessuna successione in vista.
Scaramuzzi ricorre poi alla consueta frase che fu attribuita per primo da una storica firma del Corriere della Sera, Silvio Negro, al cardinale Ercole Consalvi: di fronte a Napoleone, che minacciava di farla finita con la Chiesa cattolica, Consalvi, in una data imprecisata ma certamente nel primo quindicennio del XIX secolo, avrebbe risposto, stando al vaticanista della Repubblica, «sono venti secoli che noi stessi ci proviamo, e non ci siamo riusciti».
Qui il conto era molto più semplice, e senz’altro meno pericoloso, perché i secoli erano allora ovviamente 18, come racconta l’impeccabile Negro. Ma la fretta, sommata all’inesperienza, gioca sempre brutti scherzi.
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andrea monda con papa francesco
Titolo a tutta pagina su Domani: «La sinistra ora pretenda tasse ai ricchi». Essendo posto a corredo di un articolo dell’economista Francesco Saraceno, pare fuori di dubbio che a Domani parlino arabo. (Il verbo transitivo pretendere significa «esigere o reclamare in base a un preciso diritto», quindi tutt’al più si possono «pretendere tasse dai ricchi», non «ai»).
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Incipit di un articolo di Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano: «È un album potente questo ultimo di Nick Cave, Wild God, ben raccontato nell’articolo qui pubblicato di Massimo Granieri, ed è forte, energico, perché ruota intorno alla gioia, il più potente di tutte le emozioni e i sentimenti umani».
Premesso che siamo rimasti fermi ai direttori del giornale vaticano che apprezzavano «Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole» (Vangelo di Luca, 24, 19), più che Nick Cave, cantautore australiano, ci complimentiamo con Monda per la concordanza fra «gioia» e «il più potente di tutte le emozioni».
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