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Andrew Quilty per http://www.dailymail.co.uk
Per molti afghani assistere a un combattimento tra cani o a una partita di “buzkashi” fa parte della routine del venerdì tanto quanto andare a pregare alla moschea. Gli sport violenti sono molto radicati nel paese e sono rifioriti a partire dal 2001, anno in cui l’invasione americana ha posto fine al governo talebano.
Insieme ai più classici combattimenti tra galli, pernici, cani, e gli incontri di wrestling, è tornato in auge anche uno sport antichissimo, che risale ai tempi di Gengis Kahn: il buzkashi, in cui due squadre di cavalieri (chapandoz) devono impadronirsi della carcassa di una capra (boz) e portarla all’interno di un cerchio di calce.
pubblico a una partita di buzkashi
Il gioco è sostanzialmente violento, nel senso che non esistono particolari regole, o quantomeno non esistono regole scritte: è concesso, ad esempio, colpire il cavaliere avversario o il suo cavallo con il frustino, spingersi e strattonarsi reciprocamente. Sono frequenti gravi infortuni causati dagli urti e dalle cadute da cavallo.
In molte regioni dell’Afghanistan questi sport continuano ad essere contestati dai Talebani, che li vedono frivoli e non-islamici, e molte arene sono state teatro di attacchi negli ultimi anni. Nel 2008, nella provincia di Kandahar, un kamikaze ha ucciso 80 persone facendosi esplodere ad un combattimento di cani a cui erano presenti alcuni leader anti-talebani.
Nel novembre 2014, un attentato durante una partita di pallavolo nella provincia di Paktika ha ucciso 50 persone. Ma sono solo dettagli per un popolo che dall’occupazione sovietica del 1979 ha vissuto venti anni di terrore e restrizioni. Il fascino degli sport illeciti e violenti è forte, e rispecchia il clima sociale e politico dell’Afghanistan, un paese dove soldi e potere hanno la meglio su buona volontà e antiche alleanze e dove le divisioni etniche e tribali minano i governi con le migliori intenzioni.
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