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DAGOSPIA COMPIE 18 ANNI! ECCO COME E’ INIZIATA L’AVVENTURA DI QUESTO DISGRAZIATO SITO CHE “POLITICO.EU” DEFINISCE “IL GIORNALE WEB PIÙ ACCATTIVANTE E CONTROVERSO D’ITALIA” - LE ORIGINI, I PRIMI SCOOP, LE CONGRATULAZIONI DI MUGHINI, I NOMIGNOLI E GLI INSULTI - “VANITY FAIR”: “E’ UN SITO CHE NON SI PROPONE DI RIPROPORRE STANCAMENTE FRAMMENTI DI REALTÀ, MA DI INTERPRETARLA, DI SCUOTERLA, DI PROVOCARLA FINO A..."

Malcom Pagani per www.vanityfair.it

 

FIORELLO DAGO DAGOSPIA ROBERTO D AGOSTINO

La telefonata di Alain Elkann al suocero Gianni Agnelli: «Ma hai visto cos’ha scritto L’Espresso? Sostiene addirittura che porti sfiga». L’Avvocato che s’incazza con il cognato Carlo Caracciolo, editore del settimanale di via Po. Lo shampoo del Principe al direttore Giulio Anselmi: «Deve prendere provvedimenti, questa volta siamo andati molto oltre».

 

La comunicazione laconica di Anselmi al suo collaboratore: «Stringo lo spazio della rubrica passando da cinque pagine a una». La catena di Sant’Antonio, figlia di una battuta di troppo su Gianni Agnelli, lasciò sul terreno un ridimensionamento e Roberto D’Agostino, assecondando l’amato Milan Kundera: «Ciò che avviene per necessità, ciò che è atteso, che si ripete ogni giorno è muto.

 

DAGOSPIA E POLITICO - DA IL MESSAGGERO

Soltanto il caso può apparirci come un messaggio, solo il caso ci parla», lo trasformò in opportunità. Quando nel 1999 l’Espresso lo ridimensionò limitando lo spazio di una fortunata rubrica di costume, «Spia» a una cella senza vista, Roberto D’Agostino limò le sbarre e andò in cerca della propria libertà. «Rifiutai la proposta di Anselmi perché sono da sempre convinto che quando si chiude una porta, si apra un portone».

 

Aveva 51 anni, qualche capello in più e d’un tratto, come in quel vecchio spot, si mise in testa un’idea meravigliosa. Fondare un sito tutto suo, Dagospia, sintesi, fin dal nome, di una felice, risolta convivenza con l’ego e di un’attitudine contraddittoria, rapace e generosa, verso ciò di cui si intuiscono solo i contorni e che si può quindi, anzi si deve, indagare, osservare e spiare.

DAGOSPIA LETTURA OBBLIGATA - DA IL GIORNALE

 

In diciott’anni (Dagospia nacque nell’ultima settimana di maggio del 2000, il giorno 23) quello che con un certo compiacimento per la sottovalutazione iniziale D’Agostino Roberto chiama ancora «disgraziatissimo sito» è diventato, a detta di Politico.eu, un altro portale con una certa informata influenza sugli affari della Bce e della Casa Bianca: «Il giornale web più accattivante e controverso d’Italia».

 

1 roberto dagostino

Partì tra i lazzi e gli scherni di chi non vedeva nel web altro che una meteora («È come il borsello, una moda stagionale», Paolo Mieli dixit) in cui era impensabile pensare pescare un pezzo di futuro ed è giunto fino a noi attraversando due decenni di storia sfacciata e avventurosa, a immagine e somiglianza del suo inventore. In principio, incontro a Dago vennero gli amici.

 

Un microcosmo figlio degli anni in cui D’Agostino scriveva di musica, e dopo aver animato Bandiera Gialla sotto lo sguardo da allora benevolo del duo Arbore&Boncompagni, dava il ritmo a una Roma d’avanguardia cambiando dischi al Titan. Faceva spesso notte con Renato Zero e all’alba, per campare, si travestiva da impiegato lavorando in banca: «Un colpo di culo, l’assunzione, che festeggiai comprando una 500 perché quando non hai una lira non ti metti a fare l’intellettualino con la puzza sotto il naso».

 

DAGOSPIA GURU DELL ELITE ITALIANA - DA IL FATTO

La prima sorella acquisita a manifestarsi, all’ombra del Rione Parione, in Piazza del Fico, fu Barbara Palombelli. Davanti a una Margherita gli suggerì: «Perché non apri un blog, come ho fatto io? Almeno fai una cosa tutta tua e scrivi quello che ti pare». Per la start-up serviva denaro. D’Agostino andò a bussare quasi ovunque ricevendo rifiuti: «Non ci credette nessuno». Dopo qualche mese partì da solo. «Ero un giornalista di costume, non di politica. Ma da Proust a Tom Wolfe, dal D’Annunzio di Cronache romane all’Arbasino di Fratelli d’Italia, non mi sfuggiva come la vera politica, quella realmente in grado di raccontare un paese, fosse quella culturale.

ARRIVABENE E DAGOSPIA

 

Lo chiamano gossip, ma d’altra parte anche Tacito era considerato un pettegolo e per me che non ho mai avuto il complesso di dover compiacere nessun gotha, il gossip significava notizia». Dagospia, ideato all’origine come un qualsiasi blog di vita sociale, cambiò pelle e natura in poco più di una settimana. Il telefono di D’Agostino cominciò a squillare e dall’altra parte del filo «con mia grande sorpresa» si creò una fila di persone che all’improvviso sentirono il bisogno «di raccontarmi fatti e fattacci dell’economia e della finanza».

 

DAGOSPIA BLOCCATO IN AEROPORTO PER NUDITA

Il primo scoop riguardò le brame di Franco Tatò, allora amministratore delegato dell’Enel, interessato non solo all’acquisto dell’allora TeleMontecarlo, ma a imporre come direttore della televisione, la compagna. Il titolo di Dagospia: «Sonia Raule: dal materasso alla rete», provocò ilarità, tracciò il solco e diede la stura a decenni di soprannomi (Daniela Santadeché, Berty-nights, Cai-nano, Maria la Sanguinaria, Pierfurby) e titoli irriverenti capaci di riscrivere, come nessun giornale avrebbe potuto osare, la geografia del Palazzo, il profilo suoi occupanti, le sue liturgie con un’irriverenza (ancora il Kundera de L’insostenibile leggerezza dell’essere in soccorso: «Ciò che distingue una persona che ha studiato da un autodidatta non è la quantità di conoscenza, ma il grado di vitalità e di coscienza di sé») che solo un neofita avrebbe avuto l’ardire di cavalcare: «Fino ad allora, per dire, non avevo mai comprato Il Sole 24 ore in vita mia».

ROBERTO DAGOSTINI E BARBARA PALOMBELLI

 

D’Agostino iniziò a leggerlo e a farsi leggere a propria volta. Piovvero gli insulti e le querele: «Pier Luigi Celli, l’ex Dg della Rai, era campione dell’insulto telefonico». Piovvero le celebrazioni. Il libri. La rilettura dell’esistente in una chiave mai vista fino ad allora.

vincino 15 anni dagospia

 

Dago passò dal part-time: «Nei primi tempi, mantenendo ancora alcune collaborazioni e facendo tutto da solo, mi concedevo soltanto tre articoli al giorno» al tempo pieno di oggi, quando alla vigilia dei 70 anni, nonostante una squadra composita e una falange di spioni esterni, lavora al sito dall’alba al tramonto, ferragosto compreso.

 

Passò dall’essere un ciclostile elettronico animato da un gran divertimento all’essere qualcosa di articolato. Senza poter intravedere, tra le decine di notizie pubblicate ogni giorno, una linea retta perché su Internet, tutto vive e muore, cambia quindi, continuamente grazie anche al potere di intervento degli utenti: «Senza mai pensare di poter dare, come facevano i giornaloni, la linea al popolo bue».

 

Dagospia - Considerato pornografia dall'aeroporto di Londra

Se oggi c’è un direttore di Dagospia, dice D’Agostino: «Non è il sottoscritto, ma un algoritmo che in tempo reale mi dice quali sono i piaceri dei naviganti. È un rovesciamento di prospettiva, un passaggio di potere epocale che nelle opinioni degli altri trova il suo terreno d’elezione».

 

È difficile quantificare l’influenza di D’Agostino sull’informazione italiana, almeno quanto è complesso fissare le epoche, le evoluzioni, le simpatie o le antipatie (ci sono e a volte sono evidentissime) di un sito che non si propone di riproporre stancamente frammenti di realtà, ma di interpretarla, di scuoterla, di provocarla fino a renderla spettacolo di se stessa in un gioco di specchi in cui alla fine, nell’eterna gara dell’apparire già tracciata da Oscar Wilde: «Al mondo esiste una sola cosa peggiore dell’essere oggetto di conversazione, ed è il non essere oggetto di conversazione», la gara era ad esserci, a riconoscersi, a far parlare di sé.

Guarda Dagospia

 

Diciott’anni dopo, D’Agostino dice che Dagospia ha messo «la panna sulla mia esistenza». Nel 2000 c’era il gettone telefonico: «Oggi in tasca abbiamo un computer». Sul computer, nelle redazioni, Dagospia: «Una portineria elettronica» secondo il suo fondatore: «Non ha ambizioni eccessive, solo quella di registrare quello che si muove, osservare le torsioni, le gaffe, giocare senza schermi anche nel cambio enorme che è avvenuto nel campo erotico».

 

roberto dagostino

Internet, dice D’Agostino: «È entrato nella vita di tutti non grazie all’informazione, ma a Youporn. Il sesso, in camera da letto, è cambiato grazie ai video, sdoganando quelle che un tempo erano considerate perversioni e che invece sono soltanto fantasie e appendici della fiction che è diventata il motore della nostra esistenza». Diciotto anni fa a congratularsi per l’esperimento di Dagospia, a mezzo epistolare, fu il solo Giampiero Mughini. Lui, pur non disdegnando il web, la letteratura erotica continua a preferirla sulla carta e a scrivere, bene, come nessuno.

 

Interessata a Dagospia

Cosa resta dunque di una nave corsara lanciata in mare aperto quasi venti anni fa? Forse, il tempo divorato e la filosofia di una città, Roma: «In cui ci si sbrana e poi non c’è attrito che non si risolva: tra destra e sinistra preferisce il centrotavola». A D’Agostino, tra un libro, una lectio magistralis e un programma tv (Dago in the Sky, su SkyArte), resta un solo rimpianto. Una sola mancanza: «Il tempo per ascoltare i miei dischi preferiti».

roberto dagostino anna federici ph pizzi mazzarella

 

Sul piatto ha suonato un’altra musica, ma non lo senti sente intonare né requiem, né messe cantate. Personalismi bandìti, nonostante le apparenze: «Ho fatto tante cazzate e ho sbagliato spesso, ma non me la sono mai presa con qualcuno perché avevo un affare personale da risolvere. So devo trovare il coraggio di chiedere scusa so dove bussare. Quando mi dicono: “Ce l’hai con me” mi vien da ridere». Una soluzione creativa. Una filosofia quasi ineluttabile. Tanto il Tevere scorre da duemila anni e continuerà a farlo.

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