AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO…
Marina Cappa per “Vanity Fair”
ALESSANDRO PREZIOSI CON ELETTRA
Un uomo, una donna. Lui la invita fuori, cenano, la serata finisce a casa di lei. Il mattino dopo. Lui è felice, racconta che forse si è innamorato. Lei lo denuncia per stupro, alla polizia e con un post su Facebook. Due verità vivono parallele. Protagonista di Non mentire (dal 17 febbraio su Canale 5), serie ispirata all’inglese Liar, è Alessandro Preziosi (l’accusatrice è Greta Scarano). In tournée con L’odore assordante del bianco, l’attore in primavera girerà ancora l’Italia, regista di un documentario sui nostri terremoti.
Nel frattempo, a 45 anni, dice: «Sono diventato adulto, ho smesso di giocare, o almeno gioco con più delicatezza, come un tempo, senza far male a nessuno».
Che cosa intende per far male?
«Magari capita che dici una cosa poco delicata».
Le parole sono pietre, e questo lo insegna anche Non mentire.
«C’è la parola di lei contro quella di lui. Una situazione grave, da cui difficilmente si torna indietro. Due persone che si conoscono si piacciono, escono, lei lo fa salire… Ecco, già il fatto che lo faccia salire in qualche modo significa che si sta mettendo “nelle condizioni di”».
Un invito quindi sarebbe quasi una colpa?
«Il problema è: non dovrebbe farlo salire? Le relazioni sono diventate troppo veloci?».
Ma a lei è mai capitato di equivocare un invito?
«Certo che mi è capitato».
E come ha reagito quando ha scoperto che il «no» non era un «sì»?
«Ho cercato in tutti i modi di arginare la situazione, con tenerezza più che prevaricazione, facendo opera di convincimento, oppure fingendo che non avevo intenzione di arrivare fino a quel punto. Ma poi, io sono la persona più sbagliata: non ci capisco niente».
Come non ci capisce niente?
«Non capisco quando una donna è intenzionata ad assecondare questa passione, a viverla fino all’ultimo punto. In teoria sono molto fisico, passionale, ma vivo anche dell’alchimia che ho con qualcuno, solo che questa alchimia brucia velocemente».
In che senso?
«Con l’atto fisico l’afflato passa. Per esperienza posso dire che spesso bisognerebbe aspettare. L’andare a letto, che è l’ultimo strato di cipolla della conoscenza di una persona, diventa troppe volte il primo. I miei primi fidanzamenti – quando prima ci si conosceva, si andava al cinema, si incontrava il papà di lei e solo alla fine si faceva l’amore – li ricordo come una scoperta dove ti mancava l’aria. Poi si cambia, non diamo più valore a niente. Quelle donne ancora le sento, mentre oggi, dopo cinque anni… silenzio, che follia! Mi fa specie questa liquidità di rapporti».
Immagino stia parlando di Greta Carandini, e della vostra storia finita qualche mese fa.
«Fra noi c’era un senso di possibilismo che all’inizio era una grande chance di apertura, e poi è diventato una bruttura. Lasciamo stare».
A parte i casi personali, nell’ultimo anno si è molto parlato di violenze subite dalle donne. Da uomo, lei come vive la sollevazione femminile?
«È come la depressione, che facciamo fatica a considerare malattia, mentre lo è. Volere a tutti i costi andare a letto con una persona che si oppone rivela la natura violenta del maschio, ma nasconde anche una malattia che nasce dal vedere la sessualità sbattuta dappertutto, stimolata dalla virtualità: l’ho visto sul web, allora lo voglio rifare. Dopo di che, è facile dire che se sali nella stanza del produttore gliela vuoi dare».
E lei lo condivide?
«No: magari vuoi attirare la sua attenzione, ma di lì a volerci andare a letto ne passa. Se l’uomo agisce così si è di fronte a una forma di femminicidio, però c’è anche una patologia. Bisogna intervenire per prevenire. Se bevo mezzo bicchiere di vino mi tolgono la patente, e giustamente mi obbligano a controlli su controlli. Perché non si fa lo stesso con persone a rischio di compulsione sessuale e lo si considera un fatto di costume? Se ne parla ma non cambia niente».
Lei ha cambiato il suo rapporto con le donne?
«Io sono uno che scherza in continuazione e sono molto fisico. Ma sicuramente non sono ricattabile».
Però delle sue storie sentimentali si scrive spesso.
«Mi definiscono “il playboy Alessandro”, mi fotografano con una donna a fianco e buttano nel canale telematico: e io come lo spiego alla persona con cui vivo? D’altra parte, avevo una fidanzata che mentre era in motorino con me chattava sul telefonino…».
Le accuse di violenza sessuale a Fausto Brizzi sono appena state archiviate. Insieme, avete girato Maschi contro femmine e Femmine contro maschi. Vi siete sentiti?
«Quando tutto cominciò, gli mandai una mail: pensa la vita come una cosa molto più lunga, pensa a tua figlia. Temevo che il peso di quelle informazioni lo buttasse in una depressione senza fine. Mi sono messo nei suoi panni: se a me capitasse una cosa del genere, mi è appena nata una figlia, mi accusano di avere stuprato, abusato…
Non entro nel merito della verità, penso all’aspetto umano: per quanto male tu possa aver fatto a qualcuno, bisognerebbe fermarsi e aiutare le persone in quelle condizioni, al di là del fatto che sia vero. Comunque, Brizzi mi è sempre sembrato divertito dai rapporti uomo-donna, non ho mai pensato fosse come l’hanno descritto».
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