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Marco Giusti per Dagospia
Cannes. Sempre più pioggia e sempre più freddo. Più colpi di tosse in sala che applausi, anche se in un eccesso di trionfalismo quasi tutti i film francesi, piccoli e grandi, si portano dietro la claque.
Stasera, per i critici, difficile scelta tra la primissima del nuovo film dei Coen, "Inside Llewyn Davis", tutto ambientato nel Village newyorkese a cavallo fra gli anni 50 e i 60, la versione in 3D di "L'ultimo imperatore" di Bertolucci, quando il cinema italiano era il cinema italiano, la versione restaurata di "La grande abbuffata" di Ferreri col solo sopravvissuto del cast maschile in sala, Michel Piccoli, e il documentario sul "Dune" mai fatto di Jodorowski, con a seguire l'ultimo film di Jodorowski.
Da Un Certain Regard ci arrivano due buoni film diretti da ragazze, il francese "Grand Central" di Rebecca Zlotowski e l'hongkonghese "Bends" di Flora Lao, opera prima. Sono due storie, una d'amore e l'altra di rapporti di classe, in societa' in crisi.
La prima, interpretata dal nuovo bel tenebroso francese Tahir Rahan e da Lea Seydoux, e' un vero film sul nuovo proletariato tutto ambientato in una centrale nucleare, per niente sicura.
Il giovane Gary Manda, cioe' Tahir Rahan, va a lavorare alla centrale per 1200 euro al mese assieme a altri disperati, e si innamora da subito della donna del rozzo Toni, la bella Lea Seydoux, sempre in pants e scosciatissima.
Se i due perdono la testa e seguitano a scopare per i campi, fino a quando lei rimarra' incinta (e Toni e' sterile...), l'ambiente di lavoro con continui pericoli, non li aiuta a uscire da un vortice che, come i vecchi melo anni 50, portera' a rese di conto pesanti.
Niente di grandioso, ma ben tenuto dalla regista e dai suoi protagonisti, alla fine e' un film più politico che romantico. E, rispetto a cio' che vediamo, funziona bene anche nella conclusione, secca e non sbrodolosa alla ricerca di un vero finale.
Dimostra anche la vitalita' del cinema femminile, quest'anno relegata tutto a Un Certain Regard, quasi come fosse un universo a parte, tra Golino e Coppola.
"Bends" di Flora Lau, invece, e' un ritratto di due persone di diversa estrazione sociale nella Hong 0Kong di oggi. Una ricca signora dei quartieri alti e il suo autista. Lui, che abita a Shenze, fuori quindi da Hong Kong, ha bisogno di soldi sia per la tassa sul secondo figlio sia perche' vorrebbe farlo nascere in ospedale a Hong Kong, non come un clandestino.
Lei scopre da un giorno all'altro, che il suo ricco uomo e' scomparso e con lui i suoi averi. Fotografato da Christopher Doyle, direttore della fotografia dei capolavori di Wong Kar Wai e di molti degli ultimi film di Gus Van Sant, e' un film un po' freddo e scolastico di una regista di sicura eleganza, ma ancora troppo tenuta.
In sala dormivano in parecchi anche perche' non erano chiari per tutti i problemi dei pendolari di Hong Kong. Tanto fuori pioveva e la visione di un nuovo Godard in 3D nel film collettivo "3X3" era estremamente limitata ai compratori.
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