AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO…
Marco Giusti per Dagospia
“Guardate più sotto”, fa la civettissima Joséphine de Beauharnais di Vanessa Kirby al Napoleone bambacione di Joaquin Phoenix, “c’è qualcosa di speciale. Non ne vorrete più fare a meno”. Verissimo. In questo “Napoleon” di Ridley Scott, filmone da 130 milioni di dollari, scritto dal David Scarpa che ci aveva dato il trashissimo “House of Gucci”, il punto più basso della carriera del regista, la chiave è la dipendenza sessuale dell’Imperatore per quel qualcosa di speciale che ha in mezzo alle gambe la supesexy Joséphine.
vanessa kirby e joaquin phoenix napoleone
Nemmeno fosse la Joséphine di Marisa Merlini nel “Napoleone” di Carlo Borghesio con Rascel… Insomma, malgrado lei lo riempia di corna coi baldi militari della sua armata, e lui lo sa, tanto che quando torna improvvisamente dalla campagna d’Egitto dove fa fuoco sulle piramidi (falso storico da matita blu) spiega al Direttorio che oltre ai tanti disastri che ha trovato a Parigi “ha pure una moglie troia” (cito i dialoghi di Scarpa), Napoleone non può fare a meno della sua intelligenza, della sua grazia, dei suoi modi da nobildonna, ma soprattutto della sua topa.
Da maschio cresciuto a film con Aldo Maccione, Lando Buzzanca e Renzo Montagnani, diciamo che lo capisco. E’ l’aspetto più divertente ma antiquato e ultra cringe di un film sontuoso e visivamente impressionante, grazie alla fotografia pittorica di Dariusz Wolski e alle scenografie di Arthur Max.
Genio militare, così ce lo mostrano Ridley Scott e Joaquin Phoenix sul campo di battaglia, pronto a vincere senza pensare che sta sacrificando decine di migliaia di poveri soldati solo per i suoi giochi di guerra, ma anche rozzo soldataccio di Ajaccio, troppo legato alla mamma (è Sinead Cusack, figlia di Cyril), scioccato anche sessualmente all’inizio del film dalla vista della testa mozzata dalla ghigliottina di Marie-Antoinette (altro falso storico da matita blu, anche se qui ha un senso), non è il maschio ma sofisticato comandante di Giancarlo Sbragia che vedemmo in tv da ragazzini nel televisivo “I grandi camaleonti” pur stretto nella morsa dei politici Fouché e Talleyrand, interpretati allora da Raoul Grassilli e Tino Carraro.
vanessa kirby e joaquin phoenix napoleone
Magari nella versione da 4 ore e 10 che vedremo presumo presto su Apple Tv+, ci verranno spiegate più cose e avremo più chiari i rapporti con il Talleyrand di Paul Rhys, ma in questa da 2 ore e 38 Napoleone sembra interessato solo alla parte tecnica delle battaglie, dove mettere i cannoni, quando far partire la cavallerie, sfruttare gli errori del nemico esattamente come fosse un grande tecnico del cinema alla Ridley Scott, e al sesso immediato, sempre uguale (pecorina) francamente banale e poco soddisfacente per una partner esperta come la Joséphine di Vanessa Kirby.
Con un personaggio così grezzo Greta Garbo nella “Maria Walewska” di Clarence Brown non ci sarebbe certo cascata. Ma questo non è certo un Napoleone francese, non è né il vecchio Charles Boyer né il Daniel Auteuil del film di Virzì. Leggo che nel rapporto con Joséphine il regista avrebbe voluto un po’ cedere ai nuovi modelli di cinema al femminile. Non credo. E’ vero però che il primo progetto del film nella testa di Ridley Scott, forse per discostarsi il più possibile dal “Napoleon” mai girato ma a lungo sognato di Stanley Kubrick, era tutto costruito sul rapporto tra Napoleone e la Beauharnais, che doveva essere la Jodie Comer di “The Last Duel”.
Con l’entrata in scena di Joaquin Phoenix come Napoleone, anche per non fare la fine del vecchio “Désirée” di Henry Koster, dove sacrifichi assurdamente il Napoleone di Marlon Brando trentenne per dare più spazio all’inutile Désirée di Jean Simmons e fare di Joséphine la cornuta, il film si è dovuto adattare alla forma di un biopic, che parte dal Terrore e arriva a Waterloo. Ma dove, almeno nella durata delle due ore e 38’, vediamo solo battaglie, benissimo girate va detto, soprattutto Austerlitz e Borodino, perché Ridley Scott rimane un maestro tecnicamente, e una serie di scontri amorosi con Joséphine.
Amata, ma ripudiata perché non in grado di dare un erede all’Imperatore. Costruiti i due personaggi così, e limitati tutti gli altri a comparsate di lusso, dal Barras di Tahar Rahim al Caulaincourt di Ben Miles, solo il Duca di Wellington di Rupert Everett ha veramente una luce, dobbiamo riconoscere che mentre Vanessa Kirby fa una Joséphine gattina e puttana da far perdere la testa (sì, meglio della Valentina Cortese strehleriana in tv), Joaquin Phoenix fa la faccia del bambacione/bamboccione quando la vede, si illumina un po’ quando dà gli ordini in battaglia, sa andare sul cavallo bianco, che poraccio si becca una palla di cannone in pieno petto a Tolone, porta bene i suo costumi, ha una bella presenza con faccione e corpaccione, ma non mi sembra che abbia la possibilità, già in scrittura, di poter costruire qualcosa di memorabile.
joaquin phoenix e vanessa kirby napoleone
Nella coppia è più interessante Joséphine, senza essere la Maria Walewska della Garbo. E non lo aiuta molto l’eccessiva semplificazione da biopic di una scena tira l’altra che tira l’altra per arrivare a Waterloo e finire lì il tutto. L’unica scena dove lo vedo recitare davvero è con Rupert Everett-Wellington quando, perso tutto, sul Bellerofonte, discute di quanto sia buona la cucina delle navi inglesi. E Wellington, anzi il Duca di Wellington, taglia corto, non trattandolo come un pari classe, spiegandogli anzi che per lui sarebbe stata la scelta migliore farlo fuori con un bel plotone d’esecuzione.
Ta-ta-ta-ta- Magari allora riesci a capire che il problema per il Napoleone di Scott e Phoenix è il continuo scontro di classe, una rivoluzione bipolare mai finita, che lo riporta dritto alla fascinazione per la decapitazione di Marie-Antoinette e per la topa della sofisticata e nobile Joséphine de Beauharnais. Soldataccio corso eri e soldataccio corso rimani, anche da imperatore. Anche se, e questo Wellington lo sa bene, non fosse arrivato von Blücher con la cavalleria prussiana a salvarlo all’ultimo istante, a Waterloo Napoleone avrebbe battuto l’esercito inglese.
Detto questo, ripeto, è un filmone assolutamente da vedere, come era da vedere il vecchio “Waterloo” di Sergej Bondarcuk con il gigionissimo Rod Steiger che se la vedeva con il Wellington di Christopher Plummer, ha grandi battaglie, con comparse vere, anche se non saranno i 20 mila soldati russi che la Mosfilm portò al film di De Laurentiis. Non mi esalto come i critici inglesi, "An outrageously enjoyable cavalry charge of a movie" scrive sul Guardian Peter Bradshaw da fan di Ridley Scott, ma non sarei nemmeno così critico come i francesi, trovo che Ridley Scott dimostra ancora una bella vitalità e questo è il suo film migliore degli ultimi anni, in barba a chi scrive “Napoleone non avrebbe potuto conquistare l’Europa a 85 anni e Ridley Scott non può fare un film epico su Napoleone a 85 anni”.
Ma sa sempre dove mettere la macchina da presa, come Napoleone i suoi cannoni. Alla fine, anche se non ho sentito Cambronne urlare “merde”, anche se adorerei rivedere la Joséphine della Merlini, me lo sono goduto, specialmente nella prima parte. Più volte sono rimasto incantato dalla potenza delle immagini. Diciamo che ci sono cascato. Come Napoleone con Joséphine. In sala dal 22 novembre.
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