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Michela Tamburrino per "La Stampa"
Per Gia Coppola i film sono un affare di famiglia. Troppo facile pensare che la giovanissima regista debuttante si senta solo protetta dal suo cognome famoso. Sono un affare di famiglia perché la nipote del grande Francis, classe 1987, un apprendistato nei video di moda, tende a ricreare un ambiente casalingo pure sul set da tutti insieme appassionatamente, mangiate e dormite comprese.
Così ha fatto durante le riprese di Palo Alto , tratto dall'omonimo libro della star di Hollywood James Franco. Il meglio di varie novelle accorpate con tema l'adolescenza dolente e spersa, «In stato di ebbrezza» quella preponderante.
Presentato per la rassegna Orizzonti, il film dà voce alla confusione e alla profonda solitudine di un gruppo di teen agers californiani, sbronze e spinelli per esorcizzare la paura del nulla, famiglie inesistenti o peggio nocive, punti di riferimento sballati. Nel cast lo stesso James Franco nei panni del coach di calcio femminile che approfitta della sua posizione di leader.
Per il resto, una teoria di parenti d'arte: la protagonista Emma Roberts, il debutto di Jack Kilmer, figlio di Val pure lui della partita in un piccolo ruolo così da non perdere di vista la nidiata, e Jackie Getty, la mamma di Gia Coppola, la svampita madre della protagonista.
«à stato divertente lavorare insieme, soprattutto per l'atmosfera che si è creata». Atmosfera da campus americano. «Per tenere d'occhio tutti questi ragazzini la maggior parte buttati nella mischia da mia figlia - dice la Getty - ho ospitato tutti in casa. Preparavo da mangiare, li accudivo, soprattutto mettevo la sveglia, altrimenti sai che ritardi sul set! ».
A dare fiducia a Gia è stato James Franco che da autore voleva uno sguardo e una sensibilità diversa per la trasposizione cinematografica del suo lavoro, uno spirito di gioventù che potesse trascendere il film di genere.
«Io capisco che cosa vuol dire essere adolescenti e sotto i riflettori - dice Gia - e capisco cosa vuol dire non esserlo più. C'è una ricerca d'innocenza commovente, un desiderio di purezza, una nostalgia della mia gioventù che mi accompagna sempre. Ho compassione per questi ragazzi che buttano via la loro vita e capisco che è proprio in quell'età che si gioca la partita decisiva.
à un'epoca di transizione in cui accadono tante cose, punto focale in cui l'innocenza si confronta con l'esperienza; lì definisci la tua identità di adulto. Salinger, Gus van sant e tanti altri hanno affrontato il tema infinito quanto l'umanità . Sono cresciuta in una famiglia straordinaria ma a una certa età si cercano modelli esterni, guide diverse. A volte sbagliate». Interviene James Franco, «i bambini cercano amore, affetto, cura. Non è un cliché neppure la sensazione di estrema solitudine che arriva da questa ricerca».
Gia, raccontare storie così distruttive comporta un rischio emulazione? «No, o almeno questo pericolo è compensato dal fatto che i ragazzi vedendo altri giovani spaesati come loro, si sentono meno soli».
Gia Coppola ora è cresciuta e non cerca più conferme. Dopo aver recitato e lavorato come assistente ai costumi sul set di (Leone d'oro a Venezia nell'edizione numero 67) con la regia di Sofia Coppola, ora risponde con diplomazia: «So di appartenere a una famiglia che ha fatto film molto importanti. Adoro i lavori di mio nonno e di Sofia ma sono felice se posso fare da sola. à il mio primo lavoro e contiene tutto quello che amo: musiche, costumi, la fotografia che ho studiato per tanti anni. James mi ha presa per mano, mi ha fatto girare una prima versione senza attori di 45'. Ho acquisito sicurezze. E poi sono pur sempre una Coppola».
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