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Pietrangelo Buttafuoco per “il Tempo”
ADP li chiama Fiorello. Ovvero, “amici della prostata”. Sono quelli in eterna cerca di un gabinetto, impellenti nella trama di una continua dislocazione della pipì: farla prima di uscire, quindi appena arrivati e subito dopo, per poi andarsene via. Dopo i quaranta, figurarsi i cinquanta, si marca il territorio visitando i bagni nel segno dell’ADP.
E chissà perché queste iniziali non sono ancora diventate un adesivo – un logo, un Dop – per identificare i prodotti commerciali tipo il libro di Francesco Piccolo, già premio Strega, tra i massimi scrittori contemporanei in lingua italiana.
Eccolo: “L’animale che mi porto dentro”, Edizioni Einaudi, è il sontuoso manuale di ricognizione intima del testosterone letto, riletto, glossato e di certo già trattato per diventare una sceneggiatura dell’epica maschia, contemporanea, laica e trionfante dell’uomo che non deve chiedere mai.
E che sa prendere comunque. Non le ritirate, ma le tirate mentali in tema di uomini e donne per giustificare la propria natura di “animalo” giustamente assetato di vita e però giunto alla mezza età quando prossimo è il destino dell’uomo sessantino “che rinuncia alla femmina e si dedica al vino”. Inutile dire quanto sia importante il libro di Piccolo, quanto coraggioso sia nella sua autografia e quanto, infine, aggiorni – da “Le Memorie” di Casanova a “Io e Lui” di Alberto Moravia – un canone esclusivamente italiano.
FRANCESCO PICCOLO L'ANIMALE CHE MI PORTO DENTRO
Laddove il Lui di Moravia – sia detto per inciso – è proprio la prosecuzione della prostata in stanche esuberanze. Ma popolarissima infine è la rivisitazione della precettistica proposta da Piccolo se si pensa che la locuzione “uomo con le palle” – con il quale il volgo identifica l’eccellenza – motiva ben più che una volontà di potenza, piuttosto uno status di compiuta sazietà a-morale tutto di tenerezza ADP.
Un congedarsi dalla viuuleenzaa abatantuoniana degli adolescenti aspiranti Attila, questo di Piccolo (… e c’è un altro acronimo: “A”, come atrocità; doppia “TT” come terremoto e tragedia; “I” come ira di Dio; “L” come lago di sangue; “A” come aspetta che vengo e ti rompo le corna…) per approdare al birignao della zivilisation certificato dal sussiego di tutti i #MeToo, dalle Tivù delle Ragazze e dal fasto mondano proprio degli acculturati da festival letterari, tutti “de sinistra” e perciò obbligati a mostrarsi mesti nelle pudende.
Disattenti nella contabilità imposta dall’insuperato scienziato Paolo Mantegazza (altro che Roberto Burioni!), l’autore di “Fisiologia del Piacere”, teorico delle “mille cartucce” a disposizione delle contese veneree di ciascun uomo.
Un testo, questo del Mantegazza (Monza, 1831- San Terenzo, 1910), un classico di cui Piccolo potrebbe curarne una riedizione, considerato fondamentale da Piero Chiara al punto da allocarlo nella biblioteca di Emeranziano Paronzini, il protagonista di quel libro tra i libri qual è “La Spartizione”, poi diventato film con Ugo Tognazzi (Venga a prendere un caffè da noi) dove l’uomo cerca la donna, “una specie di vaso del quale lui avrebbe sollevato il coperchio con precauzione, lasciandone venire fuori odori ed esalazioni adatte al suo naso da uno spiraglio che avrebbe regolato con mano sicura, perché la pentola non si svuotasse mai e facesse anzi ricarica continua…”. E’ la ricarica infine obbligata degli ADP: appena arrivati e, subito dopo, già andati via. Con le cartucce.
francesco piccolo (2)francesco piccolo e paolo virzi (2)francesco piccolo e mario calabresinanni moretti al reading di francesco piccoloreading di francesco piccolo (2)francesco piccolofrancesco piccolofrancesco piccolo
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