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Marco Giusti per Dagospia
la battaglia di hacksaw ridge 3
Che vediamo stasera? Non so voi, ma io ho passato il pomeriggio a guardarmi beato “Tartarughe Ninja Caos totale” di Jeff Rowe su Amazon, reboot scatenatissimo a cartoni animati scritto da Seth Rogen, Evan Goldberg, Dan Hernandez, con dei colori meravigliosi, ultrasofisticato, e non capisco perché in Italia non sia stato proprio capito. E’ uno dei rari reboot che funzionino perfettamente. Sì, è decisamente superiore a “Elf Me” con Lillo elfo.
E ora in chiaro che vediamo? Su Iris passa lo svalvolatissimo “La battaglia di Hacksaw Ridge” di Mel Gibson con Andrew Garfield, Teresa Palmer, Hugo Weaving, Sam Worthington, Vince Vaughn, Luke Bracey, ve lo consiglio E’ un Mel Gibson al 100% col suo carico di violenza e pacifismo, pallottole e sermoni, gambe che saltano e preghiere.
la battaglia di hacksaw ridge 1
Alla fine è un bel filmone di guerra, con un Andrew Garfield strepitoso che avevamo lasciato a cercar di parlare con Dio in Silence, e qui ancora concentrato sullo stesso colloquio col Padreterno nel Giappone di qualche secolo dopo, e con una battaglia che occupa tutta la seconda metà del film, che ricorderemo a lungo per realismo e sangue sparso. Di fronte alla storia, verissima, del soldato Desmon Doss, avventista del settimo giorno, obiettore di coscienza, che durante la battaglia di Okinawa, nella Seconda Guerra Mondiale, sul picco di Hacksaw Ridge, disarmato, salvò la vita a ben 75 soldati americani feriti, non si può non pensare a un meccanismo alla Sergente York, celebre film di Howard Hawks, ma rovesciato.
Lì il sergente York, Gary Cooper, soldato sempliciotto e campagnolo, già tiratore infallibile di tacchini, non la smette di uccidere i soldati tedeschi col suo fucile, qui, Desmond Doss, Andrew Garfield, colpito dalla violenza del padre rovesciata sulla famiglia, decide di non toccare le armi, ma seguita a salvare senza stancarsi i suoi commilitoni feriti dai giapponesi a Hacksaw Ridge rivelando la stessa tenacia e la stessa ingenuità campagnola.
Ci sono voluti 14 anni per dar vita a questo film su Desmond Doss, era proprio l’eroe che non voleva accettare la glorificazione cinematografica. Sembra che ci avesse provato a convincerlo anche Audie Murphy, vero eroe di guerra e attore di film di guerra. Con la morte di Doss nel 2002 il progetto finalmente partì. In un primo tempo il regista era Randall Wallace, sceneggiatore di Braveheart di Gibson, di Pearl Harbour, ma, soprattutto regista del Vietnam movie We Were Soldiers nel 2002 con lo stesso Gibson.
Wallace aveva scritto un copione assieme a Robert Shenkkan, già sceneggiatore e produttore della serie tv The Pacific, ma quando il progetto passò a un redivivo Mel Gibson, uscito da un brutto periodo di alcool, il testo venne rivisto da Andrew Knight, che firma oggi il copione assieme al solo Shenkkan. Con pochi giorni di riprese, 59, e poco budget, 40 milioni di dollari, Gibson porta l’intero progetto e l’intero set, cioè America e Okinawa, in Australia, e chiama a interpretare il padre di Desmond Doss, eroe della Prima Guerra Mondiale e ubriacone violento, un celebre attore australiano, Hugo Weaving.
Nel film non si percepisce nulla di australiano, sia nella parte americana che in quella di guerra nell’isola giapponese, e Gibson riesce a far fruttare la sua maestria nelle scene di battaglia con esplosioni, smitragliate e lanciafiamme. Quella che vediamo non solo negli occhi di Doss-Garfield, è l’orrore della guerra di trincea modificata dall’uso di artiglieria, bombe, e fuoco di ogni tipo.
Un po’ come nello sbarco in Normandia di Salvate il soldato Ryan di Spielberg, lo spettatore precipita in una situazione brutale, ma di grande impatto cinematografico, mediata dalla visione del protagonista. Doss cerca nell’orrore la sua redenzione salvando delle vite umane, portandole giù dalla collina.
Cine 34 alle 21 presenta invece la commedia “La casa di famiglia” di Augusto Fornari con Lino Guanciale, Stefano Fresi, Libero De Rienzo, Matilde Gioli, Luigi Diberti. Al centro della storia c’è una casa paterna che i quattro figli hanno svuotato e vendute perché pensavano che il vecchio genitore se ne andasse. Ma il padre si riprende e vorrebbe casa sua. Come fare?
Canale 20 alle 21, 05 presenta invece “Codice: Swordfish”, action diretto da Dominic Sena, che allora sembrava un regista di grande avvenire, con John Travolta, Hugh Jackman, Halle Berry, Don Cheadle, Sam Shepard. Il film non piacque a nessuno, a parte le esplosioni. Rai Movie alle 21,10 si rifugia nelle commedie sicure di Leonardo Pieraccioni, come “Un fantastico via vai” con Leonardo Pieraccioni, Serena Autieri, Chiara Mastalli, Marianna Di Martino, Davide Sef.
leonardo pieraccioni massimo ceccherini un fantastico via vai
Rai Storia alle 21,10 presenta invece la seconda delle biografie di donne eccezionali del secolo scorso dirette da Susanna Nicchiarelli, “Miss Marx” con Romola Garai, Patrick Kennedy, John Gordon Sinclair, Felicity Montagu, Karina Fernandez. “Miss Marx”, che andò in concorso a Venezia, scomoda l’ultima sfortunata figlia dei sei che ebbe Karl Marx, Eleanor, nata nel 1855 e morta suicida a 43 anni. Nemmeno le altre figlie finirono bene, Jenny morì due mesi prima del padre, mentre Laura si suiciderà col marito nel 1911.
serena autieri leonardo pieraccioni un fantastico via vai
Eleanor, chiamata in famiglia Tussy, interpretato con grande partecipazione da Romola Garai, era figlia amatissima del vecchio Karl, interpretato nei flashback dal regista Philip Gröning, colta, intelligente, sensibile. Si divise fra la passione per il teatro, per la letteratura e la politica. Fu la prima traduttrice in inglese di “Madame Bovary” di Flaubert, mise in scena delle dotte rappresentazioni teatrali, addirittura una “Casa di bambola” di Ibsen dove lei era Nora e suo marito, l’intellettuale Edward Avelling, interpretato qui da Patrick Kennedy, era Torvald.
alessandro benvenuti leonardo pieraccioni un fantastico via vai
E’ anche una delle scene migliori del film, perché rivela molto dei veri sentimenti di Eleanor. Fece politica militante lottando per le condizioni degli operai e per i diritti delle donne. Il film si apre col suo discorso funebre per il padre nel cimitero di High Gate a Londra. Ma, come le sue eroine letterarie, Eleanor fu alla fine schiava del potere maschile, fosse quello benevolo del padre, che non era un santo, fosse quello del marito, alla fine democratico solo a parole e non certo con lei.
Alla Nicchiarelli, brava ragazza di Prati cresciuta tra Normale e Moretti, credo interessasse questo aspetto di ragazza in lotta contro le ingiustizie del mondo che non riesce a rendere più libera la sua vita. Rispetto a “Nico”, la lotta di Tussy contro il mondo nell’Inghilterra di fine secolo, alla fine, non sviluppa quanto forse si era previsto. E tutto rimane un po’ fermo e lontano, come questi maschi vestiti da Massimo Cantini Parrini con il toscanello in mano un po’ tutti uguali che fanno le statue di cera. Un po’ senti la nostalgia del faccione finto di Marx nei canali di Amsterdam di “Sweet Movie” di Dusan Makavejev.
harry potter e il principe mezzosangue 2
Su Italia 1 alle 21, 15 passa invece “Harry Potter e il Principe Mezzosangue” di David Yates con Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Helena Bonham Carter, Alan Rickman. Su Cielo alle 21, 15 il sentimentale francese con protagonista sordo, “Parla più forte” di Pascal Elbé con Pascal Elbé, Sandrine Kiberlain, Valérie Donzelli, Emmanuelle Devos.
harry potter e il principe mezzosangue
Su La7 alle 21, 15 andate sul sicuro col thrillerone di F. Gary Gray “Il negoziatore” con Samuel L. Jackson, Kevin Spacey, David Morse, J.T. Walsh. Anche Tv2000 alle 21, 20 punta sul sicuro con “Risvegli”, bel film che Penny Marshall ha tratto dagli scritti e dalla vita di Oliver Sacks, il celebre medico, qui interpretato da Robin Williams, che curò i malati di encefalite letargica.
In questo caso si darà spazio a un caso, quello di un malato, interpretato da Robert De Niro, che si sveglia davvero, per poi ricadere nel buio fitto di una mente offuscata. Sembra sia bruttino “L’ora della verità” di Peter Facinelli con Anne Heche, Thomas Jane, Jason Patric, Alex Haydon, Peter Facinelli, Aleksei Archer, storia di una bambina scomparsa misteriosamente e dei genitori che la cercano disperatamente, Rai 4 alle 21, 20.
Passiamo alla seconda serata con un classicone come “Il dottor Zivago” di David Lean con Omar Sharif, Julie Christie, Rod Steiger, Alec Guinness, Geraldine Chaplin, Iris alle 23, 55. Ottimo per le fredde serate invernali. Lean avrebbe voluto Peter O’Toole fresco di “Lawrence d’Arabia” come Zivago e Jane Fonda come Lara. Lui, dopo la fatica di Lawrence, rifiutò, lei pure perché non voleva stare nove mesi in Spagna. E rimane uno dei suoi più grandi rimpianti. Così Lean, dopo aver fatto provini con altri attori, lo fece anche il mio amico Robert Woods, scelse Omar Sharif, che cadde davvero dalle nuvole. Così scuro, così egiziano.
Si rapò a zero e si mise una parrucca biondastra. Devo dire che funzionò. Scelse subito anche Julie Christie, che è meravigliosa come Lara. Avrebbe invece voluto Marlon Brando (see…) come Viktor Komarovsky, ma poi scelse Rod Steiger. Avrebbe voluto Audrey Hepburn come Tonya, ma rimase incantato dal provino di Geraldine Chaplin. Finito, il film ebbe pessime critiche dai giornali americani, ma fu un successo strepitoso, l’ultimo di David Lean, e vinse ben cinque Oscar, tutti tecnici, sceneggiatura di Robert Bolt, musica di Maurice Jarre, fotografia di Freddie Young, scenografia di John Box, costumi di Phyllis Dalton.
E Omar Sharif e Julie Christie diventarono due superstar. Leggo anche, e la cosa devo dire che mi diverte, che Lean trattava malissimo un campione come Alec Guinness. Su 7Gold a mezzanotte abbiamo “Young Adult” di Jason Reitman con Charlize Theron, Patrick Wilson, J.K. Simmons, Elizabeth Reaser, Emily Meade. Il film, benissimo scritto dalla Diabo Cody di “Juno” e dominato da una Charlize Theron da urlo, nel ruolo della protagonista “stronza, psicotica e zoccola” (cito la sceneggiatura), è un altro duro, sgradevole, ritratto della vita americana.
Mavis Gary, la protagonista non più giovanissima, fu un tempo reginetta della scuola in quel di Mercury nel Minnesota, un posto che “puzza di merda di pesce”, poi fuggita a Minneapolis, dove ha incontrato un certo successo come scrittrice di romanzetti rosa per “giovani adulti” (che firma solo nel retro della copertina), non è cattiva, ma si trascina dietro un dolore e una depressione che sembrano frutto di un paese che non può che produrre malessere.
Già in preda a una profonda crisi, colmata con inutili serate di sesso e alcool prima di intraprendere il suo viaggio di ritorno verso il paesello. Il motivo del ritorno, però, se lo costruisce di sana pianta. Rivuole a tutti i costi Buddy Slade, cioè Patrick Stewart (“Watchmen”), il suo fidanzatino dei tempi della scuola, che ora è un uomo apparentemente felice, sposato e con fresca figlioletta.
Ovvio che Mavis Gary, “stronza psicotica e zoccola” come se la ricordano tutti a Mercury, farà qualsiasi cosa per riaverlo. Ma soprattutto si bombarderà di bourbon e di bombe distillate in casa da Matt Freehauf, il meraviglioso Patton Oswalt, un ciccione abbandonato nelle sitcom tv dieci anni fa, un suo vecchio compagno di scuola sfigato e sciancato che a stento ha riconosciuto.
E’ Matt una delle grandi trovate del film, che altrimenti sarebbe stato identico ai tanti ritorni a casa americani che negli anni abbiamo visto, e, ovviamente, una Charlize Theron che ci riporta alle psicopatiche alcoliste anni ’60 alla Joanne Woodward e alla Elizabeth Taylor di un tempo. I due, l’ex-reginetta di bellezza e il ragazzo più sfigato della scuola, formano una coppia di depressi odiosi e cattivi che fanno lievitare il film verso una dimensione di rancori inespressi che produrranno altro malessere mettendo a nudo, come si diceva un tempo, il vuoto della provincia e della famiglia americana.
Quanto a sgradevolezza e repressione occhio a “Sully” di Clint Eastwood con Tom Hanks, Laura Linney, Autumn Reeser, Aaron Eckhart, Jerry Ferrara, Sam Huntington. Quel che lo spettatore italiano perde nella storia incredibile dell’ammaraggio del comandante Sully sul fiume Hudson, un ammaraggio che costò alla sua compagnia la perdita di un Airbus A320, ma la salvezza di tutte le sue 155 anime a bordo, tra passeggeri e personale, è che il valore dell’impresa, in quel 15 gennaio 2009, assumeva un’altra dimensione se inserita nel suo preciso contesto storico.
Un contesto tutto negativo, tra la grande recessione americana, il caso Madoff, esploso solo pochi giorni prima, e, soprattutto, l’ombra di un’altra tragedia con aerei in volo su New York come l’11 settembre. L’impresa di Sully e con lui di tutta la comunità newyorkese impegnata nel recupero dei 155 passeggeri, assumeva così un significato ancora più importante e metaforico del semplice atto di eroismo o di bravura del comandante.
Quel che importa davvero a Clint Eastwood nel metter in scena questo suo magistrale Sully, scritto da Todd Kormanicki e interpretato da un Tom Hanks assolutamente meraviglioso nel ruolo del comandante che, in fondo, pensa solo di aver fatto il suo dovere, il suo lavoro di ogni giorno, sono in fondo poche cose. Ma fondamentali. La costruzione dell’atto di eroismo visto appunto come epicità dell’eroismo quotidiano dell’uomo che non pretende altro che far bene il suo lavoro. Il sentimento, assolutamente fordiano (nel senso di John Ford), che nel fare questo atto nessuno è davvero solo, ma è espressione di un mondo che è lì vicino a lui.
Il lavoro di Sully è trasportare civili da una parte all’altra dell’America e preoccuparsi della loro vita. Nei 200 e passa secondi di tempo che ha nello scegliere cosa fare del suo aereo in volo su New York con i motori fuori uso per colpa degli uccelli (Canada Geese, leggo), fa la sua scelta in base a un rapido calcolo di possibilità, tornare indietro all’aeroporto La Guardia, atterrare da un’altra parte, o scendere verso l’Hudson, ma senza scordare il fattore umano.
L’immagine dell’aereo che si abbatte sulla città è proprio il suo incubo con cui si apre il film. E è proprio appellandosi al fattore umano che nel processo che affronta dopo l’ammaraggio, riesce a ribaltare i risultati dei test compiuti con delle simulazioni. Tutto il film sta qui. Su Rai 4 all’1, 15 l’horror nippo-tedesco-canadese
“Chiamata senza risposta” di Eric Valette con Shannyn Sossamon, Edward Burns, Ana Claudia Talancón, Ray Wise, Azura Sky. Rai 4 alle 2, 40 torna “Getaway” di Sam Peckinpah con Steve McQueen, Ali MacGraw, Ben Johnson, Al Lettieri, Sally Struthers, Slim Pickens. Fuori orario/Rai 3 alle 2, 45 presenta un film di Paulo Rocha “Se fossi un ladro… ruberei” con Isabel Ruth, Luis Miguel Cintra, Márcia Breia, Chandra Malatitch, Raquel Dias. La notte si sveglia con qualche buon film.
Rete 4 alle 3 propone “This Must Be the Place” di Paolo Sorrentino con Sean Penn, Eve Hewson, Frances McDormand, Judd Hirsch, Harry Dean Stanton, Heinz Lieven, Iris alle 3 “Cuore selvaggio” di David Lynch con Nicolas Cage, Willem Dafoe, Laura Dern, Diane Ladd, Harry Dean Stanton. Chiudo con “Passion” di Jean-Luc Godard con Isabelle Huppert, Michel Piccoli, Hanna Schygulla, Rai Tre alle 4. Da registrare, vero?
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