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Marco Giusti per Dagospia
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Fa caldo. E magari potreste non vedere come allettante la visione in sala di un film rumeno da festival. Capisco. Ma non prendiamo sottogamba questo "Animali selvatici" di Cristian Mungiu, da oggi in sala. Mungiu, vi ricordo, venne premiato con la Palma d’Oro a Cannes nel 2007 col suo potente film sull’aborto, tema ancora scottante, “4 mesi, 3 settimane, due giorni”, e poi ancora come miglior egista nel 2016 con “Bacalaureat”.
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Questo "Animali selvatici", che si intitolava in realtà “R.M.N”, presentato in concorso a Cannes, è un cupo, non facile ritratto delle paure delle popolazioni così mischiate, moldavi, ungheresi, zingari, che vivono nel profondo est d’Europa, come la Transilvania. Mettiamoci anche paura degli immigrati asiatici, che pure prendono il minimo della paga sindacale, paura degli animali dei boschi, addirittura i vecchi orsi, paura di diventare gay, come vuole la propaganda putiniana.
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In qualche modo il fucile carico che a qualcuno dovrà sparare alla fine che Mungiu mette in mano al suo protagonista, Matthias, uomo duro e violento che ha aperto il film con una capocciata al kapò tedesco dell’azienda di macellazione dei montoni che lo ha chiamato “zingaro di merda”, sembra quasi anticipare l’arrivo di una vera ventata di violenza che viene dall’Ucraina e che risponde a tutte le possibili paure e insicurezze dell’Est.
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Matthias, interpretato dal poco espressivo Marin Grigoire, una sorta di baffuto Lando Buzzanca anche lui scopatore ma per nulla comico, dopo la capocciata al tedesco, torna di corsa al paesello in Transilvania per non farsi beccare dalla polizia. Lì trova il vecchio padre, che alleva montoni, messo più di là che di qua, la moglie che non ha nessuna intenzione di vederselo a casa, il figlioletto reso muto da qualcosa di misterioso che ha visto nel bosco.
Per fortuna che la vecchia fiamma, Csilla, Judith State, che dirige una fabbrica di dolci rumeni e ha assunto un gruppo di srilankesi, si è mollata con il suo uomo e si riprende come amante Matthias, che si presenta facendosi una pippa fuori dalla finestra di casa sua.
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Un signore… Intanto la tensione cresce nel paese, un po’ per la xenofobia di fondo dei villici cafoni, un po’ per la presenza di qualche misteriosa bestia che spaventa il bambino, un po’ per la mancanza di lavoro dei locali, che non sanno più dove andare. Film molto solido, visivamente e narrativamente, sembra tessere una rete di complessità e drammaticità sociali e economiche che dovranno poi sfogare in qualcosa di imprevisto. Il Matthias di Marin Grigoire è un po’ di legno, ma la Csilla di Judit State è totalmente accattivante. Da oggi in sala.
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