DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Maurizio Porro per il "Corriere della Sera"
Prima scena ed ecco subito l'origine del mondo, nel senso dell'audace prospettiva del quadro di Courbet. Stavolta la modella è Isabella Ferrari, protagonista del nuovo film di Paolo Franchi "E la chiamano estate" in concorso a Roma, pronto a immolarsi come scandalo dietro al titolo che ricorda rotonde sul mare anni 60. Imbarazzi per l'attrice? «Nessuno. A me piace masticare i testi fino alla nausea, chiedevo sempre chi era vittima e chi carnefice ma non ho mai avuto desiderio di scappare, quel nudo lo sentivo come il mio costume, era come se avessi una gonna scozzese».
Scene hot, incontri in locali per scambisti, ma il vero scandalo è un altro e lo rivela Paolo Franchi, talentuoso 40enne che insegue una sua idea di cinema via dalla pazza folla: «à la storia di un uomo infelice che non riesce a fare l'amore con la donna che ama perché ha un io affettivamente diviso tra il sesso e il sentimento, senza canali di comunicazione».
Forse non è il solo, ma il tema è analiticamente succulento per un regista che insegue gli incomunicabili fantasmi di Antonioni.
Precisa Ferrari: «Paolo è un autore particolare ed io esprimo il vuoto di una donna e di un momento storico: ogni scena è una sfida, con silenzi e pause loquaci. Se c'è qualcosa di me? Non lo so, però l'ho molto sviscerata questa Anna: è votata al martirio ma anche scettica, pazza come lui lungo un rapporto strano che mi ha fatto lavorare nella mia inquietudine e malinconia, nell'elemento primordiale dell'acqua, galleggiando in un vuoto affascinante per tutti, specie oggi in momenti di grande affaticamento per l'arte».
Insomma i due amanti non consumano, si desiderano ma non si toccano: l'amore platonico, si diceva una volta. Per possederla virtualmente con la memoria altrui l'uomo - si chiama Dino come il protagonista della citata Noia di Moravia - frequenta club misti, prostitute e va a trovare gli ex amanti della donna, ma le cose si complicano, mentre la Pavone canta «Che m'importa del mondo...».
Spiega Franchi: «Solo condividere il dolore è vero amore. La miccia del soggetto è scoppiata leggendo un caso di cronaca di un uomo che tradiva la moglie, una schizofrenia neo platonica che gli faceva scaricare il sesso altrove. Ho pensato che è un tema attuale, specie per i maschi. Poi ho unito alcuni romanzi e il gioco è nato nel subconscio quasi da solo».
Per controllare di persona, all'inizio delle riprese del film che segna il debutto di produttrice di Nicoletta Mantovani in Pavarotti, innamoratasi del progetto («è un film percepito più dalle donne, si gioca il jolly del sentimento»), il regista ha osservato diversi club di scambisti. «Un sacco di gente, visibilmente borghese, è pronta quasi a tutto perché è difficile rimanere soli e indifferenti a osservare una realtà che rispetto all'immaginazione è più semplice e normale. à gente che lo fa con vitalità e con gioia. Ho usato anche la fantasia, non volevo fare sociologia spicciola ma farmi un'idea di come il sesso virtuale diventi reale. Nei club c'è senso di predeterminazione, qualcuno va per stordirsi, sono molte le tipologie e gli approcci».
Isabella Ferrari, che precisa di non aver fatto sopralluoghi nei privè, dice: «Il vero problema è fuggire dalla realtà , dentro un'immaginazione protettiva: una donna non riesce a toccare il partner ma ha desiderio sessuale, una forma di disagio molto contemporaneo. Non è stato facile, ma per me è grande cinema, certo particolare. C'è un grande senso di vuoto per tutti tanto che ora vorrei stare un po' dentro la mia vita, progettando di fare teatro».
Fra i suoi uomini nel film Jean-Marc Barr è l'infelice partner sublimato, appare un attimino disteso Luca Argentero ma è Filippo Nigro che si assume le pose sconvenienti, lavorando con attori hard. «Alla fine è una disfatta - dice Franchi - ma comunque il finale caldo dà anche una speranza, perché il dolore fa parte della vita e l'amore deve insegnare questo: tutto parte da lontano. Il nudo della Ferrari ci ricorda il mare, l'origine del mondo: inizio e finisco con l'acqua, ritorno al ventre materno, oltre al sesso. Lo spettatore dovrebbe realizzare che l'amore è profondo, irragionevole, a volte è anche veleno e spesso non corrisponde ai canoni dei Baci Perugina, ma fa toccare beatitudini e abissi elevati».
Come ha convinto la signora Pavarotti ad impegnarsi in una storia audace? «à stata attratta da questa sofferenza che la sceneggiatura trasmetteva e dalla lettera scritta da Dino nel film: presa al lazo sentimentalmente». Il film uscirà il 22 novembre dopo l'atteso debutto a Roma. Ma lei non ama i festival. «Sono sempre molto pericolosi, però servono». Sicure le previste polemiche, come per gli altri due bei film di Franchi, La spettatrice e Nessuna qualità agli eroi, non pianificata trilogia di ossessioni. L'autore, da parte sua, da geniale nevrotico, ha iniziato da tempo a psicosomatizzare: «Io stesso mi chiamo body art».
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