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Marco Giusti per Dagospia
Visages, Villages di Agnes Varda e JR
Lui è un giovane artista di street art, fotografo e videomaker molto alla moda, soprattutto in America. Lei è una anziana signora che ha da poco vinto l’Oscar alla carriera che può vantarsi di essere stata l’unica donna della Nouvelle Vague, e anzi di averne fatto parte ancor prima che nascesse. Ecco. Visages, Villages, sorta di diario filmato a quattro mani da JR e da Agnes Varda, salutato a Cannes come un capolavoro, nominato come miglior documentario agli Oscar, presentato in questi giorni a Milano alla Fondazione Prada e al Nuovo Sacher di Nanni Moretti, ci mostra il rapporto fra due persone di generazioni e di interessi del tutto diversi, ma uniti nella ricerca della realtà che i volti e i luoghi dove vivono certe persone descrivono e ci possono trasmettere.
Il film, che mentre si sviluppa ci mostra anche molto dei suoi autori, è una sorta di viaggio, condotto proprio sul camioncino-laboratorio di JR, alla ricerca di una umanità e di una verità che ancora esiste nel cuore della Francia e dell’Europa. Raccontata appunto dai volti e dalle storie di minatori, operai, mogli di operai, ma anche scrittori, artisti. E non ci si può non commuovere quando Agnes Varda porterà JR coi suoi occhiali neri sulla tomba di Cartier-Bresson, o davanti alla casa di Jean-Luc Godard, che non si farà trovare, ma le lascerà un criptico messaggio su Jacques Demy, marito scomparso della Varda, che la farà piangere di fronte alla macchina da presa.
Perché, alla fine, ogni volto, ogni luogo, ci riporta a una storia, a una memoria, privata o collettiva, che ci fa emozionare e rimette in moto la storia di una cultura, di un paese. In un periodo così apparentemente buio per la cultura europea, Visages, Villages non si limita a tornare indietro nel viaggio nella memoria del ’900, ma ci mostra come la memoria e la sua messa in scena possano svilupparsi in racconto, in immagine, in cinema.
Al punto di farci partecipare emotivamente, noi spettatori, come se fossimo non fuori dall’inquadratura, ma parte dell’immagine ripresa. Coi suoi novant’anni, più o meno, col suo buffo caschetto bicolore, con la sua grazia, Agnes Varda ci dimostra che la Nouvelle Vague non solo non è finita, ma che è ancora con noi. Anche se Jean-Luc Godard non le ha aperto la porta. In sala.
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