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Marco Giusti per Dagospia
Un amore di gioventù di Mia Hansen-Love.
Ottima scelta per mogli e fidanzate rompicoglioni che non sopportano più il calcio in tv e vogliono sentirsi intellettuali e seguire storie femminili e romantiche, "Un amore di gioventù" ("Un amour de jeunesse") della giovane militante del cinema d'autore Mia Hansen-Love, ex-collaboratrice dei Cahiérs, compagna di Olivier Assayas, coccolatissima da festival e critici barbuti, può salvare più di qualche matrimonio in crisi.
Costruito su dotte citazioni di Proust ("Là dove la vita alza un muro, l'intelligenza apre una breccia", roba che nemmeno Lucio Presta e Roberto Cotroneo sparerebbero sui loro tweets mattutini) e Kirkegaard ("La vita non può essere compresa che tornando indietro, ma deve essere vissuta andando avanti"), che mandano in delirio il medio critico italiano, è in fondo una storiellina d'amore giovanile che mette a fuoco l'idea femminile dell'amore e della passione.
Siamo a Marsiglia. Lei, la quindicenne Camille, interpretata dall'emergente Lola Créton, figlia di una coppia borghese e comprensiva che vive in campagna, è la fidanzata appiccicosa di Sullivan, tal Sebastian Urzendowsky, che finge di studiare nella casa che il padre paga inutilmente, ma, oltre a scopare tutto il giorno con la ragazza, progetta un lungo viaggio in Sudamerica con solo amici maschi che gli aprirà gli occhi sul mondo. Camille questo non lo sopporta. Lo vuole tutto per sé. Vede l'amore come una passione totale.
Ovvio che Sullivan, dopo una vacanza romantica con Camille, scappi il più lontano possibile dalla fidanzatina che è nei fatti di un accollo totale. Segue un'immaginabile lunga crisi della ragazza, che dimostra quanto abbia fatto bene Sullivan a mollarla, tutta vissuta all'interno della famiglia. Prendendo magari spunto dalla scelta del ragazzo, è uno dei lati più divertenti del film, anche il comprensivo padre di Camille molla la moglie insopportabile e si mette con un'altra. E' la vita. Qualche anno dopo a Camille sembra quasi passata.
Si è fatta furba e si è messa col suo professore di architettura, Magne Harvard Brekke, piacione insopportabile da film francese impegnato, molto più vecchio, ma ricco e potente. Come Sullivan a sorpresa ritorna, con la sua aria da ragazzino pronto a riprendere a scopare come se nulla fosse accaduto (più che stronzo, la fa un po' troppo facile...), Camille se lo ripiglia in un rapporto a tre, anche se in realtà l'architetto è cornuto e non si accorge di niente. Lei è diventata più matura e consapevole della caducità della passione, ha capito che la passione si vive in maniera solitaria e individuale. Ma non mollerà certo l'architetto. Non è il massimo della simpatia.
Se non vi siete addormentati in sala, va riconosciuto che il film, definito dai più truffaultiano, è piuttosto buono, diciamo anni luce dal film medio italiano, anche se di rara antipatia e prosopopea autoriale. Mia Hansen-Love, al suo terzo film, e soprattutto dopo "Il padre dei miei figli", che metteva in scena la vita disastrata di un produttore coraggioso, Hubert Balsan, risulta una delle registe di punta e più sostenute del cinema francese. La giovane Lola Créton, sulla quale poggia l'intero film e che è molto coinvolgente nelle scene di sesso (allo spettatore maschio qualcosa va dato...), è già una stellina e la vedremo protagonista del nuovo film di Olivier Assayas (probabilmente a Venezia).
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