“IL LEXOTAN? CE L’HO SEMPRE IN TASCA. È CON GLI ANTIDEPRESSIVI CHE HO SMESSO. MAURIZIO COSTANZO È LA MIA LOURDES” – DARIO VERGASSOLA: “NOI CHE NASCIAMO IN PROVINCIA O IN PERIFERIA, IL DISAGIO, IL NON SENTIRCI ALL'ALTEZZA, CE LO PORTIAMO SEMPRE UN PO' DENTRO, STIAMO A METÀ TRA L'ANSIA E LA DEPRESSIONE. MA È LÌ CHE SI ANNIDA, ANCHE, L'AUTOIRONIA: SE LA SI TROVA E SI USA, CI SI SALVA” – GLI ESORDI, IL FESTIVAL DI “SANSCEMO” E I 30 ANNI DELLE SUE “INTERVISTE IMPOSSIBILI”: “LE PIÙ VECCHIE SONO PIÙ INCISIVE, DICEVO COSE CHE OGGI NON POTREI PIÙ…” - VIDEO

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Estratto dell’articolo di Adriana Marmiroli per “la Stampa”

 

dario vergassola 2

La ricorrenza sarebbe importante: 30 anni di interviste impossibili. Ma da buon ligure mugugnoso e provinciale con sindrome dell'impostore, Dario Vergassola preferisce lasciar correre: profilo basso e pedalare. Che significa: tante serate, spettacoli diversi, ma anche sempre un po' gli stessi che cambiano. Tante frecce all'arco. E su tutte, sempre le famose interviste di cui sopra, in cui si diverte e si è divertito a dissacrare a sorpresa ospiti illustri e togati, nani e ballerine.

 

Sono trent'anni da che ha iniziato le sue interviste «impossibili». Innumerevoli tentativi di imitazione, eppure non stancano mai. ..

[…] «Le più vecchie sono più incisive: prima del politicamente corretto, dicevo cose che oggi non potrei più».

 

[…] Ma Vergassola chi è?

«Uomo da boschi e da riviera. Potrei metterlo sull'insegna di un eventuale stemma araldico. Se lo avessi. Nato e cresciuto a bordo mare (La Spezia), discendo da una famiglia di contadini vista mare: il nonno era di Corniglia e non sapeva nuotare. Siamo portatori di una rudezza che ci arriva dagli antichi liguri che dal mare si aspettavano solo problemi e minacce. Quindi se ne tenevano distanti. "Il mare non è tuo, si muove e non ci puoi piantare niente", diceva il nonno». […]

dario vergassola.

 

Direttore artistico ma anche intrattenitore

«Il mio compito è spesso quello di dialogare con personaggi anche molto seri, scrittori, politici, scienziati, matematici e filosofi: prima l'intervista vera e propria, poi entro io che sugli stessi temi smitizzo e rendo accessibile il fisico quantistico o l'astronomo, che altrimenti potrebbero spaventare e tenere lontana la gente. Io li metto alla portata di tutti. Un giochino pop che piace».

 

dario vergassola

Ma com'è che il quasi contadino Vergassola ha lasciato La Spezia per spingersi a Milano e fare il teatrante?

 «Lavoravo all'Arsenale, che era l'obiettivo lavorativo di tutti a Spezia. Marinaio di coperta. Però suonicchiavo anche la chitarra, De Gregori e cantautori vari. Ho pure provato a scrivere cose mie, ma non funzionava granché. Però mi sentivo animale da bar, così ho cominciato a buttarla sul ridere. Finché un giorno mi sono fatto forza, ho preso 20 gocce di Lexotan e la mia 127 (a lei 10 gocce) e mi sono diretto verso nord.

 

dario vergassola e maurizio costanzo 2

Io che già Sarzana (a neppure 20 chilometri da Spezia, ndr) era un viaggio infinito. Ho affrontato la pioggia, il freddo, e la nebbia e sono approdato allo Zelig che allora era un baretto con biliardo o poco più. Giancarlo Bozzo mi introduce sul palco, recito le mie stupidaggini da disperato di provincia e vengo catapultato al Festival di Sanscemo, che vinco. Parte del premio era andare ospite al Maurizio Costanzo Show. Ed è lì che svolto. Costanzo è la mia Lourdes, quello che Medjugorje è per Paolo Brosio».

 

Continua con il Lexotan?

dario vergassola 1

«L'ho sempre in tasca: solo averlo mi fa star meglio. È con gli antidepressivi che ho smesso. Noi che nasciamo in provincia o in periferia, il disagio, il non sentirci all'altezza, ce lo portiamo sempre un po' dentro, stiamo a metà tra l'ansia e la depressione. Ma è lì che si annida, anche, l'autoironia: se la si trova e si usa, ci si salva. Scherzi a parte, c'è una cosa che vorrei dire seriamente, ed è diretta soprattutto ai più giovani: se vi sentite in questo modo, parlatene, non tenetelo per voi quel malessere. Rivolgetevi subito a qualcuno, genitore medico insegnante. Se lo si tiene dentro, il disagio rischia di diventare cronico e fa danni irreparabili» […]

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