DAGOREPORT - DAVVERO “I AM GIORGIA” SI È SOBBARCATA 20 ORE DI VIAGGIO PER UNA CENA A MAR-A-LAGO,…
Marco Giusti per Dagospia
Cannes. Fermi tutti arriva "Mia madre" di Nanni Moretti. Va detto, un buon film borghese per vecchi signori. Il vero evento cool di oggi e' invece il primo episodio di "Arabian Nights" del portoghese Miguel Gomes alla Quinzaine. Due ore delle sei totali del progettone delle nuove favole di Sherazade in salsa nuovo cinema portoghese. Quest'anno le favole, ma anche le mamme che muoiono e i professori sfigati vanno moltissimo.
Intanto ha deluso profondamente gran parte del pubblico, al punto di ricevere boati e impietosi fischi finali in sala l'ultimo film di Gus Van Sant, "The Sea of Trees" interpretato da star come Matthew McConaughey, Ken Watanabe e Naomi Watts. Da tempo conosciamo il malsano interesse di Gus Van Sant per i suicidi, da "Last Days" (un capolavoro) al curioso "Restless".
Qui parte da una sceneggiatura di Chris Sparling che vede un triste professore americano, Matthew MacConaughey, precipitarsi in una montagna giapponese, chiamata appunto il Mare d'Alberi, che e' da anni amena meta di suicidi di tutte le nazionalita'. In un flashback vedremo appunto che clicca su Google "Ideal place to die" e viene fuori il simpatico posto. Li', come' e' pronto a farla finita per sempre neanche fosse Toto' col gas in "Toto'all'inferno", gli si presenta un altro aspirante suicida giapponese, Ken Watanabe.
Per salvarlo, il professore desiste momentaneamente dall'impresa e si ritrova presto imprigionato nella foresta, dalla quale non riesce a uscire, e dall'arrivo dei ricordi della sua vita. Tutti legati alla moglie, Naomi Watts, che aveva il brutto vizio della bottiglia, con la quale aveva un rapporto di amore-odio particolarmente complesso. Solo quando le e' stato diagnosticato un tumore al cervello lui le si e' ravvicinato senza rancori.
E' chiaro che e' il fallimento del suo matrimonio a averlo portato nella amena montagna, dove le forze della natura sembrano essersi scatenate sui due aspiranti suicidi. Alla fine non convince quasi nessuno questo melo con punte fantastiche che non sembra proprio uno dei migliori film di Gus Van Sant. Non si capisce perche' sia stato presentato in concorso. Magari la presenza di tre star importanti e la coproduzione nippo-americano hanno pesato sulla scelta, ma e' il film meno riuscito visto in concorso.
Decisamente riuscito, invece, con una messa in scena fin troppo ambiziosa e virtuosistica e' invece "Saul Fia", cioe' "Il figlio di Saul", opera prima in concorso dell'ungherese Laszlo Nemes, gia' assistente di Bela Tarr. Per due tesissime ore seguiamo di spalle e in primo piano Saul, Geza Rohring, ebreo ungherese membro del sonderkommando che ha il compito di ripulire le camere della morte di un campo di concentramento negli ultimi mesi di guerra. L'idea geniale del regista e' seguire solo lui, mentre un po' sfocati, ripresi quasi distrattamente e con totale realismo, scorrono gli orrori quotidiani della macchina della morte nazista.
Non solo, Saul, per tutto il tempo del film, mentre attorno a lui muoiono decine e decine di uomini nelle camere a gas e nelle fosse comuni, ha un solo interesse: dare sepoltura religiosa, con tanto di preghiera del rabbino a un ragazzo ucciso dai nazisti e che lui riconosce come figlio. Anche se sentiamo dire piu' volte che lui non ha figli. Ma il tentativo, fra un cosi' vasto scempio di vite e corpi umani, e' quello di ricomporre nella cerimonia l'identita' ebraica-ungherese del protagonista e della sua gente.
Proprio mentre tutto crollo. Questa missione di Saul, per quanto folle al'interno di un delirio criminale di proporzioni bibliche, e' quello che lo muove, e quindi ci muove, all'interno del campo. Per Saul non c'e' piu' senso di paura, orrore, di vita e di morte al di fuori della sua missione. Grande film di messa in scena, visto che e' tutto raccontato con grandi e complessi piani sequenza che seguono Saul, e' anche un grande film di lavoro sulla memoria dell'Olocausto, documentatissimo e totalmente credibile. Laszlo Nemes si dimostra alla sua prima prova regista di grande talento e il film non puo' non piazzarsi da subito tra i piu' possibili vincitori della Camera dk+r, il premio per l'opera prima.
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