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Alessandro Oppes per “la Repubblica”
Normale che la indossino con orgoglio, quella t-shirt senza maniche con lo slogan della casa, che è un programma già in sé: «I survived Barcelona». Te la guadagni, la maglietta, se compri per 15 euro il “party pack” che dà diritto alla magica “pulsera”, il braccialetto che ti apre le porte del divertimento selvaggio. In una notte, quattro bar e una discoteca con piena libertà di consumare tutto l’alcol che vuoi, «all you can drink». Così tutti i giorni della settimana.
Sopravvivere, ché di quello si tratta, per poter poi toccare il cielo con l’appuntamento più atteso: la “Booze Cruise Barcelona” (appena 40 euro, ma solo per chi ha osservato nelle notti precedenti l’obbligo di partecipare ai tour etilici): una crociera di tre ore per il Mediterraneo «with unlimited alcohol, per placare la tua sete sotto il sole spagnolo», recita il sito degli organizzatori, che si rivolge soprattutto a giovanissimi turisti americani, fedeli come sempre all’appuntamento con l’estate catalana.
Scandalo al sole. Barcellona ormai sembra aver superato Amsterdam come città più “trasgressiva” d’Europa. Attrae milioni di visitatori stranieri ogni anno il sole di Spagna, ma arroventa sempre di più una polemica fatta di eccessi vecchi e nuovi. Un cocktail esplosivo fatto di alcol, sesso sfrenato e droga.
Una delle ultime mode — complice un parziale vuoto legislativo — è il proliferare dei “clubs cannábicos”, circoli privati dove si può fumare liberamente marijuana. Solo nella capitale catalana ce ne sono duecento. Dovrebbero essere semplici luoghi d’incontro tra amici, unica circostanza che ne può giustificare l’esistenza. In realtà, vengono invece pubblicizzati con la distribuzione di flyers nei punti caldi della “fiesta” o con annunci online, a beneficio dei turisti che, ormai, hanno eletto la città come nuova capitale mondiale della marijuana.
Come spiega un esperto su un sito specializzato, «la qualità è uguale a quella della California e il prezzo è la metà di quello che pagheresti ad Amsterdam». Proprio nei giorni scorsi, uno di questi club è stato chiuso, e i titolari arrestati, per traffico di droga e riciclaggio.
Barcellona assiste sempre più preoccupata all’invasione di un turismo low-cost che apporta poco e rischia di deteriorare un’immagine consolidata da destinazione di primo livello. Il Comune ha appena deciso di bloccare — almeno per un anno — la concessione di nuove licenze per l’apertura di bar, ristoranti, negozi e alberghi sulla Rambla, diventata ormai una specie di grande luna park ad uso esclusivo degli stranieri (tra l’80 e il 90 per cento delle persone che transitano ogni giorno sul lungo viale sono turisti).
A parte la Catalogna, il cuore del desmadre — come gli spagnoli definiscono il divertimento sfrenato — è al solito nell’arcipelago delle Baleari, diviso in parti uguali tra Maiorca e Ibiza. Isole cavia, a sentire il rapporto delle autorità sanitarie, secondo cui sono i luoghi privilegiati per la sperimentazione di nuove droghe sintetiche che poi, in autunno, invaderanno tutto il mercato europeo.
Tra queste, la cosiddetta “droga del cannibale”, o “degli zombie”, che annienta i freni inibitori, tanto da indurre chi ne fa uso ad azzannare chi gli capita a tiro. È il caso di un giovane inglese, scatenato al punto che ci sono voluti dieci poliziotti per bloccarlo.
È successo a Magaluf, enclave totalmente britannica non lontana da Palma di Maiorca. Dove oramai tutto è possibile: dal “balconing” (ultima vittima, qualche tempo fa, un ventenne danese che si è schiantato dal terzo piano mentre cercava di saltare da un balcone all’altro dell’hotel) al cosiddetto “mamading”, che, più prosaicamente, sta per «praticare sesso orale». A renderlo celebre, suo malgrado (la riprendevano con uno smartphone), una diciottenne nordirlandese impegnata in un forsennato tour: 24 “pratiche” in un paio di minuti, roba da Guinness.
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