DAGOREPORT – GIORGIA MELONI SFOGLIA LA MARGHERITA: VOLO O NON VOLO A WASHINGTON IL 20 GENNAIO…
1. LE BATTERIE SCARICHE DI BARICCO
Luca Mastrantonio per il "Corriere della Sera"
Questa volta Alessandro Baricco non ha voluto tanto incantare la folla, come al Big Bang del 2011, quando invitò la sinistra a non aver paura di perdere, a muovere per prima, a non pensare solo a «non morire democristiani» prima e «non morire berlusconiani» poi («ma che vita è questa?» concludeva ironico). Baricco ha fatto una specie di buttafuori psichico, richiamando l'attenzione dei renziani della prima ora su quelli dell'ultimo minuto. In contrasto, in fondo, con lo spirito più ecumenico voluto da Matteo Renzi per questa Leopolda.
Nel discorso di ieri Baricco si è rivolto al sindaco di Firenze così: «Non è che annuso il trappolone, Matteo», ma anche se «ora sono tutti abbastanza renziani», perché «tutto sommato conviene», quello che «hanno in testa non si è spostato di un millimetro, la distanza è sempre quella».
A chi si riferisce? A Edoardo Nesi, tornato alla Leopolda dopo l'esperienza di Italia Futura? Alla new entry Roberto Vecchioni? No, perché l'appeal (se non la leadership) intellettuale dei renziani è appannaggio ancora di Baricco. Il riferimento è forse a politici e teste d'uovo fino a poco tempo fa scettici sul «rottamatore» (e su Baricco stesso: l'ex collaboratore dalemiano Fabrizio Rondolino, infatti, su Twitter, ha definito l'intervento dello scrittore il «momento di felicità delle shampiste»).
Il discorso di Baricco è stato un mix di renzismo purista e di ur-veltronismo (il pop eterno): tra Jovanotti (Baricco ha ripetuto come intercalare la parola «boh», cui il musicista è molto affezionato), Nanni Moretti («in questo anno lavoravo, facevo cose e ho incontrato molta gente»), un pizzico di Vasco Rossi, in barba a Pierluigi Bersani («mi sono distratto un attimo... e la strettoia del partito è diventata più larga»).
Infine, una stoccatina ai lettiani, visto che fu Enrico Letta a dire basta fare i «fighetti»: «Non è che conosco solo delle fighette intellettuali», ha detto Baricco, «conosco anche quelli che mi stanno rifacendo il tetto». Costruire il futuro, in fondo, ha detto Baricco, è tornare alla propria casa. Nonostante si sia presentato in maniche di camicia bianca, arrotolate, come da prime apparizioni televisive anni â90, quando faceva dichiarazioni naif pro-Veltroni, Baricco è sembrato un po' scarico rispetto ad altre uscite renziane.
Forse perché, come ha detto ieri, «ora che il bambino più grande», ovvero Guglielmo Epifani, sta per consegnare a Renzi «il giocattolo», cioè il Pd, le «pile» dentro sono «scariche». Per fortuna, ha concluso blandendo il pubblico, «di batterie cariche ne abbiamo parecchie, se ci danno sto giocattolo sapremo infilarle». L'immaginario del nuovo Pd, ha detto lo scrittore Fulvio Abbate su Twitter, è lo spot delle pile Duracell.
2. LO SHOW DI BARICCO: "ATTENTI, SONO TUTTI RENZIANI MA NON VOGLIONO CAMBIARE"
Jacopo Iacoboni per "La Stampa"
Alla fine le frasi evocative della Leopolda 2013 resteranno tre. Una viene da una studentessa della Scuola Holden, Andrea Marcolongo, «siamo cresciuti a pane e sciatteria», una dall'amministratore delegato di Luxottica, Andrea Guerra, «all'Italia serve una leadership risonante», la terza - la migliore - da uno scrittore, «il futuro è un ritorno»: featuring Alessandro Baricco. Featuring perché lui è l'interprete, la citazione originaria è di Friedrich Holderlin, il poeta amato da Martin Heidegger, quello del pensare poetico e della poesia come forma del pensiero, e recita per esteso così: «Io non faccio che tornare a casa, tornare a casa da vent'anni».
Baricco appunto è tornato, alla Leopolda, e chiacchierando un momento con lui alla fine delle giornate fiorentine mentre sta sfilando via si capisce che dietro un discorso incantatorio (tecnicamente, il migliore di tutti quelli sentiti qui), c'era tensione, controllo. «Sì Holderlin è un grandissimo. E ci stava bene, qui. Era uno che stava distruggendo, e ricostruendo, la poesia. E' ridicolo quelli che accusano Renzi di essere senza cultura».
Come se la politica media ne avesse. Ma cosa dice Baricco di così sorprendente alla Leopolda? Semplice. Mentre in sala vedi saltare un mucchio di improbabili sul carro del vincitore, Baricco avverte: il carro, semplicemente, non c'è. Non perché - come pure qualcuno capisce, il vero vincitore del momento è l'asse Letta-Napolitano, non Renzi - semmai perché «il giocattolo per Matteo è a portata di mano, ma proprio in questo momento la gente ha le pile scariche. E non è che io incontri solo fighette intellettuali, sto sempre in mezzo ai ragazzi, li ascolto. La gente non ha energia».
Potrebbe, a contrasto con le fanfare di tutti in sala, essere un discorso anche raggelante, ma è solo controintuitivo. Spiega Baricco: «Certo che 'sta storia è pazzesca. A me sembra ieri che eravamo qua, c'era questa energia forte e poi c'era questa strettoia mostruosa, questo partito chiuso». Ora siamo in un rovesciamento: «E' il contrario, la strettoia è larga, ma l'Italia no». Tutti finto-renziani nel Pd, traduciamo noi, ma nel Paese è diverso. Gli danno il partito, non l'Italia. E l'Italia sta lì, moscia o esasperata.
«Io tutto questo cambiamento in giro non l'ho visto. Matteo deve stare attento, sono tutti abbastanza renziani perché hanno capito che questo un po' li terrà vivi, ma nella testa la distanza dal cambiamento è sempre quella. Le pile sono scariche. Noi volevamo ridare contenuti a questa passione, che è l'essere di sinistra, ma per far questo dicevamo di abbandonare fiabe, leggende, miti, che la sinistra si è raccontata per anni». Non nomina la parola barbari, ma è ragionamento iper barbarico.
In sala erano tutti zittissimi, quando ha parlato lui. I Franceschini, i Latorre, i Passigli, i tanti bersaniani trasmigrati, le vibrazioni negative di un modo d'essere che ha distrutto la sinistra in Italia, ma anche i giovani, le speranze. «La sinistra che non cambia è la destra», dice Renzi. Ma Baricco avverte anche i renziani, il cambiamento è un raccoglimento, non un mero guardare avanti. «Non so perché hanno messo questi oggetti, la Vespa, l'antica Cinquecento, io se dovessi dire com'è costruire il futuro direi sempre: è come tornare a casa». A Torino; l'unico luogo mentale italiano dove la sinistra può, forse, ripensare il futuro oltre il fallimento, consegnato alla storia, dei democratici.
baricco leopolda EDOARDO NESI letta alla camera Roberto Vecchioni Roberto Vecchioni e Paolo Masini JOVANOTTI JOVANOTTI RENZI E FARINETTI ALLA LEOPOLDA MATTEO RENZI ALLA LEOPOLDA FRANCESCHINI ALLA LEOPOLDA
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT – IL FONDO TI AFFONDA: BLACKSTONE E MACQUARIE, SOCI DI AUTOSTRADE, SONO INCAZZATI COME…
DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO…
DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI…
FLASH – SUSSURRI E GRIDA! PER IL SUO ULTIMO VIAGGIO UFFICIALE, JOE BIDEN HA SCELTO L’ITALIA: DAL 9…
DAGOREPORT - A.A.A. ATTENZIONE ALLA MONETA: RITORNA MINACCIOSA SULLA SCENA GEOPOLITICA DEL MONDO -…