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Amy di Asif Kapadia
Marco Giusti per Dagospia
Piove. Oggi, ma il film c’è anche domani e dopodomani, tutti a vedere il bellissimo documentario su Amy Winehouse, Amy, diretto da Asif Kapadia, il regista di Senna, presentato con incredibile successo a Cannes. “Tragico capolavoro”, lo ha definito Peter Bradshaw su “The Guardian”. Lo è. Non puoi non piangere e non emozionarti per la triste storia di Amy, ragazzina ebrea del Nord di Londra, con un padre latitante e poco amorevole, che scopre di possedere una voce meravigliosa, sentitela quando canta “Moon River”, e in pochi anni diventa una star internazionale, ma non saprà come amministrare il proprio talento e la propria vita.
Verrà spolpata dall’industria, dai media e dalla sua stessa famiglia fino a morirne. Due ore e 7 minuti, ma passano fin troppo presto, di musica, amori, passioni di un genio musicale ripresa da quando aveva 14 anni e cantava per le amiche alla sua tragica morte a soli 27 anni.
Asif Kapadia ha potuto usare una marea di video e filmini di Amy ragazzina e poi in tour che la raccontano davvero nel privato oltre che durante le prove delle sue canzoni e dei suoi dischi più celebri. Non è la vita di Amy che sperava il padre, che pure aveva concesso l’uso dei nastri, ma si è poi staccato dall’operazione perché il film lo mette in cattiva luce (era il minimo), ma la vita di Amy raccontata dalle amiche del cuore di Camden e dagli amici che ha incontrato nel corso della sua breve stagione.
E’ incredibile assistere dal di dentro alla sua esplosione musicale prima e poi al suo disfacimento. “La vita ti insegna come vivere, se duri abbastanza a lungo”, spiega alla fine Tony Bennett, che fece con Amy il suo ultimo duetto cantando “Body and Soul”. Il mondo musicale avrebbe dovuto proteggere un talento simile, non masticarlo e scaricarlo.
Amy canta jazz, ma può cantare qualsiasi altra cosa. La sentiamo mentre prova “Stronger Than me”, “Rehab”, “In My Bed”. La vediamo in tour con Tyler James, la vediamo quando è completamente scoppiata di alcool a Belgrado e non riesce a cantare poco prima della sua morte.
Non esiste un documentario che vada così in profondità sulla vita di un cantante, anche perché Kapadia ha potuto lavorare su video che vanno dal 2011 alla data della sua morte, video che ne descrivono ogni momento artistico e sentimentale, ha potuto intervistare centinaia di persone, anche se poi circoscrive il racconto soprattutto al suo gruppo più privato. Anche se non sapete nulla di Amy Winehouse e della sua musica non potrete che uscirne turbati e assolutamente innamorati della sua musica. In sala il 15, il 16 e il 17 settembre.
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