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PRONTI? RIPARTE "LA CASA DI CARTA" – LA BANDA DI RAPINATORI PIU' AMATA DEL MONDO IN ONDA DAL 3 APRILE SU NETFLIX RISERVA COLPI DI SCENA: TUTTI SOSPETTANO DI TUTTI - PARLA ÁLVARO MORTE:“LA SERIE AVEVA COME PRIMO OBIETTIVO QUELLO DI DIVERTIRE IL PUBBLICO, PERÒ ABBIAMO CREATO UN DIBATTITO: A VOLTE I BUONI NON SONO COSÌ BUONI E…” - VIDEO – SPOILER ALERT

 

Silvia Fumarola per “la Repubblica”

 

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Álvaro Morte è il nome d'arte. Ci vuole una certa personalità per scegliere un cognome così definitivo, ma quello vero, García, gli sembrava banale quando, studente di ingegneria, ha deciso che avrebbe recitato.

 

Col ruolo dell' enigmatico Professore de La casa di carta - da venerdì su Netflix è disponibile la quarta stagione - l' attore spagnolo, 45 anni, è diventato una star planetaria, ma si capisce che tiene i piedi per terra: «Ho tantissime offerte di lavoro ma la cosa che mi preoccupa di più è che la popolarità non dia fastidio alla mia famiglia» spiega al telefono lo stratega della serie dei record ideata da Álex Pina.

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La casa di carta 4 riserva sorprese, dopo che la regola "nessun legame" è stata infranta. Il Professore si è innamorato di Lisbona (Itziar Ituño), e ora è convinto che sia stata giustiziata, Rio (Miguel Herrán) e Tokyo (Úrsula Corberó) hanno distrutto un carro armato e Nairobi (Alba Flores) lotta tra la vita e la morte. La banda di rapinatori più amata del mondo sospetta di tutti.

 

Álvaro, come vive l' emergenza coronavirus? Purtroppo in Spagna la situazione è drammatica.

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«Per prima cosa mando un abbraccio fortissimo a tutta l' Italia. Forza, coraggio! Speriamo di uscire da questa situazione quanto prima. Resto a casa. Fortunatamente, almeno al momento, non ho casi in famiglia però ho amici contagiati. Siamo circondati da eroi che stanno facendo di tutto perché si possa tornare alle nostre vite quanto prima».

 

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Com'è cambiato il Professore, maniaco del controllo, da quando si è legato all' ex poliziotta Raquel, ovvero Lisbona?

«Il Professore ha vissuto tutta la vita solo. È uno stratega intelligente, il suo punto debole è la mancanza di intelligenza emotiva. Il fatto di avere una compagna lo destabilizza.

La ama, ma lo turba moltissimo non poter lavorare al piano da solo. In teoria tutto sarebbe dovuto finire al termine della seconda stagione, quando i due si sono messi insieme.

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Invece si è riaperto lo scenario e abbiamo dovuto dargli una vita insieme. Avrei preferito che il Professore andasse avanti da solo».

 

La banda ha accolto nuovi membri, si affida alle armi, c' è un cambio di passo. Anche momenti splatter.

«Alla trama serviva un' evoluzione. Avevamo bisogno di portare i protagonisti all' estremo, sia in termini emotivi che di tensione. E avere facce nuove, non solo nella banda ma come nemici, è il caso di Gandía (José Manuel Poga) che genera terrore in una situazione caotica. Era necessaria più tensione nei personaggi per vedere se sono capaci di venirne fuori».

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Alle azioni della banda è stata data anche una lettura politica: ce l' hanno?

«Certo. Magari non era la prima intenzione, l' obiettivo era divertire il pubblico. Però abbiamo creato un dibattito: a volte, i buoni non sono così buoni e lo stesso vale per i cattivi.

 

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Il sistema che ci hanno sempre voluto vendere come il migliore magari poi non lo è davvero. La serie spiega bene che, anche se siamo piccoli, abbiamo sempre un certo potere per cambiare le cose. Questo messaggio, soprattutto con i tempi che corrono, mi sembra importante».

 

Cos' ha colpito il pubblico?

«Al di là del mix di generi messi insieme con maestria da Álex Pina - azione, dramma, commedia - i personaggi ben definiti: ci identifichiamo nelle loro passioni.

 

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Gli elementi diventati iconici come le tute rosse e le maschere di Dalí portano a dire che siamo la resistenza, che bisogna andare contro chi ha il potere e ne abusa.

È facile identificarsi nel messaggio, buona parte del pubblico si è appassionato per questo».

 

Il Professore è un uomo di poche parole e grande intelligenza. Ma le donne sono forti, forse più delle eroine americane, non crede?

«Volevamo che le donne avessero qualcosa da dire. Di fatto, la voce narrante è di Tokyo. All' inizio avrebbe dovuto essere quella del Professore ma sarebbe stato pretenzioso che parlasse in prima persona del suo piano, definendolo "magnifico". Era interessante la visione femminile e abbiamo fatto sì che le donne avessero un ruolo importante in termini di forza».

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Immaginavate che "La casa di carta" avrebbe avuto questo successo? È la serie non in lingua inglese più vista nel mondo.

«E non solo, è tra le prime di tutta l' offerta di Netflix. No, non lo immaginavamo. Siamo molto orgogliosi di aver dimostrato che non solo le grandi produzioni Usa sono in grado di arrivare in tutto il pianeta ma anche quelle targate Spagna, Italia, Germania, Argentina, Messico».

 

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Girerebbe lo spin off della serie? Se n'è molto parlato.

«Adesso ho molti progetti e scelgo in base alla qualità. Se fosse un progetto interessante, sicuramente sì».

 

Quando ha capito di essere diventato una star?

«Giravamo in Thailandia la terza parte della Casa di carta e ci sembrò stranissimo, la gente continuava a fermarci per strada. Hai la sensazione di non essere anonimo da nessuna parte.

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Quando sei famoso nel tuo paese puoi andare in vacanza all' estero, nessuno ti conosce. Per noi ora è molto complicato, la serie è vista in 190 paesi. La mia vita è cambiata, ho tantissime offerte. Di sicuro do retta ai fan, se lo meritano. Ma cerco di proteggere la famiglia dal circo mediatico».

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