LETTERE E CARTOLINE SEPOLTE DALLA RIVOLUZIONE DIGITALE - IN ITALIA, NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI, LA CORRISPONDENZA S’È QUASI DIMEZZATA - NESSUNO È PIÙ ABITUATO A SCRIVERE CON LA PENNA E CON I SOCIAL, CHI HA PIÙ TEMPO DI ASPETTARE CARTOLINE?

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Alberto Custodero per “la Repubblica

 

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Addio lettere, cartoline, buste e francobolli. Il declino in Italia è uno dei più elevati del mondo. E i dati, del resto, parlano chiaro. In cinque anni cala del 39 per cento il volume della corrispondenza. Nel 2012, ad esempio, gli invii postali ammontavano a 4800 milioni, nel 2013 a 3700 milioni: in appena dodici mesi s’è registrato un calo del 22 per cento. Alessandro Chiavelli, coordinatore nazionale Cgil Slc, conferma il trend tutto in discesa del volume d’affari.

 

«Dieci anni fa — ricorda il sindacalista — il 52 per cento dei ricavi era imputabile ai servizi postali. Oggi, questo ramo storico di Poste incide sui ricavi complessivi di appena il 16-17 per cento». «Cambiano le abitudini degli italiani », spiegano alle Poste. «La posta di carta è stata sostituita da quella elettronica». La corrispondenza oggi viaggia su piattaforme digitali. La gente spedisce le e-mail. Per comunicare utilizza i social forum. Se va in vacanza, non spedisce più le cartoline, ma condivide in tempo reale fotografie, oltre che su Facebook o Twitter, anche su WhatsApp o Instagram.

 

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Di conseguenza a perdere terreno è anche una figura poetica che ha ispirato tanta letteratura e cinematografia, dal libro di Antonio Skármeta al film di Massimo Troisi: il postino. «Qualche anno c’era un esercito di 40 mila portalettere — denuncia Cinzia Maiolini, della Cgil Slc — ora ridotto a 35 mila».

 

E il mondo dei portalettere è oggi in agitazione. «Nelle principali regioni del Nord — aggiunge la sindacalista — è in corso uno sciopero degli straordinari per protestare contro l’uso indiscriminato dei precari per coprire le carenze strutturali di personale». La «contrazione postale in Italia, tra le più elevate a livello europeo», secondo Poste, è dovuta anche «al peggior andamento dell’economia italiana, unico fra i maggiori Paesi europei a mostrare un valore del Pil inferiore a quello di otto anni fa».

 

Insomma, con la crisi del mercato, calano gli scambi commerciali e, di conseguenza, pure i bonifici bancari che costituiscono la voce grossa del volume della corrispondenza. La mutazione dei costumi penalizza Poste, ma al contempo avvantaggia i competitor stranieri «concentrati prevalentemente nelle aree urbane ad alta densità abitativa».

 

E in questo momento di criticità, non aiuta certo lo scandalo dei furti di corrispondenza che avvengono all’interno dei centri di smistamento aziendali. Si tratta di un fenomeno percentualmente minimo rispetto al volume complessivo della corrispondenza. Ma che preoccupa l’Amministrazione per il danno di immagine. E per il rischio che gli italiani perdano fiducia nella sicurezza del servizio postale.

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Presso i centri di smistamento (o tra i postini) ci sono dei veri Arsenio Lupin in grado di individuare (e rubare) i pacchi contenenti valori. «Riescono a scovare perfino le buste con le offerte in denaro ai centri di culto», ammettono i responsabili Sicurezza. Per la prima volta Poste ha fornito a Repubblica i dati finora riservati sui furti interni.

 

«Ogni giorno — fa sapere l’Amministrazione — spariscono per furti o rapine 242 tra buste e pacchi. Ogni anno i furti di corrispondenza interna ammontano a 60mila e 500». Una piaga, se si pensa che solo al centro di smistamento di Fiumicino (dove transita un quinto della corrispondenza) vengono rubati 4309 pezzi all’anno, 17 al giorno. Così dal 2013, in seguito a un accodo sindacale, è in corso presso il Centro meccanizzato postale di Napoli un sistema di controllo del personale anche con l’uso di telecamere. Ed è stata istituita una task force interna che ha portato all’arresto, e licenziamento, di 48 dipendenti. E alle vittime dei furti (se accertati) la magra consolazione di un indennizzo per una lettera o un pacco che non vedranno mai. Fino a 700 euro.

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