DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
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Storyboard P è un vortice. Guardarlo muoversi, che sia a una performance con Jay Z, in un video dei Flying Lotus o in strada, significa assistere alla sfida di un uomo che vuole espandere i parametri della sua forma d’arte. Il “New Yorker” lo ha definito, a ragione, “il Basquiat della street dance".
Il 24enne è nato a Brooklyn ed è il più eccitante ed espressivo street dancer al mondo. Sin da ragazzino, è spiccato nella scena “Flexing”, un ballo originatosi in Giamaica e sviluppatosi a New York, che combina le mosse della breakdance e l’intensità emotiva della danza contemporanea. E’ stato incoronato “Re della Strada” a 16 anni e da allora ha inventato un suo modo di esprimersi, fluido, unico.
Racconta: «La mia forma è mutante. Sono un profeta dell’individualismo. Ho mischiato tutto in un collage, come fosse animazione in stop motion, e l’ho unito al balletto. Poi ho aggiunto personaggi e narrazione, come in una commedia. Mentre mi muovo, fletto il tempo. Altri ballerini sono ricercatori. Io no. Io sono un navigatore. So cosa voglio comunicare. Conosco alla perfezione ogni muscolo del mio corpo. Faccio questa roba da quando avevo otto anni, l’ho respirata, mangiata, bevuta, sudata. Non ho dormito, perché non riuscivo a lasciarla».
La sua danza è inestricabile dal luogo in cui è nato è cresciuto: «L’abbandono è un grande tema del mio quartiere. Lo stile che creiamo qui deriva da una guerra. Assorbiamo violenza, avidità e ambizione e la rimbalziamo, la restituiamo. Molte gang di Brooklyn tentano di porre fine ai conflitti ballando. Non è un’onda, è un vero e proprio movimento.
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Sulle onde la gente salta ma poi passano. Il movimento è costante, militante. E’ uno stile di vita come fu per Earl “Snakehips” Tucker, il boa umano che batté le vie di Harlem ancheggiando come un serpente. Gli schiavi comunicavano a loro modo per non farsi beccare dai padroni. Il mio è come un moderno sistema di tarocchi, ho le mie figure, ho il “Marvel Universe”. Uno dei miei compagni è il fantasma che mi connette a un’altra dimensione. Lo possono fare tutti gli uomini, ma lo hanno dimenticato, preferendo la dimensione fisica. Invece noi viviamo in infinite dimensioni, è come l’interfaccia del computer, ed è così che creo».
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