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Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Venerdì sera, nel corso di Propaganda Live (La7), quella miniera umana di racconti che è Filippo Ceccarelli ha deplorato l'intervento del ministro della Cultura, a proposito di suggerimenti sulle fiction tv, ricordando l'episodio Barbarossa. A quel tempo, correva l'anno 2007, Umberto Bossi desiderava un film che celebrasse le gesta di Alberto da Giussano e chiamò il regista Roberto Martinelli, allora leghista, per portare a termine l'operazione.
Attraverso la consigliera Giovanna Bianchi Clerici, intervenne Agostino Saccà, allora responsabile della fiction Rai. E il film fu flop al botteghino, flop di ascolti, flop di pubblico e di critica, flop su tutti i fronti: questi sono i singolari record battuti da Barbarossa . L'unica scena degna di essere conservata è quella in cui appare Umberto Bossi, vestito da nobile milanese.
Ceccarelli ha il singolare merito di sbloccare i ricordi. Dopo la mia recensione sull'opera, Agostino Saccà scrisse una piccata lettera al Corriere che, senza mai entrare nel merito della «sponsorizzazione» bossiana, si pregiava di concludere così: «Comunque, prendo atto che più il prof. Grasso ci attacca, più la fiction Rai ha successo».
Contento lui.
bossi nobile lombardo nel barbarossa
Il vizio della fiction Rai era quello di produrre opere di piccolo respiro (spesso di due puntate), possibilmente agiografiche, in modo da poter accontentare tutti: politici, produttori, registi, attori. Soltanto sotto la direzione di Tinny Andreatta e poi di Maria Pia Ammirati, Rai Fiction è cresciuta in qualità e in progettualità. I ministri facciano i ministri, i politici non sponsorizzino le fiction tv con i soldi del servizio pubblico, i dirigenti Rai dimostrino di essere all'altezza del loro ruolo. In un Paese civile le cose funzionano così. Ma bisogna leggere i libri di Filippo Ceccarelli per capire le peculiarità del nostro Paese.
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